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something sinful :: hes

Due anni e tre mesi.

Esattamente ottocento venti giorni e notti.
Ottocento venti segni sulla parete accanto il mio letto. Graffi che sono stati segnati ad un solo scopo. 'Immortalare' il tempo, ricordare i giorni passati in quella dannata casa dispersa nel bosco. Dove ogni trave di legno unita ad un'altra non facevano altro che ricordarmi il mio stato di prigionia.

Dopo avermi procurato uno svenimento, quella notte, l'uomo tetro e misterioso, portante il nome di Jason, non mi permise di assicurarmi cosa fosse successo alla mia mamma e mi aveva portata direttamente qui, dove mi trovavo adesso. O almeno io mi ero risvegliata in un letto senza lenzuola, con solo un materasso freddo e niente a coprirmi, in un casa di legno nel bel mezzo di un bosco con numerosi alberi ed una perenne nebbia fitta. Per quanto cercassi invano di convincermi che mia madre non poteva essere morta, io avevo sentito lo sparo. E subito dopo di mia madre non si sentì nemmeno un fiato. Stavo solo cercando di negarlo a me stessa.

Non sapevo se ero ancora a Chicago o se invece ero stata portata dall'altro capo del mondo, non sapevo se mia madre era viva, se alla fin fine era sopravvissuta perché qualcuno aveva sentito lo sparo ed era accorso a vedere cosa stesse accadendo. Ogni mia speranza però andò in fumo quando alla domanda di cosa fosse successo a mia madre lui aveva ribadito esattamente la stessa e identica risposta, facendomi impallidire e gelare il sangue nelle vene.

Non sapevo se qualcuno mi stesse effettivamente cercando e se lo stavano facendo, allora perché non erano ancora riusciti ad arrivare a me? Molto probabilmente quell'uomo era stato più astuto di quanto mi fossi mai realmente aspettata ed io ero stata un'irrimediabile sciocca a sperarci.

Inoltre i giorni non correvano affatto veloci come invece mi ero convinta che sarebbe andata i primi tempi lì dentro. Anzi, ogni singolo minuto mi gravava sulle spalle, più forte del precedente e meno pesante del successivo. Ad ogni schiaffo, ad ogni sgridata, ogni rimprovero o presa in giro crudele, una fievole speranza dimorava in cuor mio.

La mia vita sembrava essersi fermata. E con essa, anch'io. Non mi sentivo più la stessa persona che era stata strappata via dalla sua vita.

Non c'era notte in cui soffocavo migliaia di singhiozzi che sentivano il bisogno di catapultarsi fuori dalle mie labbra, ma per paura di essere sentita ero costretta a reprimerli. Non esisteva secondo in cui non pensassi a mia madre, a quello che le fosse successo o anche a quello che sarebbe successo a me se fossi rimasta.

Ma d'altra parte non avevo alcuna possibilità di scappare e se anche avessi avuto il coraggio di rischiare, non penso avrei sopportato le conseguenze.

Lui usciva di rado e quando lo faceva mi appostava due gorilla davanti la porta della camera. Era un inferno. Mi teneva lì per rassettare la casa da cima a fondo, per lavare i suoi panno sudici che quasi tutte le sere erano intrisi di sangue e puzzavano d'alcol.

Diventava così violento quando era ubriaco.

E quando succedeva io mi ritrovavo con qualche livido violaceo sul corpo ed una forte emicrania. La sua forza era opprimente, la sua autorità su di me mi incuteva terrore e provocava dolore, come se io appartenessi a lui adesso e non avrei potuto far niente contro di lui o altrimenti ne avrei pagate le amare conseguenze. Mi chiedevo semplicemente: perché? Non era uno scopo sessuale, altrimenti sarebbe già successo da tempo. Cos'era? Tortura?

Qual era lo scopo d tenermi lì? Lucidare la baita? Fargli compagnia? Essere maltrattata per il suo semplice svago? Fara pagare ad una persona che ormai aveva ucciso? Qual era il suo dannato motivo?

something sinful •• [interrotta]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora