Capitolo 37: La Cupola dei Gigli Astrali - parte 4

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Capitolo 37: La Cupola dei Gigli Astrali – parte 4

Mi ritrovai con le guance che andavano a fuoco, intenta a leggere la quarta lettere. Le altre tre erano per lo più illeggibili e quella, seppur ve ne fosse solo una parte, era una mia risposta.

Mio adorato,

vorrei poter aver modo di udire la tua voce e godere della tua presenza, ma so che attualmente è impossibile quando indesiderata la nostra vicinanza agli occhi altrui. Sappi comunque che non vi è giorno in cui il mio pensiero non corre a te. Ogni cosa mi ricorda che tu non sei qui, o la mia mancata possibilità di render pubblico il desiderio che provo nel tornare a rivolgerti la parola di persona.

Rispetto la tua decisione di attendere tempi più propizi, ma ti prego non negarmi la possibilità di poter ricordare al tuo cuore quel sentimento che assieme abbiamo imparato a conoscere.

Qui la situazione...

Stucchevole neppure rendeva l'idea, realizzai sempre più imbarazzata e in parte grata che non vi fosse un seguito.

Ora come ora non avrei mai rivolto quelle parole a qualcuno. Oltre a sembrare una lettera di altri tempi per il suo aspetto, lo era anche per il suo contenuto. Nessuno avrebbe mandato un simile messaggio oggi giorno. E se l'avesse fatto, avrebbe dovuto esser certo di esser ricambiato.

La Selene di quella lettera però ne era certa. Dall'appellativo iniziale, alle parole che rivolgeva all'uomo era certa di mancargli quanto lui mancava a lei.

Amava Cyneric, ma potevo dire di amarlo anche adesso? Ora che non l'avevo mai conosciuto, se non nei miei ricordi?

E chi era? Il tutore che tanto si sentiva in colpa, ma non si faceva vivo?

Per il mio cuore non c'erano dubbi. Per la mia mente la situazione era alquanto aggrovigliata.

Eppure il suo tocco, il suo corpo, quel bacio, quegli occhi e quella lettera...sospirai. Con la logica sembrava non esservi davvero una soluzione.

Le mie dita si scontrarono con altra carta da scrivere. Era intatta e linda, pronta per essere marchiata da parole e speranze.

Avrei potuto scrivere ai miei genitori realizzai.

Cominciai a cercare dell'inchiostro. In un cassetto ne trovai ben tre boccette, segno che una volta dovevo scrivere davvero tanto, ma nel prenderlo in mano la mia mente mi pose una domanda che avevo paura di farmi da sempre.

Se tutti quei ricordi erano minimamente veri e qualcuno mi aveva anche solo detto un briciolo di verità, i miei genitori... non erano i miei veri genitori.

Era qualcosa di stupido da tenere anche solo in considerazione, eppure non riuscì ad afferrare il pennino per intingerlo.

«Devo essere impazzita del tutto per vagliare una simile ipotesi.» mi dissi, osservando i ghirigori floreali sulla carta da lettere.

«Lì conosco da tutta una vita, mi hanno cresciuta, è impossibile. Non ha senso...»

Ma mentre lo dicevo in qualche modo ne aveva, il che era solo più folle.

«Dovrei scrivere a Cyneric. Chiedere a lui risposte. Se gli scrivevo così tanto qualcosa deve pur sapere...sempre che sappia che sono qui.» riflettei, «Se mi ama così tanto perché non l'ho ancora incontrato?»

Scossi la testa, riflettere su una simile questione non mi avrebbe portato a nulla, così come scrivergli, conclusi. Non mi ricordavo davvero di lui, avevo solo brevi visioni e queste non mi aiutavano nel scrivere un'ipotetica lettera.
Non sapevo da che parte cominciare a rivolgermi a lui, né come spedirla.

Con quel pensiero mi alzai dallo scrittoio, lasciandomi ricadere sul letto lì accanto.

Panna montata, un soffice cumolo di piume o semplicemente il materasso più comodo su cui mi ero mai sdraiata. Quello nella mia camera, al piano delle Wisterie, non poteva neanche chiamarsi materasso, al confronto.

«Dovrei proprio dormire un poco» mi dissi, con la voce già impastata dal sonno, «Forse quando mi risveglierò scoprirò che è solo un altro incubo...»

Mi addormentai contando le stelle e ammirando la Luna, pregando affinché nulla potesse disturbare il mio sonno.

Non so per quanto restai in quella camera impolverata, famigliare e imbevuta di un profumo così rassicurante, quanto inquietante, realizzai nel dormiveglia, il mio.

Avrei voluto che nessuno mi svegliasse. Risvegliarmi coi miei genitori, a casa, forse era chiedere troppo, ma per brevi minuti o forse ore, restai in loro compagnia.

Mangiammo, parlammo e scherzammo. Non era cambiato nulla, non me ne ero mai andata.

Non vi era magia, strane voci nella testa, discussioni su chi fossi all'infuori di me stessa, né amanti del passato che facevano capolino nella mia memoria, quando credo finalmente di essermi innamorato.

Era solo un giorno come tanti in quel sogno. Tornata a casa da scuola, non avevo idea di cosa vi fosse all'infuori del mio isolato.

Non avevo mai sentito parlare di Kaosiani, Kerres o popolazioni che abitavano in luoghi sospesi, al disopra della Terra.

Vi era solo normalità.

Non so cosa fu a svegliarmi. Forse un rumore o la morbidezza alquanto inusuale di quel letto a baldacchino, ma quando i miei occhi si aprirono finalmente del tutto capì che non me ne ero mai andata, e che anzi i miei problemi mi avevano solo che appena raggiunto.

Quello dinanzi a me, non poteva essere...

Tirai un urlo e guardai orripilata la figura dinanzi a me.

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