Esco dalla camera di Will, mi vesto ed esco di casa senza avvisarlo, ho paura di svegliarlo, dorme come un angioletto...
É Sabato mattina e per le strade di New York, stranamente, non c'é anima viva, forse é ancora troppo presto... guardo il polso e stranamente ho l'orologio.
Sono le 6:00 di mattina, non mi sono mai svegliata così presto in vita mia...
Non so dove sto andando precisamente, so solo che ho bisogno di prendere una boccata d'aria e di farmi una passeggiata.
Ieri é stata una giornata abbastanza impegnativa... dovrei dormire profondamente a quest'ora, ma non ho sonno.
Mi guardo intorno, non ricordo più il motivo per cui me ne volevo andare da New York... insomma, non é poi così male, forse ho troppi ricordi, ma devo ammettere che non mi dispiace più vivere qui, soprattutto dopo la sventura di ieri...
Ho cambiato idea troppo in fretta, ne sono consapevole, ma dopo ieri penso che non me ne andró mai più a zonzo da sola.
Fortunatamente ho imparato il numero di Will a memoria all'età di 11 anni, quando non sapevo che fare e mi annoiavo, chiamavo sempre lui.
Sono molto contenta di aver fatto pace una volta per tutte con Will, io e lui siamo stati sempre molto legati e mi dispiaceva molto il fatto che ci eravamo divisi in questo modo, per una cazzata.
Svolto l'angolo e mi ritrovo in un vicolo cieco, fantastico!
Faccio dietrofront quando vedo due ombre incamminarsi verso di me, mi bloccano il passaggio.
Uff... quanto mi manca la mia padella, a quest'ora li avrei già colpiti in testa...
"Abby Greed?" Chiede una voce roca, il mio nome proviene dalle labbra di un uomo alto, con il pizzetto e gli occhi verdi, ha il volto giovanile.
É vestito in modo elegante e porta con se una valigetta, sembra che é pronto per andare a lavorare, ma non capisco che cosa ci faccia da queste parti e come sappia il mio nome.
"Sì... sono io. Come fa a conoscermi?" Domando confusa.
"Sono il tuo vero padre" annuncia.
Si avvicina a me piano piano, con passi lenti e cauti.
Sgrano gli occhi, non é possibile, non ci credo.
Indietreggio scuotendo la testa da destra verso sinistra, ripetutamente.
"Non puó essere" Indietreggio sempre di più, fino a quando vado a sbattere contro il muro del viale.
Sono in trappola.
Prima ero tanto impaziente di ritrovare i miei veri genitori, ma ora come ora, penso che non sarebbe stata una cattiva idea restare a letto a dormire anziché andarmene in giro da sola, di nuovo.
"Invece si" dice una donna, si mette di fianco a quello che dice di essere il mio vero padre.
É alta poco più di me, ha i capelli biondi come i miei, anche gli occhi e alcuni lineamenti del mio viso.
"Sei nata il 15 Maggio del 1998, eri nella culla numero 8 all'ospedale..." era intenzionata ad andare avanti, ma io la blocco:"Basta!! Non voglio sapere niente!! Mi avete tradita! Mi avete abbandonata!!" Sbotto.
Continuano ad avvicinarsi a me, i loro volti rimangono calmi e rilassati.
Cerco di trattenere le lacrime che minacciano di uscire, di solito riesco a controllarmi, ma oggi proprio non ci riesco.
"Tesoro... non piangere... non volevamo abbandonarti..." dice gentilmente la mia vera madre.
La guardo male, odio essere compatita.
"Devi imparare che la vita non é sempre rose e fiori, ci sono alti e bassi e devi imparare ad accettare ció che ti dona la vita" mi avverte lui.
"Voglio solo capire perché mi avete lasciata in un orfanotrofio..." abbasso il tono di voce, capisco che non é colpa loro, spero solo che l'abbiano fatto per una buona causa.
I due non rispondono, se ne stanno lì immobili a fissarmi.
"Rispondetemi" ordino, adesso inizio ad alterarmi.
"Ti abbiamo abbandonata perché... insomma, chi vorrebbe una figlia brutta, sgarbata e antipatica come te?!" Il volto di lui si fa serio, questa frase mi fa male... so che ha ragione...
