.17.

170 8 0
                                    

«Non avremmo potuto semplicemente farla portare dal fattorino?» chiesi a Seth fintantoché entrambi attendevamo fuori il locale, il quale avevo piacevolmente scoperto dividersi in due zone completamente attaccate: la zona ristorante e la zona pizzeria.

Nella parte di Chicago in cui vivevo io quella era una cosa più unica che rara e ad ogni informazione del genere rimanevo sorpresa come una bambina. E mi piaceva così tanto andare in giro per New York, anche solo sfrecciare per le strade con la macchina di Seth.

Ero abbastanza stanca e quasi mi venne voglia di non assicurare la mia presenza per la festa, ma poi pensai che forse restare a casa e sotto le coperte, per quanto allettante potesse sembrare, non era la migliore delle idee al momento.

«Le porgo le mie più sincere scuse, principessa. Mi è stato avvertito dai servi reali che il servizio d'asporto non è disponibile al momento.» mostrò un finto dispiacere. «Vuole che le pizze arrivino sane e salve a palazzo in una carrozza trainata da cavalli?» si accinse in una minuscola riverenza ironica ed un sorriso gli rivelò un accenno di fossette che io adoravo tantissimo. Poi tornò nella sua solita posizione: spalle a muro e le braccia incrociate sul petto. Ancora dovevo capire come facesse a stare soltanto con una maglietta a maniche lunghe, ma leggera.

Gli rivolsi un sorriso inacidito e finsi di ridere con l'eleganza di una principessina viziata. «Oh, my lord, lo preferirei.» assecondai la sua stronzaggine ed il sorriso di Seth rimase intatto anche quando cacciò il suo pacchetto di sigarette, mai staccando i suoi occhi dei miei.
Volevo che risultasse spiritoso, ma continuava a guardarmi in quel modo.

«Si mostra sempre così premuroso e disponibile dei miei desideri, ne sono quasi lusingata.» finsi di aver un ventaglio tra le mani, facendomi aria.

Seth aspirò il fumo in un movimento che non pensavo potesse risultare così elegante.
Il mio ventaglio immaginario oscillò per un istante. «Quasi?» si accigliò, fingendosi pressappoco ferito.

«My lord.» finsi un marcato accento inglese e mi riuscì incredibilmente bene. Immaginai di darmi il cinque da sola soltanto per l'interpretazione.
«Ci vuole molto di più per lusingare una principessa, pensavo lo sapeste.»

I suoi occhi luccicarono. «Chiedo umilmente perdono.»
Poi però scoppiò a ridere. «Non si può essere seri con te.»

Era la cosa più carina che mi avesse detto, a parte quando mi chiedeva come stessi.
Arricciai le labbra. «La serietà è sopravvalutata.»

Durante il tragitto in auto avevamo ascoltato la musica successivamente alla pseudo conversazione precedente. Decisi di accantonarla, ma il modo in cui disse che non era il momento per me di sapere mi sprigionò una sensazione di allerta che mi logorava dentro.

Allora ciò che avevo sentito aveva a che fare con me, o altrimenti non mi avrebbe risposto in quel modo. Ma allora cosa avrei dovuto scoprire? E come faceva Seth, secondo sua stessa supposizione, a conoscere molte cose su di me?

Ma che diamine stava succedendo nella mia vita? Prima mia madre veniva uccisa ed io catturata da uno squilibrato mentale, poi mi ritrovavo nella grande mela circondata da persone estremamente premurose con me che però mi nascondevano delle cose riguardanti me stessa, a quanto pareva. E, dulcis in fundo, mio padre resuscitava.

Se solo mi fermavo a pensarci più del dovuto, mi sequestrava un'ansia da cui faticosamente mi sarei potuta svincolare.

«Tu invece non sei un giocherellone.» appurai. Non era affatto un domanda. A volte le sue battute mi facevano davvero voglia di ridere fino al giorno successivo, ma non perché s'impegnasse a fare il giullare.

something sinful •• [interrotta]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora