Capitolo 53

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-Tutto bene?- dopo aver abbandonato Jonathan sul marciapiede, Callie aveva riportato Tristan a casa, ed ora erano l'uno difronte all'altro, nell'attesa della risposta di lei. Le parole di Jonathan l'avevano ferita profondamente, ad ogni parola che lui le aveva scagliato contro, il suo viso si era rabbuiato sempre di più, finché quella visione non diventò per Tristan insopportabile e lui fece scendere Jonathan dalla macchina. Ora, davanti a lui, Callie aveva gli occhi bassi e le spalle ricurve, era visibilmente stanca; ma in fin dei conti, anche lui si era indebolito per tutte le cose che erano successe in quelle settimane.

-Callie, detesto quando fai così. Ti prego, rispondimi- la scongiurò angosciato. Da quando si erano conosciuti, ogni volta che lei aveva un problema e qualcuno le chiedeva quale fosse, lei se ne stava zitta a torcersi le mani e a chiudersi in se stessa, e Tristan odiava quando lo faceva.

-In queste settimane stiamo cambiando, stanno accadendo cose strane e ci comportiamo in maniera ambigua, c'è qualcosa che non va. Lo so Callie, non mi mentire, lo avverto. Sento quando stai male o se c'è qualcosa che ti angoscia, perciò ora, ti imploro di dirmi cosa non va. Sai che se stai male tu, sto male anch'io- quando Callie alzò il viso per incontrarlo, lo vide mutato dalle molteplici lacrime che non cessavano di bagnarle le guance. Le labbra erano ridotte ad una linea sottile e per cercare di fermare le lacrime, si mordeva con forza il labbro, ma così facendo finì per morsicarselo involontariamente ed una piccola goccia di sangue finì sulla sua lingua, ma non ci fece caso. Gli occhi di Tristan furono distratti dalle irrefrenabili mani di lei; si muovevano, si mettevano l'una sopra l'altra, contorcendosi con nervosismo, come se non riuscisse a tenerle ferme. Raramente sentiva qualche singhiozzo strozzato o il rumore dei denti quando sbattevano mentre tremavano. Poche volte l'aveva vista in quelle condizioni e per lui era sempre come se qualcuno gli stesse infliggendo mille martellate nel petto. Disprezzava quei momenti, anche perché, la maggior parte ai quali lui aveva assistito erano dovuti a ragazzi con cui usciva.

Si ricordò di tutte le volte che Callie, prima di una serata con un nuovo fantomatico ragazzo, andò a casa di lui per farsi consigliare sull'abito da indossare o su come approcciarsi, e Tristan mai le rivelò di averle detto qualche volta delle bugie per far sì che il suo appuntamento si concludesse nel peggiore dei modi e che lei finisse per passare la serata con lui. Quando Callie andava da Tristan per chiedergli aiuto e lui la vedeva tutta vestita e truccata per la serata, nel suo petto si accendeva sempre una scintilla di... a quei tempi non sapeva come definirla, ma era forte. Le sue mani cominciavano a sudare, il rossore si espandeva per le sue guance e sentiva dentro di sé un moto di adorazione e gelosia che aveva sempre reputato merito dell'affetto quasi fraterno che provava per lei. Ma questo affetto fraterno, in quelle ultime settimane, era stato fortemente messo in dubbio.

