capitolo ventitre

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CAPITOLO VENTITRE

FRANCESCA

Mi svegliai alle tre di notte quando Nicolò iniziò a scalciare più forte che mai, provocandomi dolori forti e per nulla concilianti con il sonno.

Inizia a massaggiarmi la pancia, sperando che si calmasse, ma nulla. Neanche avessi mangiato piccante! (Era già successo, e non era un'occasione che volevo ripetere!)

Sospirai e mi alzai scostando il braccio di Manuel che mi avvolgeva. Era così bello mentre dormiva, che sarei rimasto a fissarlo per ore.

E credo anche che lo feci, accarezzandogli i capelli e pensando a tutto quello che era successo da oggi a... sette mesi, otto, fa.

Alla fine mi alzai e presi il libro di storia, per ripassare. Sapevo che era meglio se tornavo a dormire, ma ogni volta che ci provavo Nicolò iniziava a colpire nemmeno fossi un sacco da box!

Cosa che mi sentivo. Un enorme ambulante sacco da box, grasso, tondo e imbranato.

Erano le sei e dieci quando una fitta più forte delle altre mi costrinse a piegarmi in due, stringendo le coperte.

Cosa diavolo era stato?

Mi toccai la pancia, constatando che era leggermente dura, e mi allarmai. Mamma mi aveva spiegato, com'erano le contrazioni.

Ma io non potevo averle, non ero nemmeno all'ottavo mese! Era troppo presto!

Feci dei lunghi respiri e mi provai a rilassare, ma nemmeno venti minuti dopo un'altra fitta mi fece piegare in due, e questa volta anche gemere.

Manuel si girò nel letto, ma continuò a dormire.

Merda. Non potevo avere le contrazioni! Era troppo presto!

Probabilmente era solo Nicolò che calciava più forte del solito. O che tirava testate.

Per fortuna la mia teoria era esatta, visto che quelle due furono le uniche che sentii per tutta la giornata, e i giorni seguenti.

Lo dissi solo a mia madre, Manuel si sarebbe preoccupato troppo.

Era così dolce ultimamente che Noemi aveva pensato che sotto ci fosse qualcosa, ma non volevo essere negativa.

*

"Amore, cosa verresti per il tuo diciottesimo compleanno?" mi chiese mia madre quando il primo maggio scesi in cucina.

Il mio compleanno sarebbe stato fra pochi giorni, e non vedevo l'ora. Seri diventata maggiorenne, avrei potuto sposare Manuel senza problematiche e avrei potuto prendere la patente. Il sedici maggio.

Scrollai le spalle. Tutto quello che volevo un tempo ora mi sembrava superficiale. Volevo solo una casa tutta mia, vedere mio figlio e sapere che stava bene. Magari laurearmi in architettura e intraprendere una carriera. Ma tutto quello che volevo dipendeva solo da me, e da nessun altro.

"Non lo so. Qualcosa per Nicolò va più che bene" commentai, mangiando una fetta della torta deliziosa che aveva portato Vanessa la sera prima, quando l'avevamo invitata a cena.

"Va bene. Sicura di non volere un nuovo cellulare, dei libri o qualcosa per te?"

Sospirai, il cellulare che avevo andava più che bene, e libri ne avevo talmente tanti che non ero ancora riuscita a leggerli tutti.

"Sicura. Se proprio devi, soldi. Quelli vanno sempre bene!"

Mamma sorrise e mi diede un bacio sulla guancia. "Vado al lavoro"

Purtroppo mamma lavorava anche di Domenica, alterne, ma essendo che lavora in ospedale, le tocca.

*

Sono a casa di Manuel quando il suo cellulare squilla, e lui fa una faccia schifata.

"Cosa succede?" chiesi, cercando di avvicinarmi al letto, ma muovermi è diventato parecchio difficile.

" è Viola. Chiede se possiamo vederci fra qualche ora"

"Dove?" mi sta simpatica Viola, ed è sempre la matrigna di Manuel. Non credo che lui la odi veramente, infondo è suo padre quello che odia.

"Al bar vicino a casa loro. Non c'è mio padre"

" Allora andiamo!"

Annuisce, ma capisco che non gli va esattamente a genio.

Però sono curiosa, chissà cosa ci vorrà dire Viola!

Quando arrivammo al bar ordinai subito un cappuccino e due brioche (avevo fame!)

Viola è seduta su uno dei tanti tavolini e sta sfogliando una rivista per articoli di neonati.

"Ciao" salutai, avvicinandomi, e lei si alzò per abbracciarmi. Fu molto divertente, contando che all'inizio le uniche cose che si scontarono furono le nostre pance. Dopo una risata, alla fine ci mettemmo si lato e riuscimmo a salutarci.

"Ciao Viola. Mio padre?"

" Aveva da fare. Comunque, sono qui perché volevo farvi vedere... be', volevo farti vedere tuo fratello" disse, rivolta a Manuel.

Prese una busta dalla borsetta e ce la passò.

Manuel la aprì ed estrasse un'ecografia. " è un maschio, e lo chiameremo Davide. Spero che un giorno potremmo portare Davide e Nicolò al parco insieme"

Manuel era ancora intento a fissare l'ecografia, eppure riuscì a dire: "Se non c'è mio padre, va bene"

Viola sospirò, ma non replicò. " Lui non voleva che venissi. Ma lui è tuo fratello e mi sembrava giusto. Non gli è ancora andata giù la divisione dell'eredità" spiegò, accarezzandosi la pancia.

Manuel sbuffò e poi tirò fuori il cellulare, mentre io e Viola parlavamo della gravidanza.

Mi dispiace per lui, perché si annoiò a morte, ma almeno sapeva che stava per avere un fratello e che lo avrebbero chiamato Davide.

Per fortuna che non lo avevamo scelto noi quel nome! Sarebbe stato imbarazzante!

Per fortuna che non lo avevamo scelto noi quel nome! Sarebbe stato imbarazzante!

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