Forty-Three

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"Jeff!" chiamò a gran voce Harry, entrando nel reparto in cui Louis alloggiava momentaneamente.

Dopo aver appreso la notizia, la sera precedente, si era premurato di prenotare un volo last minute per Los Angeles: voleva vedere immediatamente il suo Louis. I bambini avevano insistito per andare con lui, ma Harry non glielo aveva permesso, chiedendo quindi a Niall se potesse badare loro per almeno un paio di giorni, il tempo di capire come sistemare la situazione con Louis. Perciò aveva messo alcuni maglioni, jeans, stivaletti e intimo in un borsone, aveva preso il portafogli e gli occhiali da sole e si era fatto accompagnare a Heathrow da Liam. Aveva quindi, poi, preso l'aereo e fatto circa undici ore di volo solo per assicurarsi che suo marito stesse bene. Ma in cuor suo sapeva che Louis non stesse affatto bene: Harry non se ne intendeva di fratture e cose simili, ma già solo la frase "frattura scomposta della tibia" metteva i brividi.
Quando era arrivato in ospedale, quella mattina, aveva dovuto superare la calca di paparazzi che stava di fronte l'entrata principale per poter sapere in esclusiva qualsiasi tipo di notizia per riempire i loro stupidi giornali e siti di gossip. Tutti gli avevano chiesto come stesse Louis, ma Harry con la gentilezza che lo caratterizza ha detto loro di andare via e di lasciarli in pace.

"Harry!" l'uomo si alzò dalla sedia grigia su cui stava seduto fino a cinque secondi prima e andò ad abbracciare Harry. "Sei arrivato presto!"

Lui annuì "Come sta? Com'è andata l'operazione?" indicò la porta chiusa "Posso entrare?"

"Sì, puoi entrare. Tra un po' passerà il dottore..." lo informò ed Harry annuì, incamminandosi verso la stanza. Aprì la porta e venne investito immediatamente dal forte e fastidioso odore di disinfettante che lo fece subito sentire debole. Stupidi ospedali! Aveva sempre odiato quei luoghi.

Le pareti della stanza erano per metà azzurre e per metà bianche. C'erano due poltrone, due comodini e due letti, uno dei quali era occupato da Louis. Il ragazzo aveva le mani congiunte sul grembo e il viso rivolto verso la finestra, con lo sguardo perso chissà dove.

Harry tossicchiò per avvertire Louis della sua presenza, ma non bastò. Così si avvicinò al letto e poggiò una mano sulla spalla di Louis per riscuoterlo dai pensieri e quest'ultimo si voltò di scatto come spaventato. "Hey, sono io" sorrise rassicurante Harry.

Louis sembrò rilassarsi, ritrovando quel senso di familiarità dopo settimane, ma non sorrise "Haz..." aveva un broncio da far invidia a Matt quando gli veniva vietato di giocare alla playstation o di mangiare tante merendine. Aveva gli occhi lucidi ed Harry percepì la tristezza e la preoccupazione attraverso quelli. Il riccio gli prese la mano e intrecciò le loro dita in modo da far capire a Louis che lui ci sarebbe sempre stato, sarebbe stato al suo fianco anche in quella situazione e che l'avrebbero superata insieme. Guardò verso i piedi del letto e si accorse che la gamba destra di Louis fosse quasi interamente ricoperta dal gesso e tenuta appena in alto da un cuscino.  

Gli accarezzò i capelli e asciugò la piccola lacrima che aveva deciso di cadere giù dagli occhi di Louis. Harry non sopportava proprio vedere il suo uomo in quel modo, così si accovacciò per lasciargli infiniti baci sulla guancia per tranquillizzarlo: in quel momento non servivano affatto le parole, loro due parlavano con i gesti.

Il dottore però interruppe la loro intimità irrompendo nella stanza, tenendo in mano una cartellina blu, piena di fogli. "Salve," disse avvicinandosi e sistemando i suoi occhiali dalla scura montatura con un dito "io sono il dottor Morrison" strinse la mano ad Harry. "Lei è il compagno del signor Tomlinson?"

"Sì, sono suo marito" rispose serio. 

Il dottore annuì e "Potrei parlare con lei, da soli?" chiese, indicando il corridoio. Così Harry lo seguì, non prima di aver regalato un sorriso incoraggiante a Louis.

You're never • Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora