Capitolo 57

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Crystal appoggiò il cellulare sulla scrivania davanti a lei e cominciò a ridere.

-Quella piccola mocciosa non uscirà mai da lì- disse a nessuno in particolare. Era da sola nel suo studio per esaminare delle carte ricevute dal laboratorio di Los Angeles. Aveva laboratori sparsi in tutto il mondo, ciascuno gestito da un capo scelto da lei, come Damian.

Quel ragazzo l'aveva proprio delusa. Lo aveva avvertito di non farsi prendere dai sentimenti, che quel lavoro doveva essere svolto senza emozioni, ma lui nel profondo era debole, specialmente dopo aver ucciso i suoi genitori. Ricordò la notte in cui quel bambino dai capelli rosso fuoco bussò alla porta di casa sua e, zuppo di pioggia, le chiese aiuto. Chiuse gli occhi e si immerse in quel ricordo.

Qualcuno stava bussando alla sua porta da circa dieci minuti; Kalir era al suo fianco, non si era svegliato. Crystal aprì gli occhi e sbadigliò, si girò di lato per controllare l'ora, erano le due e mezza di notte. Buttò la testa stanca sul cuscino e cercò di chiudere gli occhi, ma i bussi alla porta non cessavano di disturbarla. Alla fine si svegliò anche Kalir e fece lo stesso di Crystal.

-Chi può essere?- chiese ancora assonnato.

-Non lo so- sbadigliò lei. Scese dal letto e si mise la vestaglia.

-Vado io- cominciò Kalir, ma Crystal lo fermò prima che potesse alzarsi.

-No, grazie. Vado io- uscì dalla camera e iniziò a scendere le scale.

Arrivò al portone principale e lo aprì lentamente.

Spalancò gli occhi quando si ritrovò davanti un bambino di circa dieci anni dai capelli rossi che piangeva. Fuori stava piovendo, la pioggia scivolava sul suo piccolo corpo mentre le mani tremavano. Aveva dei grandi occhi grigi, ma in quel momento erano solo ricoperti di terrore. Sulla sua guancia c'era una piccola macchia di sangue.

-Cr... Crystal Morgan?- domandò con voce tremolante il piccolo.

-Sì, sono io. Tu chi sei?- il panico invase lo sguardo del bambino che strinse gli occhi e formò dei pugni con le mani.

-Io sono Damian-

-Damian e poi?-

-Non me lo ricordo più- scoppiò in lacrime.

-Vieni, su entra- il bambino fece come ordinato. Crystal notò che aveva dei vestiti logori e sporchi, di cosa non riuscì a capirlo per la poca luce. Damian cominciò a guardarsi intorno, osservò ogni quadro e scultura che si trovava nel salotto.

-Andiamo a sederci sul divano- Crystal appoggiò una mano sulla sua spalla per spingerlo delicatamente verso la poltrona. Una volta seduti, lei parlò.

-Vuoi qualcosa da mangiare o da bere?- il bambino scosse la testa e puntò lo sguardo sul tappeto davanti a lui.

-D'accordo. Allora... vuoi dirmi quanti anni hai?- gli sorrise come per confortarlo, ma su Damian non sembrò funzionare.

-Dieci-

-Come mi hai trovato?-

-Ho... ho visto l'annuncio sul giornale, quello che diceva "Per qualsiasi aiuto, contattare Crystal Morgan" e c'era scritto l'indirizzo- il bambino continuava a tremare, nonostante la casa fosse invasa dal caldo.

-Perché sei venuto qui?- Damian alzò finalmente lo sguardo da terra e lo puntò su di lei. Le sue labbra tremarono e gli occhi cominciarono a bagnarsi di nuovo.

-I... i miei genitori sono morti-

-Chi li ha uccisi?-

-Io-

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