Allyson White
«Tutto bene, tesoro?» domanda mia madre con un tono dolce e penetrante, quasi come se volesse scavare nei miei pensieri. Nei suoi occhi, chiari e sinceri, intravedo una scintilla di preoccupazione che cresce man mano che mi osserva. Sento il peso del suo sguardo su di me mentre sale in macchina e chiude la portiera con un movimento troppo rapido, come se volesse lasciare fuori tutto, tutto il resto. Annuisco, forzando un mezzo sorriso, ma evito il suo sguardo. «Sì.» Lo sussurro appena, quasi come un pensiero a voce alta. Mi giro verso il finestrino, cercando di sfuggire alla tenerezza che mia madre sa proiettare anche nei momenti più ordinari. So che può leggere oltre i miei silenzi, può cogliere quello che non dico, e io non sono pronta per parlare.
La macchina si muove silenziosa sulla strada principale, e il mondo esterno scorre accanto a noi. Fuori dal finestrino, una sequenza infinita di alberi si confonde in scie verdi e marroni, una visione sfocata, mentre la mia mente è in tumulto. Ogni metro percorso sembra amplificare il caos dentro di me, mentre l'unica cosa che desidero è che mia madre smetta di fare domande. Solo in questo silenzio posso provare a soffocare le emozioni che si agitano dentro di me, come un mare in tempesta, pronto a travolgermi da un momento all'altro. Una voce interna si fa strada, insinuante. Ti ha fatto male, vero? Lo sai. E la risposta è un sì così doloroso che sembra lacerarmi. È un dolore sordo, come un peso al petto che non vuole andarsene, una ferita aperta che pulsa con violenza. Sento le lacrime bruciare, minacciose, pronte a uscire, ma le costringo a rimanere dove sono.
«Sicura?» insiste mia madre, e la sua voce è carica di una preoccupazione che mi penetra, facendomi rabbrividire. Deglutisco, cercando di mantenere un tono calmo. «Sì.» La parola mi esce come un sospiro, quasi soffocata, ma il mio cuore, dentro, batte più forte, spingendo le emozioni a fior di pelle, pronte a esplodere in ogni momento. Lei si volta per un istante, studiando il mio viso, e poi aggiunge, con quella dolcezza protettiva che sa usare così bene: «Sai che puoi raccontarmi tutto, vero?» Un'altra stretta al cuore. Sospiro, silenziosamente, mordendomi il labbro inferiore per bloccare tutte le parole che vorrebbero sgorgare fuori. Mi giro verso di lei e forzo un sorriso dolce, sperando che questo basti a tranquillizzarla. «Mamma... non ti preoccupare, davvero. Non è successo nulla. Sono solo stanca, è stata una lunga giornata.»
Ma so che non è così. È solo una bugia, una delle tante che ho imparato a dire per evitare domande. Troppe volte ho pronunciato frasi vuote come questa, dicendo che stavo bene, mentre dentro avevo un uragano che mi sferzava con onde di dolore e rabbia. Accendo la radio, lasciando che la musica riempia il silenzio imbarazzante e, spero, fermi le sue domande.
Appena entrata in casa, sento il cuore che martella, tanto da farmi male. Mi rifugio in bagno, chiudendo la porta dietro di me, e mi specchio. Il mio viso, pallido e tirato, è un riflesso della tempesta che mi agita dentro. E subito, senza preavviso, le lacrime cominciano a scendere. Sono calde e brucianti, bagnano il mio viso come una pioggia improvvisa. Non riesco a trattenerle, né a fermarle, e quasi non voglio farlo.
Vorrei spaccare tutto.
Rompere ogni cosa intorno a me, come se distruggere il mondo esterno potesse calmare il caos dentro di me.
In realtà, vorrei solo distruggere me stessa, pur di non sentire più questo dolore che mi divora.
Mi fisso allo specchio, rabbiosa, e sfilo la felpa con mani tremanti. Mi stringo le braccia, scavando le dita e i denti nella pelle, come se il dolore fisico potesse spegnere quello interiore, come se potessi far uscire fuori tutta la sofferenza che ho dentro. Respiro profondamente, e in un momento di lucidità, sbatto le mani sul lavandino con forza, cercando di ritrovare il controllo. Mi asciugo il viso e prendo il telefono, ancora con le mani che tremano.
«Ho bisogno di te, Rich, corri.» La mia voce è soffocata da un groviglio di lacrime e rabbia, ma riesco a mandargli il messaggio vocale.