"Non ha senso la tua risposta. Quando ero piccola non potevate sapere se ero bella, antipatica o sgarbata!!" Trovo la forza di obiettare.
"Furba la ragazza" abozza un sorriso maligno.
"Beh, in ogni caso non volevamo una figlia in mezzo ai piedi" fortunatamente lei é sincera...
"Allora perché mi avete messa al mondo?! Prima di scopare... abbiate la coerenza di rifletterci su...abbiate anche la decenza di mettere le precauzioni..."
"Ci stai facendo lezioni di sopravvivenza?" Domanda lei.
"Si, non é colpa mia se siete degli incapaci" mi sono stancata di parlare con loro, voglio tornare da Will, ma quei due sono ancora davanti alla via di fuga...
"Okay basta, mi sono stancato di fare il genitore buono!!" Sbraita lui.
"Ma non ti senti?! Sei una ragazza da quattro soldi, sei viziata, maleducata e sgarbata. Nessuno ti vuole veramente, tutti ti sfruttano per il gusto di trattarti come una salvietta usa e getta. Tu non sei nessuno. Hai capito ragazzina?" La voce di lui continua a rimbombarmi nella mente come se ci fosse l'eco, queste parole sono più forti del dovuto, mi hanno colpita nel profondo. Forse ha ragione.
"Oh povera Abby... ti senti sola e vulnerabile..." mi istiga lei, non le rispondo, sono troppo scossa.
"Ma guarda come sei diventata... piena di tatuaggi, scommetto che ce li hai anche sulle tette. Guarda come ti vesti... sei una troia?" Domanda lui avvicinandosi a me, prendendo il mio mento tra le sue dita per guardarmi meglio negli occhi.
"Tu non sai niente di me!! Lasciami!!" Urlo, mi divincolo dalla sua presa che inizia a farsi sempre più ferrea e meno delicata.
"Ahaha!! Abbiamo fatto proprio bene ad abbandonarti!" Annuncia divertito.
Gli tiro un ceffone in faccia, poi sarei io quella sgarbata, guarda con chi ho a che fare.
"Ti diverti a fare la dura eh?!" Mi accusa lui, alla fine della frase mi tira un calcio violento agli stinchi, ora capisco perché i calciatori portano i parastinchi...
Mi accascio a terra dal dolore.
Mi tira un altro calcio allo stomaco, sento una fitta di dolore che mi pervade tutto il corpo.
"Siete dei mostri!!" Dico disperata, ho le lacrime che mi rigano il volto.
Decido che devo reagire.
Mi alzo, mettendo in gioco tutte le forze che mi rimangono.
Inizio a correre verso l'uscita, cerco di schivare lei che mi si fionda addosso, mi intralcia la strada.
Lui coglie questa occasione prendendomi per i capelli e tirando con violenza verso di lui, cado con il culo per terra.
"Qualcuno ti dovrà pur insegnare l'educazione" questa volta é lei a parlare, mi tira un forte pizzicotto sul braccio.
Appena il suo braccio é abbastanza vicino alla mia bocca, le tiro un morso, lei fa una smorfia di dolore portandosi la mano dolorante al petto.
"Te le cerchi" mi avvisa mia madre.
Mi tira un pugno sulla mascella, sento uno strano rumore e un dolore acuto, anni ed anni di apparecchi per i denti, buttati nel cesso...
"Perché mi cercavate?" Domando finalmente, é dall'inizio della nostra conversazione che ho una forte curiosità che mi pervade.
"Per questo" dice lui prendendo la pistola dalla sua valigetta.
Mi porta l'arma alla nuca, l'indice é posizionato sul grilletto.
Sta per sparare, quando mi sveglio affannata.
Era solo un incubo.*spazio autrici*
Heyy!!
Eccoci qui con un nuovo capitolo! Scusateci di avervi fatto prendere uno spavento ahahah.
Cosa ne pensate? Continuate a farci sapere cosa ne pensate con un commento e un voto.
Al prossimo capitolo!!

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My Best Mistake
Teen FictionLei: Abby Greed. É una ragazza stronza, senza peli sulla lingua, la tipica ragazza menefreghista che si ubriaca nei locali notturni di New York. Non c'é una spiegazione logica per il suo comportamento, odia semplicemente il fatto di essere consider...