Josh Cooper
Fisso il soffitto della mia stanza, lo sguardo perso in quel bianco freddo e impassibile che sembra distogliere lo sguardo dai miei pensieri più bui. Un groviglio di emozioni ha invaso ogni fibra del mio corpo, rendendomi inquieto e incapace di stare fermo, eppure senza la minima voglia di uscire da questa stanza. Ho paura. Paura di uscire e realizzare che l'ultimo ricordo con lei sarà quel semplice gioco di colori, una cosa banale che per me è diventata preziosa. Mi fa paura l'idea di aver perso per sempre quel legame, che lei abbia chiuso ogni porta tra noi.
Vorrei poter parlare con Allyson, sentire ancora il suono della sua voce, quella risata che sapeva dissolvere ogni ombra dentro di me. Vorrei sentire le sue mani sul mio viso, le sue dita che, senza saperlo, mi davano una sicurezza che raramente sento. E invece eccomi qui, con questo peso opprimente nel petto e il cervello che mi ripete una sola parola: idiota.
Se solo esistesse una macchina del tempo. Se potessi tornare indietro e non commettere quei maledetti errori. Non avrei mai dovuto aprire quel cofanetto, curiosare nei suoi segreti, invadere il suo spazio così intimo. Non avrei dovuto cedere alla debolezza e finire tra le braccia della mia ex, perdere la testa e farmi trascinare in qualcosa di insensato. Eppure, l'ho fatto. Sono stato stupido, insensibile, e ora mi ritrovo a lottare con questo rimorso che sembra volermi soffocare.
Ho già mandato una quindicina di messaggi. Tutti senza risposta. Nessun segno di vita. Forse mi ha bloccato, eliminato, archiviato; il suo silenzio è come una condanna. Con un sospiro frustrato, ributto la testa sul cuscino, sentendo il peso della realtà schiacciarmi, mentre aggiorno ossessivamente la nostra chat nella speranza di un miracolo. Poi, il telefono vibra. Mi risollevo di scatto, il cuore che batte in gola, solo per vedere apparire un messaggio. Ma non è suo.
«Che cazzo hai fatto?» è il messaggio di Richard.
Cosa ho fatto, davvero? Mi odio per quello che sono riuscito a distruggere, per aver gettato al vento qualcosa di autentico. Con il cuore pesante, rispondo: «Un gran casino».
Richard non tarda a rispondere. È furioso, e ha tutte le ragioni per esserlo. «La stai distruggendo, cazzo. Ti avevo avvisato, Josh! Avevo messo la mia fiducia in te, pensavo che fossi davvero pronto per lei. Ma hai giocato con i suoi sentimenti. Adesso non la meriti.»
Leggere quelle parole fa più male di quanto avrei creduto. Ricordo ancora il momento in cui ho provato a baciarla, in quella stanza che per me era diventata un rifugio. Volevo avvicinarmi a lei, darle quel senso di protezione e sicurezza che speravo di poterle offrire. Allyson mi ha sempre attratto, non solo fisicamente; c'era qualcosa di più profondo, una connessione che non avevo mai provato prima. E ora, sono stato io stesso a spezzarla. Che idiota.
Vorrei parlarle, ma so che non mi risponderà. «Potresti aiutarmi?» scrivo a Richard, sapendo che le sue possibilità di intercedere per me sono minime.
«Non vuole vederti né sentirti. È a pezzi, Josh. Ti prego, per questa volta lasciala libera. Si merita la pace.»
Getto il telefono in fondo al letto, lo sguardo fisso al soffitto, senza sapere cosa fare. Tutto mi sembra inutile, persino alzarmi. Sento il cuore oppresso, la mente colma di un'angoscia che vorrei disperdere. Senza pensare, mi alzo e vado verso il bagno. L'acqua della doccia scorre calda, ma non riesce a lavare via il senso di colpa che mi invade. Sento i miei occhi pizzicare e lascio che qualche lacrima scenda, mescolandosi all'acqua. Dopo essermi asciugato, mi vesto e decido di andare a correre. Ho bisogno di sfogarmi, di liberare il cervello da questo peso. Provo a concentrarmi sul suono dei miei passi, sui colori del paesaggio autunnale. Ogni foglia che cade mi sembra un pezzo di me stesso che si sgretola, svanendo nel vento. I Linkin Park nelle cuffie mi accompagnano, la loro musica dura e intensa mi fa sentire meno solo nella mia rabbia. Mentre sto tornando, il telefono vibra. Un messaggio di Richard: «Siamo al bar. Magari passa, ma non ti prometto nulla». Il cuore mi batte più forte. È una possibilità, anche se flebile, di vederla, magari parlarle. Senza pensarci, accelero il passo verso il locale. Entrando, cerco subito il suo volto. Il bar è insolitamente silenzioso, con solo due tavoli occupati. Richard è al tavolo con gli altri, ma non vedo Allyson. Mi siedo accanto a lui, il cuore ancora in tumulto.
«Hai corso?» mi chiede Richard senza girarsi.
«Dovevo... liberare la mente» rispondo a bassa voce, cercando di evitare lo sguardo di Rose, che mi fissa con disprezzo evidente.
«Hai idea dell'umore di Allyson?» chiede Travis a Rachelle, che si volta verso il bancone. È lì che la vedo. Allyson è appoggiata allo sgabello di legno, un frappè tra le mani, e sta forzando un sorriso verso Jared. Una morsa mi stringe lo stomaco. Mi sembra ancora più bella, vulnerabile e radiosa, come se la sua presenza mi ricordasse tutto quello che ho perso.
Rachelle mi lancia uno sguardo tagliente. «Che diavolo hai combinato, Josh?»
Abbasso lo sguardo. Non ho risposte, solo colpa.
Richard mi sussurra: «Quando ti ho mandato il messaggio, Jared non c'era. Si è avvicinata a lui non appena è arrivato».
Non so che fare, se avvicinarmi o lasciare perdere, ma ho bisogno di vederla, di chiederle scusa. «Dici che mi riparlerà mai?» domando, sperando che lui mi dia anche solo una minima speranza.
«Non lo so, Josh. Lei è delusa. Ha pianto molto, e per fortuna mi ha chiamato, perché... beh, conosci il resto.»
Annuisco, il petto pesante per averla ferita così profondamente. Sono stato io, per primo, a notare quei segni sulle sue braccia, l'ho detto a Richard perché vedevo come evitava di scoprirsi. Sposto lo sguardo verso di lei, e per un attimo incrocio i suoi occhi. Cerco di farle un piccolo sorriso, come un segnale di pace, ma lei distoglie subito lo sguardo, come se non volesse nemmeno vedermi. Mi siedo, lottando con il nervosismo che cresce dentro di me mentre Jared si avvicina al nostro tavolo per prendere le ordinazioni. Allyson lo segue, silenziosa, e si siede accanto a Rose, proprio di fronte a me. Mi sembra di avvertire la sua tensione, il modo in cui tortura le sue mani, stringendole una sull'altra. Anche lei sta lottando con qualcosa, forse con la stessa inquietudine che mi sta consumando.
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IL GIOCO DEI COLORI
Jugendliteratur|In Riscrittura| Vi ricordate l'adolescenza? Quel periodo in cui le emozioni si trasformano in tempeste, i sogni diventano nebbie che avvolgono i pensieri, e gli amori sono come cristalli pronti a frantumarsi al minimo tocco. È un'epoca magica, inte...