La sua risposta arriva quasi immediatamente. «Che è successo?»
Chiudo gli occhi, e la sua voce, anche solo da un messaggio, riesce a calmarmi un po'. Rispondo: «Mi ha distrutto, Rich. Ha preso il mio cuore e l'ha strappato in mille pezzi. Sono un'idiota, credevo in lui, credevo in un noi.»
Tampono il viso e lascio la felpa di Josh sul lavandino, come se abbandonarla lì potesse aiutarmi a liberarmi del ricordo di quello che è successo. Metto un cerotto sul braccio, sui segni che mi sono lasciata, e vado in camera, incrociando le gambe sul letto. Le lacrime non smettono di scendere, le mani ancora tremano. Non passa molto tempo prima che Richard entri nella mia stanza. Non dice nulla. Mi osserva per un istante, e poi mi abbraccia senza aggiungere parole. Le sue braccia attorno a me sono l'unico sollievo che riesco a sentire. «Che è successo?» mi sussurra dolcemente all'orecchio, accarezzandomi i capelli con movimenti lenti e rassicuranti.
Richard è uno dei pochi che ha visto il lato più oscuro di me e ha deciso di rimanere. Sa come mi ferisco quando mi sento persa, sa che il mio modo di affrontare il dolore è diverso da quello degli altri. E sa anche come riportarmi alla realtà.
«Sono una stupida, ingenua, idiota.» Singhiozzo contro la sua spalla, cercando rifugio nel suo abbraccio, come se potesse proteggermi da me stessa.
«Ehi, non dire così. Raccontami.» La sua voce è bassa, stabile, come un'ancora a cui aggrapparsi in una tempesta. Abbasso lo sguardo sulle mie mani, vergognandomi dei miei pensieri, di ciò che provo. «Pensavo che Josh mi volesse... pensavo che potevo fidarmi di lui, che potessi essere me stessa. E invece no. Sono stata così sciocca, vero? Credevo in noi, in qualcosa che non esisterà mai.»
Richard mi stringe ancora, asciugandomi le lacrime. «Non dirlo, Ally. Non pensarla così.»
«Ma è la verità.» sussurro, tremando. «Nessuno mi vorrà mai, vero? Nessuno amerà una come me. Sono troppo rotta.»
«Non è così.» risponde Richard, sussurrando, tenendomi stretta. «Che ha fatto quell'idiota?»
«Mi sono fidata...» Le parole mi escono a fatica, come un veleno che mi scava dentro. «Abbiamo parlato, riso, condiviso tutto. Pensavo ci fosse qualcosa tra noi. Mi ha fatto sentire pronta, come se fossi speciale per lui. Ma non era vero. È andato a letto con un'altra ragazza, e per fortuna non l'ho baciato. Per fortuna non l'ho fatto.»
Richard stringe le labbra, e il suo sguardo si fa duro. «Non lo sapevo. Se l'avessi saputo, non ti avrei mai incoraggiata verso di lui.»
Mi abbraccia ancora più forte, e sussulto quando sfiora il mio braccio.
«Mi avevi promesso che avresti smesso.» La sua voce è gentile, ma ferma.
«E mi sono fermata subito... appena ti ho chiamato.» Mormoro con vergogna. «È l'unico modo che mi fa sentire libera.»
Richard mi guarda con una dolcezza intensa, quasi paterna, e nei suoi occhi c'è una determinazione che mi disarma. «Non è l'unico modo, Allyson. Non lo è. Facendoti del male non ti sentirai mai libera. Fidati di me.» Annuisco, senza parole, lasciandomi cullare dalla sicurezza delle sue braccia.
«Ho solo tanta voglia di piangere.»
«Io sono qui, per raccogliere le tue lacrime, piccola Ally.»
Sorrido tristemente, quasi con ironia. «Sei il fratello che ho perso.»
Richard annuisce, accarezzandomi i capelli con infinita delicatezza. «E io sono felice di esserlo, perché tu sei la sorella che ho sempre desiderato.»
«Grazie, Rich.» Sussurro, rimanendo nel suo caldo abbraccio.
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IL GIOCO DEI COLORI
Fiksi Remaja|In Riscrittura| Vi ricordate l'adolescenza? Quel periodo in cui le emozioni si trasformano in tempeste, i sogni diventano nebbie che avvolgono i pensieri, e gli amori sono come cristalli pronti a frantumarsi al minimo tocco. È un'epoca magica, inte...