capitolo tredici

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CAPITOLO TREDICI

FRANCESCA.

Gli presi il volto fra le mani e con delicatezza gli sfiorai il livido.
Manuel sospirò e mi abbracciò, appoggiando la fronte alla mia spalla.
Questa cosa era preoccupante, e non solo perché odorava di fumo con retrogusto di alcool, ma perché non si era mai, e dico mai, comportato in quella maniera davanti a sua madre e a mia madre, le quali stavano salendo in macchina e chiacchierando dandoci le spalle.
"Manuel, cosa succede?"
"Ho telefonato a mio padre" ammise in sussurro. Gli accarezzai i capelli, scompigliandoli per dargli quell'aria da ribelle che mi piaceva tanto di lui.
" E?"
Si allontanò da me per prendermi le mani, gli occhi fissi nei miei. "Voglio veramente provare a costruirmi una famiglia con te. Ma ci servono soldi e mio padre è direttore di un'agenzia immobiliare, che fa anche viaggi. Ho provato a cercare lavoro da lui"
" E?" continuai a spronarlo. E poi dicevano a noi ragazze che non arrivavamo mai al punto!
" E ha detto che se voglio posso gestire le contabilità, infondo è questo che la scuola mi sta preparando"
"Mi pare fantastico" esclamai, ma senza troppo entusiasmo. Non ero mai entusiasta quando parlavamo di Riccardo, suo padre.
" Si, il lavoro è mio una volta che mi sono diplomato, per il momento farò solo prova e mi pagherà di tasca sua. E la seconda condizione e che lo incontri. Vuole conoscerti"
" Va bene" accettai. Così avrei potuto giudicare da me se era veramente uno stronzo come lo descriveva Manuel.
"Sei sicura? Mio padre non fa mai nulla del genere per gentilezza. Vorrà sicuramente qualcosa in cambio!"
" Io sono sicura, ma ancora non mi hai spiegato perché hai un pugno nero e puzzi di alcool" replicai cercando di non farmi governare dalla quantità spropositata di ormoni che giravano nel mio corpo.
" Mio padre"
" Ti ha picchiato?" prima che potessi preoccuparmi scosse la testa.
"No. Ma sono andato in un bar dopo aver parlato con lui, avevo bisogno di bere. Lì ho risposto a uno che aveva bevuto parecchio più di me e..." si indicò l'occhio nero.
" Andiamo a casa a metterci sopra i piselli surgelati" replicai. " Quanto sei ubriaco?"
" Zero" ammise sicuro, e dopo avergli fatto contare alla rovescia da cinquanta tornammo dalle altre e salutai Vanessa prima di avvisare mia madre e Noemi che sarei andata con Manuel e che ci saremmo viste a casa.
Dopo pochi minuti di macchina si girò verso di me, ad un semaforo. " Mi dispiace essermi perso l'ecografia"
" Ho le foto e il cd" replicai, dando un colpo di tosse, visto che la voce si era bloccata in gola.
Portò una mano sul mio ventre e la lasciò lì, stringendola con la mia già posata.
" Da quando sei così dolce?"
" Io sono sempre stato dolce" replicò lui " Solo che preferisco mostrarmi in un'altra maniera"
" Ho notato. Mi piace questo lato di te" ammisi alzandogli la mano fino alle labbra, in modo da poterla baciare.
Solo che sentii un vuoto al ventre e allora la riportai lì, in modo che mi tenesse caldo.
" Non ne abbiamo mai parlato veramente,.... tu preferisci un maschio o una femmina?" esclamai, cogliendolo di sorpresa.
Sembrò pensarci un attimo. " Ho sempre voluto un figlio maschio" ammise, accennando un lieve sorriso "Si, magari più avanti, ma è arrivato prima del previsto"
"Io spero in una femmina. Ma credo sia normale che le madri sperino in una figlia"
" Un maschio come primogenito per me è meglio. Almeno poi potrà proteggere la sorella"
Sorrisi al fatto che aveva già menzionato un possibile secondo figlio, ma non glielo feci notare.
" Come va con Inglese? Sei riuscito a recuperare?"
" Domani ci darà le verifiche. Comunque non ho intenzione di farmi bocciare anche quest'anno"
" Lo so. E ora mettiamo del ghiaccio sull'occhio prima che diventi nero!" replicai quando parcheggiò davanti a casa mia.

*

" Mammaaaa!" urlai dalla camera, fregandomene se qualcuno potesse sentirmi anche dalla strada.
Una settima dopo l'ecografia ero davanti all'armadio a cercare di allacciare il bottone dei jeans.
Mamma entrò in stanza perplessa e sorrise leggermente notando il mio problemino.
Che madre!  Gode dei miei problemi!
" Oggi quando torni da scuola andiamo a comprare qualcosa. Mettiti la tuta"
" Io voglio mettermi i jeans!" replicai. Dovevano entrarmi quei maledetti!
Vidi mia madre sospirare divertita. "Tesoro, devi capire che tra poco poche cose che hai in quel guardaroba ti entreranno. Iniziai a farci l'abitudine!"
Sbuffai e mi sfilai i jeans, per poi lanciarli sul letto arrabbiata. Che due palle.
Tuta e maglietta, una volta di mio fratello e ora a lui piccola, scesi al piano di sotto a fare colazione.
" Ciao" salutai, imbronciata.
Carlo sorrise e mi passò la scatola dei biscotti.
Erano migliorate leggermente le cose con lei, erano tornate alla normalità, tranne per il fatto che non rivolgeva parola a Manuel ogni volta che veniva a trovarci.
Per Carlo lui non esisteva e Manuel aveva provato a parlarci ma invano.
" Questa sera non ci sono" ricordai. Manuel mi aveva avvisato due giorni prima che il padre aveva organizzato per questa sera, venerdì.
Speravo solo che non la tirasse per le lunghe, volevo andare a letto presto, ero già stanza appena alzata, figuriamoci alle dieci e mezzo di sera!
" Ti dobbiamo venire a prendere?"
" No, mi riaccompagna Manuel"
Carlo fece un verso strano e finì in silenzio la colazione.

L'errore Più Bello Della Mia VitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora