(Mi scuso per l'attesa e gli errori in questo capitolo.)
Capitolo 33: Il tassello mancante.
La voce dell'insegnante era un come un bisbiglio.
La matita continuava a scivolarmi dalle mani, per rotolare poi sul banco e venire, infine, ripresa, pronta nuovamente a cadere.
Le mie palpebre erano così pesanti, da lasciar presagire, ogni cosa attorno a me come sfocata e irraggiungibile.
Il minimo suono, appena più acuto, mi mandava in paranoia, facendomi cambiare posizione sulla sedia.
Mi sfregai ancora una volta gli occhi, come se sarebbe servito ad aumentare la mia concentrazione, o quanto meno riuscire a tenermi sveglia.
Avevo fatto ritorno da quattro giorni all'Accademia. Questa era tornata quasi del tutto agibile, inutile dire che le aree comune dei Wisteria parevano ancora dei cantieri, ma la ruotine era tornata quella di un tempo, come se non fosse accaduto nulla.
Erano state prese, ovviamente, nuove misure di sicurezza, ma il mio problema non era la paura. Se pur, infatti, fossi spaventata da futuri nuovi attacchi, che parevano inevitabili, gli incubi che stavo avendo erano tutta un'altra storia.
Quel viso, quegli occhi, continuavano a perseguitarmi.
Senza contare quello che accadeva quando, questo, come un miraggio, mi si palesava davanti, anche nella realtà. Il mio cuore pareva sciogliersi e allo stesso tempo battere come non mai.
Mentre l'insegnante illustrava la storia del ballo di Natale, evento che a breve si sarebbe tenuto, io non facevo che pensare a lui e a quel sentimento così radicato, che neppure riuscivo a comprendere, tanto questo era maturo, per la mia inesperienza.
Mi passai una mano tra le labbra e inevitabilmente la mia mente tornò al Festival...
L'Istituto pareva un ospedale di guerra. Mai mi sarei aspettata di vedere qualcosa di così simile, alle scene estere, riportate dai telegiornali.
Come Tenot, anche l'Accademia era stata colpita. Seppur non in modo massiccio, o quanto meno avessero già rimediato a diversi danni, tramite la magia, l'alone di cenere e fumo alleggiava in quello che, una volta, era un quiete giardino ricco di gazebi.
Facevo fatica a muovermi.
Mi sentivo come in possesso di un arto fantasma. La mia aurea era ancora lì, ma allo stesso tempo l'avevo recisa, proprio nel mentre in cui iniziavo a coesistere con lei.
Più che il mio corpo, che si muoveva con una spossatezza tale, da possedere un incedere lento e strascicante, la mia mente risultava dilaniata da tale perdita.
Non riuscivo a concentrarmi su altro che non fosse la mia fonte di potere. Il mio ventre pareva possedere un richiamo, che non mi permetteva di curarmi di nessun altra cosa attorno a me.
La tentazione a riattivare la mia aurea era così forte, che ero arrivata a ferirmi, di mia volontà, per non pensarvici.
Cercavo in ogni modo di trainare con me Sandra e Armony, ma risultava sempre più difficile.
La struttura che dovevo raggiungere appariva così lontana, come un'illusione.
Il braccio, seppur non mi desse fastidio, ora che era tramutato in pietra, pesava molto di più, tanto da alterare il mio passo, costringendomi a muovermi ricurva, mentre questo mi trascinava verso il basso.
Sapevo che se mi fossi fermata non sarei più andata avanti. Se fossi caduta, mai mi sarei rialzata.
Strinsi i denti al pensiero che avrei rivisto la mia squadra; erano vivi, dovevano esserlo. Non potevo pensare diversamente, al momento.
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Kaos
FantastikDal capitolo 8: Parve quasi sul punto di dire qualcosa, ma poi ci ripensò, « andrete all'Accademia » mi rivelò in fine. « All'Accademia? » ripetei sperando di aver capito male. Non volevo tornare trai banchi. « è l'unico posto sicuro al momento. Ver...