Capitolo 34: La Cupola dei Gigli Astrali - parte 1

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Capitolo 34: La Cupola dei Gigli Astrali – parte 1

Il sonno era il prezzo da pagare per i ricordi.

Non dormivo da giorni e quella mattina, quando mi svegliai con un grido ancora sopito in gola, pronto a svegliare tutto il pianerottolo, non faceva eccezioni.

Mi sfregai gli occhi, mentre questi arrossati dai continui pianti notturni, bruciavano raggrinziti e gonfi.

Erano passate due settimane dal Festival, per la precisione, eravamo a metà della terza ed ogni giornata la passavo a mentire o evitare le persone che conoscevo, onde evitare sospetti.

Le lezioni erano divenute incredibilmente semplici, grazie alla tornata memoria sulla grammatica, diversi usi e costumi, più alcuni personaggi storici assieme al loro operato.

Tanto semplici da destare, persino, sospetto, negli insegnanti. Una Wisteria, in una classe della Casta provocava scalpore, ma che fosse anche più intelligente dei Fiori portava solo che guai.

Quindi sbagliavo, inserivo errori, in quella lingua che, neppure un mese fa, risultava incomprensibile e ora pareva avere un suono più famigliare, di quella che da sempre ero abituata ad usare.

Le cose si facevano più complicate, quando il mio sguardo si posava su un Fiore, che non avrei dovuto conoscere, ma di cui a un tratto avrei saputo ricostruire di cinque se non sei generazioni, l'albero genealogico.

Il cervello straripava di informazioni, coronando il tutto con mal di testa epocali.

Evitavo la mia squadra come meglio potevo. Fortunatamente, nessuno prestava troppa attenzione a me. Abby passava quasi tutte le sue nottate in biblioteca o con Sandra ed Armony a studiare e ognuno aveva i suoi problemi, a riprendersi da quel che era accaduto. Di certo, il fatto che i Glicini fossero ormai sempre più prigionieri, di guerra, non facilitava la cosa...

Iarlaith era tutto un altro discorso, invece. Delle volte, me lo ritrovavo davanti senza riuscire ad emettere parola, mentre qualcuno della Casta interveniva, richiamando la sua attenzione, senza che riuscissi mai a mantenere con lui un vero contatto visivo e a spiegarli o meglio trovare una scusa, del perché più non lo cercassi.

Se non altro la sua presenza era sempre più richiesta a Corte, o comunque dai suoi genitori, quindi i nostri incontri, seppur imbarazzanti, erano stati tutto sommato rari.

Era però con El che il tutto diveniva davvero spinoso. L'avevo visto più di una volta, ma mai avevo trovato il coraggio di dirgli che i ricordi cominciavano a tornare e invadermi la mente.

Una parte di me non si fidava più di lui.

Ma la lingua, i ricordi, Iarlaith ed El non era nulla in confronto a quel viso che, da quando avevo riattivato la mia aurea al Festival, mi perseguitava in ogni incubo.

Era lui a tenermi prigioniera, era una delle poche cose di cui ero certa, eppure aveva sempre una parola dolce o una carezza per me.

Ed era frustante non riuscire a distogliere lo sguardo dai suoi occhi adoranti per poi svegliarmi in una stanza in cui lui non c'era.

Mi passai una mano trai capelli corti e scansai le lenzuola per alzarmi.

La sveglia segnava le tre e mezzo del mattino, mancavano ore alle lezioni, ma sapevo che non sarei mai riuscita a riaddormentarmi, seppur la stanchezza.

Trascinai i piedi sino al bagno, lanciando una fugace occhiata al letto vuoto di Abby. Doveva aver di nuovo fatto nottata sui libri.

La porta si aprì con un triste lamento e la luce fioca lampeggiò per alcuni secondi, prima di stabilizzarsi. Quello che apparve allo specchio era il viso di una ragazza che non dormiva da giorni e sfoggiava ormai profonde occhiaie sotto gli occhi spenti.

Mi ressi sul lavandino, aspettando che l'acqua che intanto scorreva e riempiva col suo suono l'ambiente divenisse calda.

Ma mentre ero lì a bermi di quel poco torpore che le volute di vapore emettevano, riapparve.

I suoi capelli erano così neri da sembrare blu, illuminati da qualche raggio di Luna nascosto alla mia vista. La sua pelle così chiara da lasciare intravedere le vene sottostanti e i suoi occhi risplendevano dorati in quella visione che pareva uscita da uno dei miei sogni. Come poteva essere lui lì, in quel piccolo bagno?

Con una sola falcata mi raggiunse. Mi sovrastava in altezza e il suo fisico non veniva del tutto nascosto dagli semplici abiti che indossava.

Osservandolo realizzai di non averlo mai visto così scomposto. I suoi capelli erano spettinati, la felpa e i pantaloni stropicciati, ed era scalzo, quasi come se anche lui si fosse appena alzato.

Non ebbi modo di perdermi ulteriormente nella sua figura, che i suoi occhi dorati si ritrovarono a qualche centimetro di distanza da me, sorridendomi.

Mosse le labbra, ma non udì nessun suono provenire da queste. Avvertì invece la loro morbidezza sulle mie, la sua lingua farsi largo tra queste e prendere il comando del bacio più passionale che avessi mai ricevuto.

Le mie mani si ritrovarono allacciate alla sua nuca, mentre le sue mi tenevano strette a sé quasi avesse paura di perdermi da un momento all'altro.

Ero così persa in quel sogno che quando mi svegliai ancora respiravo a fatica e mi sembrava di poter avvertire il calore del suo corpo sul mio.

Era durato un attimo, ma il mio riflesso mostrava ora una ragazza dalle gote arrossate, gli occhi vivi e svegli e il fiato corto.

Era notte fonda, poteva benissimo trattarsi solo di un sogno, ma la necessità impellente di ricordarsi di lui al più presto sembrava così reale da chiedermi se non stessi davvero impazzendo.

Tanto valeva allora provare ad afferrare qualche ricordo su di lui.

Senza pensarci immersi la testa nel lavandino pieno d'acqua e cominciai a pregare per un'altra visione.

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