Il corso dei suoi pensieri fu interrotto dalle braccia di Callie che gli circondarono il collo. In un primo momento fu sorpreso dal suo fulmineo e disperato gesto, ma quando Tristan ricambiò l'abbraccio in modo impacciato a causa del gesso, la sentì quasi aggrapparsi a lui. Abbracciarsi dai due sedili della macchina risultò scomodo, così Callie si spostò, superando il cambio di marcia e finì per sedersi sulle gambe di lui, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo, senza smettere di abbracciarlo. Tristan sentì il fiato di Callie all'orecchio e il cuore battere veloce come un treno contro il suo petto, pensò che le sarebbe uscito per la rapidità con cui pulsava. Lei strinse ancora di più la presa e Tristan non la fermò quando continuò a piangere sulla sua spalla, inzuppandogli la maglietta, ma lui non se ne curò. Dopo gli attimi di lacrime, Callie alzò la testa, lentamente, senza smettere di guardarlo dritto negli occhi, gli prese il viso fra le mani e cominciò ad accarezzarlo dolcemente, quasi come se fosse un oggetto prezioso. Passò le dita fra i suoi capelli biondi, lisciandoli e attorcigliandoseli al dito; percorse ogni suo lineamento del viso con il dito, incantata dai suoi tratti spigolosi e morbidi allo stesso tempo. Tristan non aveva fatto altro che fremere le ciglia e schiudere le labbra ogni volta che le dita di Callie solamente sfioravano la sua pelle. Voleva abbracciarla, accarezzarla, toccarla, ma il gesso glielo impediva, ciò nonostante, doveva farlo o sarebbe morto.

-Andiamo in ospedale, voglio togliermi il gesso. Non posso continuare senza poterti accarezzare o stringerti a me, ho assoluto bisogno di averti tra le mie braccia- fiatò velocemente, l'impazienza lo stava divorando. Fin dal loro primo abbraccio, Tristan aveva capito che senza uno di quelli di Callie, lui non avrebbe potuto vivere. Per lui erano come ossigeno. Meno ne aveva, più gli sembrava di soffocare. E Callie lo sapeva.

Lei ci pensò su, indugiando sull'assecondarlo o no, ma alla fine si spostò dalle gambe di lui e si mise al posto di guida.

Appena arrivarono davanti all'ingresso della clinica, Tristan e Callie si precipitarono dentro, senza un appuntamento, alla ricerca del dottore che gli aveva messo il gesso. Per fortuna non aveva finito il suo turno di lavoro, e in più non c'erano clienti nella sala d'attesa. Si riversarono con velocità dentro il suo studio, sbattendo la porta. L'uomo alzò di scatto gli occhi dal giornale per vedere i due che erano entrati con tale violenza nella stanza. Callie diventò rossa per l'imbarazzo. Gesti maleducati o offensivi non erano nel suo carattere, tranne quando era con Tristan.

-Ehm... Harvey? Non ho un appuntamento con voi oggi-

-Lo so, ma ho bisogno urgente di togliere questa roba-

-Non è ancora passato il tempo necessario per cui ci sia la condizione che le vostre braccia siano perfettamente guarite-

-Non mi importa. So che posso prendere dei farmaci, mi sono informato, ma adesso me lo tolga- lo stava praticamente supplicando, anche se dalla faccia del dottore, parve più come un ordine.

-Non posso Harvey, devo rispettare i tempi-

-Ok, allora lo farò da solo e lei mi dirà soltanto cosa devo prendere per rimediare ai giorni in cui non l'ho portato- l'uomo sospirò ed alzò gli occhi al cielo per poi massaggiarsi le palpebre sfinito.

-Adolescenti- lo sentì sussurrare con tono seccato mentre tirava fuori da un armadio di metallo gli strumenti per togliere il bendaggio. Tristan non lo ascoltò e gli porse le braccia. Quasi non gli sembrò vero quando gli tolse il gesso e la sua pelle fu investita dall'aria fresca e dalla luce della stanza. Cominciò a fare dei piccoli esercizi per abituare il braccio a muoversi; non gli faceva più male come i primi giorni, ma provava solo un po' di fastidio. Dopo essersi fatto dare la lista dei farmaci ed averlo ringraziato, uscì dall'ospedale.

Subito varcata la soglia della porta principale, prese Callie tra le sue braccia e la fece girare in aria; la sentì ridere e ricambiare la stretta una volta coi piedi a terra. Continuò ad abbracciarla ed accarezzare ogni centimetro di pelle non coperta dai vestiti.

-Ora posso respirare- mormorò tra i suoi capelli.

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