Capitolo 11

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Quando Jonathan e Madison si staccarono dall'abbraccio, ritornarono alla realtà. Nessuna guardia si era ancora accorta che era uscita dalla sua cella per andare in quella di Jonathan.

-Come hai fatto ad avere le chiavi?- le chiese lui guardandola curioso.

-Quando ti hanno riportato in cella, un poliziotto è passato di fianco alle mie sbarre e così, senza farmi vedere, gli ho sfilato le chiavi dalla cintura- sorrise orgogliosa di se stessa.

-Dobbiamo andarcene senza farci vedere, ma prima andiamo a prendere Callie- vide Jonathan guardarla dubbioso. Non poteva credere che volesse lasciarla lì.

-Si. Noi andiamo a prenderla e non voglio sentire niente al riguardo- vide Jonathan aprire la bocca, ma prima che parlasse gli mise un dito sulle labbra guardandolo duramente. Tolse il dito quando lo sentì sospirare, accettando sconfitto. Quasi tutti i poliziotti erano andati a casa perché si stava avvicinando la sera, solo poche guardie erano rimaste. Callie era stata messa in un'altra cella dall'altra parte della Stazione, ci sarebbe voluto un po' per arrivarci.

Uscirono dalla cella scrutando a destra e a sinistra che non ci fosse nessuno, quando la via fu libera, percorsero un lungo corridoio che portava alla reception e lì ci avrebbero trovato la mappa dell'intero edificio. Per non farsi vedere dalla segretaria intenta a scrivere qualcosa al computer, Jonathan e Madison si abbassarono a quattro zampe. Jonathan allungò una mano e prese molto lentamente la mappa sul confine della scrivania ed andarono dalla parte opposta della reception. Prima di arrivare alle celle, dovevano passare per un lungo corridoio in cui c'erano le stanze più frequentate dai poliziotti, così Jonathan prese Madison per mano e insieme si abbassarono ogni volta in cui passavano davanti ad una porta munita di finestra, da cui si vedeva ogni cosa. Mancavano due porte per arrivare alla cella di Callie, ma un grosso poliziotto uscì dalla prima stanza. Prima che riuscisse a vederli, Jonathan spinse Madison dentro un piccolo sgabuzzino lì accanto e si ritrovarono schiacciati l'uno contro l'altro, il petto di lui premuto contro quello di lei, i respiri allo stesso ritmo e i visi a due centimetri di distanza. Aspettarono in silenzio trattenendo il respiro che il poliziotto superasse la porta dello sgabuzzino, quando videro l'ombra sotto la porta andarsene, sospirarono sollevati.

-È troppo pericoloso con ancora dei poliziotti dentro la Centrale...- disse Madison spaventata. Jonathan guardava la porta per non guardare lei, sapeva che se avesse incontrato i suoi magici occhi verdi, non si sarebbe trattenuto dal baciarla.

-Jonathan guardami...- contro la sua volontà si girò verso di lei. Quando guardò a destra di Madison, spalancò gli occhi sorpreso per l'idea che gli era appena venuta in mente.

-Ed è per questo che ora li faremo uscire- vide Madison guardarlo confusa, ma prima che potesse chiedergli qualsiasi cosa, le indicò l'allarme antincendio di fianco alla sua testa.

-In più non dovremo neanche andare fino alle celle per prendere Callie, arriverà lei da noi- Madison lo guardò sempre più confusa, senza capire. Cosa voleva fare?

-Cosa intendi dire?- gli chiese osservandolo preoccupata. Lui ricambiò lo sguardo, ma sembrava sicuro di quello che stava per fare.

-Ti fidi di me?- le prese la mano e se la mise sulla guancia. Madison trovò quel gesto dolce e rassicurante da parte sua e cominciò ad accarezzargliela.

-Si, ciecamente- a quel punto Jonathan sorrise staccando le loro mani dalla sua guancia ed insieme premettero il pulsante rosso dell'allarme. Un suono assordante cominciò ad espandersi per tutto l'edificio. Sentirono gli uomini urlare di uscire e di prendere i prigionieri.

Videro le ombre che passavano davanti a loro, ignorarli del tutto. Quando videro che dietro a tutti gli altri c'era Callie, aspettarono che si avvicinasse alla porta dello sgabuzzino. Ormai era a pochi centimetri dalla porta, prima che riuscisse a sorpassarla, Jonathan la aprì e prese il braccio di Callie trascinandola dentro insieme a loro. Erano tutti spiaccicati l'uno contro l'altro. Rimasero fermi immobili per qualche minuto, non c'erano parole per descrivere l'imbarazzo generale in cui si trovavano.

L'eternità di chi amaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora