Capitolo 14

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L'unico modo per dimenticare e non pensare più a Madison era scappare. La testa gli urlava di andarsene e non voltarsi mai più indietro, mentre il cuore lo supplicava di restare. In quei casi bisognava dare ascolto alla mente e non farsi sopraffare dai sentimenti. Non sapeva dove andare, non aveva una casa, non conosceva nessuno e in più non aveva neanche un soldo con sé. Ma l'importante era andarsene. Lei si sarebbe costruita una vita che valeva la pena vivere e lui avrebbe ricominciato ad isolarsi dal mondo come aveva sempre fatto. Le cose sarebbero dovute andare sempre così fin dall'inizio. Nonostante sapesse che era troppo tardi, lui continuò a camminare sulla strada per andare il più lontano possibile. Qualche minuto dopo cominciò a piovere. Le gocce gli ricadevano sulla testa appiccandogli le punte dei capelli sulla faccia, ma non gli importava. I vestiti si bagnarono e la strada si fece più scivolosa man mano che pioveva, ma lui continuò senza fermarsi. Il cielo tuonò e un lampo illuminò l'intero paesaggio. Gli piaceva la pioggia, gli era sempre piaciuta. Lo faceva sentire meno solo quando le gocce gli scorrevano per le braccia, accarezzandolo dolcemente. Continuò a camminare mentre lampi e tuoni risuonavano nelle sue orecchie e gli illuminavano gli occhi. Una mano gli afferrò il braccio e lo fece voltare verso la figura che l'aveva preso. Aveva i capelli bagnati, come i vestiti d'altronde, e la pioggia scorreva sulle sue guance come se fossero lacrime. La mano ancora stretta sul suo braccio e lo sguardo ferito ma coraggioso.

-Non puoi sempre fare così!- urlò Madison per sovrastare i tuoni che prepotentemente riempivano l'ambiente.

-Devi affrontarmi per una volta e dirmi come stanno le cose! Io non ci credo che tu non provi niente per me. Lo so da come mi guardi e da come mi hai baciato. Non sono stupida e perciò non trattarmi come tale. Dimmi una volta per tutte che cos'hai da dover sempre scappare e voltarmi le spalle. Sono stufa dei tuoi tira e molla, dei tuoi modi freddi e del tuo sguardo indifferente a qualsiasi cosa. Che ti piaccia o no, io ti amo e non ci posso fare niente. Ci conosciamo da poco ma questo non mi interessa, l'amore può scattare anche dopo due giorni. Ora piantala di fare lo stupido e dimmi negli occhi che non provi neanche un minimo di sentimento per me ed io ti lascerò in pace. Chiuderò gli occhi sopprimendo il dolore e accetterò la tua decisione, anche se farà male- riprese fiato dopo aver parlato così veloce che neanche i lampi stavano al suo passo con le parole. Jonathan era immobile. Mille pensieri gli vorticavano nella testa, obbligandolo a chiudere per un istante gli occhi. Quello che aveva cercato di evitare ad ogni costo, ora se lo ritrovava davanti.

-Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami!- urlò esasperata Madison mentre delle vere lacrime cominciarono a rigarle il volto. Jonathan si odiava per averla ridotta così, stava piangendo per causa sua, di nuovo.

-Perché?- le chiese Jonathan, dopo minuti di silenzio.

-Perché cosa?- disse Madison confusa.

-Perché mi ami?- Jonathan non voleva chiederle quello, ma per una volta voleva sapere il perché una persona potesse dire di amarlo.

-Perché mi rendi felice- rispose immediatamente Madison, senza cercare una frase complessa o ad effetto. Erano parole spontanee e pure. A Jonathan piaceva renderla felice. Quando sorrideva gli piaceva vedere la pelle tirarsi e gli occhi illuminarsi. Quando era spaventata gli piaceva abbracciarla e stringerle la mano per rassicurarla. Quando era triste... era lui che la maggior parte delle volte la rendeva triste e non amava quella sensazione, anzi, lo distruggeva.

Per la prima volta fu Jonathan a sporgersi per baciarla.

Sotto la pioggia, le gocce d'acqua si univano alle loro labbra rendendo il bacio più delicato e intenso. Si stavano bagnando del tutto ma non importava. Ora c'erano solo loro, la pioggia e la sensazione di volare. Madison morse il labbro inferiore di Jonathan, mentre lui la stringeva a sé aprendo di più la bocca e assaporando le sue labbra bagnate.

-Ti amo...- sussurrò Jonathan tra un bacio e l'altro. Madison riuscì a sentirlo e sorrise sulle sue labbra, leccando le gocce d'acqua che gli bagnavano la lingua. Jonathan le mise una mano dietro la testa e affondò le dita nei suoi capelli. Voleva piantarsi nella mente quel momento. Ormai il danno era fatto. Per la prima volta si era innamorato. Si staccò da lei e premette la sua fronte contro quella di lei.

-Madison il motivo per cui io ho sempre cercato di non rapportarmi con le persone è perché...- non gli avrebbe mai creduto. Se ne sarebbe andata credendolo pazzo, ma doveva tentare.

-È perché...io... io sono imm...- una pallottola lo colpì alla testa. Un po' di sangue sporcò il viso di Madison che urlò e prese Jonathan prima che cadesse. La pallottola gli aveva trapassato la testa, Madison cercò di tappargli la ferita continuando a piangere ed urlare. Sapeva che era inutile ma era l'unica cosa che le venne in mente. Si guardò attorno e vide una figura avvicinarsi a loro.

-Stavolta non posso averlo mancato...- si disse Rory apparendo di fronte a lei, tutto bagnato per la pioggia e la pistola ancora alzata.

Appena Madison aveva preso Jonathan fra le sue braccia, lei era morta dentro. Le sembrò di rivivere lo stesso momento che era successo nel suo appartamento, solo che ora era impossibile che Jonathan fosse sopravvissuto. Non aveva più la forza di parlare, di alzare lo sguardo su suo fratello e di piangere. Non aveva più uno scopo per vivere. Se lui era morto, voleva morire con lui.

-Fallo- disse Madison con la voce distorta dal dolore. Vide Rory puntarle la pistola alla testa, caricandola. Lei chiuse gli occhi, abbandonandosi alla pioggia che le scorreva in faccia lavandole via il sangue e al corpo freddo di Jonathan tra le sue braccia. Si preparò pensando che avrebbe raggiunto Jonathan molto presto. Prima che Rory le sparasse, lo sentì urlare.

Madison aprì gli occhi e alzando lo sguardo vide un coltello piantato nella spalla di Rory. Tristan era ancora nella stessa posizione con cui aveva lanciato il coltello, facendogli cadere la pistola a terra. Si avviò verso Rory e gli diede un calcio nel ginocchio, piegandolo in due. Estrasse il coltello e cominciò a riempirlo di pugni ripetutamente. Si fermò solo quando vide Madison a terra che lo fissava e Jonathan tra le sue braccia. Rory era svenuto e Tristan si avvicinò a Madison. Lei si fece accogliere dalle sue braccia e si lasciò cullare sotto la pioggia, in silenzio. Qualche minuto dopo, Tristan trascinò Rory in casa legandolo ad una sedia e poi prese in braccio Jonathan distendendolo delicatamente sul divano. Quando Callie vide Jonathan con un buco in testa urlò ed andò ad abbracciare Madison.

Ora erano tutti e tre attorno al divano su cui era disteso Jonathan.

Sia Tristan che Callie non dissero niente a Madison. Non c'erano parole per quello che era successo.

Lasciarono Madison da sola con Jonathan. Non riusciva ad avvicinarsi a lui. Si sentiva vuota, il cervello si era disconnesso dal suo corpo. Non provava più nulla.

Dopo aver fissato il muro per qualche minuto si avvicinò al divano e si sedette di fianco a lui. Si distese sul suo petto e chiuse gli occhi.

Poi Jonathan tossì.    

*****

Ehila!

Non vi mentirò dicendo che ho pianto mentre scrivevo, ma ormai si sa già che sono così.

Vi è piaciuto il capitolo?

#jadisonisreal

Se volete che continuo la storia lasciate un mi piace ed un commento, grazie mille!

Baci sotto la pioggia a tutti :*

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