Capitolo 44

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-Lei arriverà a momenti- Callie si sistemò meglio la borsa sulla spalla, stringendola con insicurezza quando dovette alzare lo sguardo su Tristan. Dopo quel breve momento in cui entrambi erano andati fuori controllo, Callie aveva avuto la prova che lui non la desiderava in quel senso. Lo aveva visto dal suo sguardo di scusa e dal fatto che avesse fermato quei meravigliosi baci; si obbligò a pensare che Tristan avesse cominciato a baciarla solo per avere un momento di conforto dopo l'incubo.

Al ricordo della sensazione delle sue morbide labbra sul collo, Callie inspirò e chiuse gli occhi, per poi riaprirli e vedere Tristan avanzare verso di lei. Fino a quel momento loro due non si erano più parlati, se non quando Callie aveva avvertito Tristan di aver chiamato una badante e che sarebbe ritornata al suo appartamento.

-Non voglio una badante, voglio che stia tu con me- sussurrò Tristan, come se non avesse voluto che lei sentisse. Callie udì le sue fievoli parole ed il suo sguardo scattò sui suoi occhi; non erano più dell'azzurro che vedeva ogni giorno, ma bensì di un azzurro più denso, più scuro, quasi tenebroso.

-Ho un appartamento vuoto che sto ancora pagando, non posso buttare via i soldi in questo modo- si costrinse a mantenere lo sguardo su quello di Tristan, immaginandosi la vita che non avrebbe mai passato insieme a lui.

-Ed io non sono abbastanza esperta per aiutarti, non so cosa devo fare per far sì che le tue braccia migliorino e-

-E' stato per quei baci?- domandò Tristan, interrompendola senza tanti giri di parole.

-C... cosa?- Callie mandò giù il groppo alla gola e le sue mani cominciarono a sudare. Non avevano affrontato l'argomento per tutta la mattina ed ora che stavano per farlo, a Callie era come se le avessero rubato la parola.

-Te ne stai andando per quello che è successo stanotte?- precisò con tono severo ma dolce allo stesso tempo. Le nocche di Callie diventarono ancora più bianche quando strinsero le bretelle della borsa.

-N... no, te l'ho detto. E' che me ne sto andando per-

-Ed io non ti credo. Come la mettiamo?- la guardò con aria di sfida e Callie dovette concentrarsi per non mettersi a piangere davanti a lui. Avrebbe così tanto voluto urlargli in faccia quanto lo amasse e per quanto tempo avesse aspettato nell'ombra che lui ricambiasse, senza che ciò accadesse mai.

Abbassò lo sguardo sul pavimento ed annuì.

-Sì, è stato per quello- si chiese del perché mentirgli, dopotutto aveva già capito che l'appartamento non era il vero motivo per cui se ne stava andando.

Lui sospirò e si avvicinò di più a Callie, sovrastandola con la sua alta statura.

-Callie, tu sai che noi siamo amici da anni e che mai metterei a repentaglio la nostra meravigliosa amicizia. Ti chiedo scusa per quello che è successo, è stato solo un mio errore ed impulso adolescenziale- sorrise e si abbassò per darle un bacio. Sulla guancia.

Una martellata al cuore. Una delle tante che aveva ricevuto da quando si era innamorata di lui.

Tristan non si rendeva conto di quanto ogni suo sguardo fosse per lei una lama che la trafiggeva lentamente, rendendo il dolore di quei colpi più tormentato e senza sosta.

-Resterai con me?- unì le mani in segno di preghiera, spostando lo sguardo sulle sue gambe e poi di nuovo su di lei.

-Tu fai finta che io sia in ginocchio- le labbra di Callie la tradirono e si piegarono in un timido sorriso divertito, che fece allargare quello di Tristan.

-Lo prendo come un sì- l'abbracciò, seppur in modo impacciato a causa del gesso, e Callie fece scivolare a terra la borsa per circondare la vita di lui ed appoggiare la testa sul suo petto. Si immerse nel suo profumo e sorrise sulla sua maglietta, quella che gli aveva regalato due anni prima.

Quando si staccarono dall'abbraccio, il cellulare di Callie squillò. Tirò fuori l'apparecchio e piegò confusa le sopracciglia mentre osservava il numero sul display. Accettò la chiamata ed una voce familiare provenne dall'altro campo.

-Jonathan?-

-Sì, sono io. Ho bisogno del tuo aiuto-

-Cosa è successo?- il suo tono di voce la fece preoccupare, tanto che Tristan sembrò accorgersene dal cambiamento improvviso della sua espressione.

-Un ragazzo tiene in ostaggio Madison-

-Cosa?!- Callie spalancò gli occhi e si portò una mano alla bocca. Tristan continuò a guardarla interrogativo.

-Hai sentito bene. Dopo aver chiuso la chiamata con te, chiamerò la polizia. Ti spiegherò nei dettagli dopo-

-Ma sai dov'è rinchiusa, vero?- sentì un'imprecazione dall'altra cornetta ed un tonfo, come se Jonathan si fosse dato una telefonata in testa.

-No, mi hanno trascinato via con un sacco in testa e lasciato davanti alla casa di mia sorella-

-Ma da dove stai chiamando? E come fai ad avere il mio numero?-

-Sto telefonando con un telefono fisso di Crystal ed il tuo numero l'ho preso dalla rubrica di Madison. Ma ora non è importante, ti volevo solo avvertire. Adesso chiamo la poliz-

La chiamata si interruppe. Proseguirono solo dei piccoli bip, finché Callie non spense il cellulare.

-Allora?- le chiese agitato Tristan.

-Hanno rapito Madison e la tengono in ostaggio. Sembra che Jonathan stia per chiamare la polizia ma la linea si è interrotta- Callie si mise la testa fra le mani, come se potesse ragionare più velocemente.

-Andiamo da lui, siamo più utili là che qui- prese le chiavi della macchina ed aiutò Tristan ad entrarci. Guidò per tutto il tragitto con l'ansia a comandare il cervello, se avessero fatto del male a Madison non se lo sarebbe mai perdonata. Appena arrivarono, scesero freneticamente dall'automobile e si precipitarono alla porta. Con il dito sul campanello, Callie stette per premerlo ma si fermò quando Tristan le toccò il fianco con il braccio per attirare la sua attenzione. Le indicò con un cenno della testa la finestra affianco alla porta principale ed entrambi si abbassarono per vederne l'interno e non essere visti.

Jonathan aveva la mano che impugnava la cornetta sospesa in aria ed il dito di Crystal premeva il tasto per terminare la chiamata del telefono fisso. Stavano avendo una conversazione accesa, lei sempre con il sorriso stampato in faccia e lui le labbra semiaperte e lo sguardo spaesato. Ad un certo punto, Crystal gli strappò via dalla mano il ricevitore del telefono e lo rimise al suo posto con un movimento deciso del polso.

Il viso di Jonathan si fece più duro ed arrabbiato, ma prima che potesse fare qualcosa, Kalir lo sorprese alle spalle e gli ammanettò le braccia dietro la schiena, bendandogli poi gli occhi. Lo portarono fino alle scale mentre urlava e si muoveva nel vano tentativo di liberarsi. Subito dopo Callie e Tristan lo persero di vista.

Si girarono entrambi verso l'altro con il cuore a mille ed il fiato corto.

-E adesso che facciamo?-

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Ciaoooo!

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