Capitolo 14

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ANDREA.

Mi addormentai velocemente, ero davvero stanca.

Mi svegliai di soprassalto con la paura che tutto quello che avevo vissuto nella giornata antecedente, fosse stato tutto un sogno.

Presi il telefono per vedere l'ora ma appena lo sbloccai, ritrovai un suo messaggio.

"Lo farò, promesso"
Era la semplice risposta al mio messaggio.

Potevo sembrare sciocca ma sapere che era arrivato a casa, mi faceva star tranquilla.

Pochi minuti dopo mi arrivò un suo messaggio.

"Buongiorno piccola"

Questo messaggio riuscì ad assicurarmi che era tutto vero, che quello che era accaduto non fosse stato solo un sogno.

Amavo questo tipo di messaggi.
Li amavo perché erano capaci di farmi capire che il suo primo pensiero era stato rivolto a me.

"Buongiorno" gli risposi un po' di fretta.

Dovevo ancora alzarmi dal letto e non potevo perdere tempo.

Mi vestii, mi pettinai, presi tutto il necessario ed improvvisamente sentii il suono di un clacson.

Chi poteva essere?

"Mamma è per te?" Le chiesi quasi urlando.

"No tesoro, io non aspetto nessuno"

Mi sembrò tutto così strano.

Iniziai a pensare che probabilmente poteva essere un amichetto di Tyler.

"Tyler, aspetti qualcuno?"

"No, vado con l'autobus. Quando mai mi son fatto venire a prendere?"

"Beh scusami Tyler, chiedo perdono per aver pensato una cosa del genere"

Scherzai.

"Non preoccuparti sorellina."

Ma allora? Chi poteva essere?

Aprii la porta e per prima cosa vidi una decappottabile rossa.
Rosso fuoco, rosso sangue. Un rosso che sinceramente non si vedeva facilmente in città.
I finestrini erano oscurati e questo mi fece preoccupare, così ignorai il tutto.

Iniziai a camminare verso il garage per prendere il motorino, ma fui bloccata dal secondo suono del clacson.

Cosa sarà mai?
Cosa vorranno da me?
Stavo iniziando a spaventarmi così accelerai il passo verso la direzione che avevo preso.

Alle mie spalle sentii che la portiera della macchina si era chiusa e sentivo dei passi veloci verso di me, come se stesse correndo per bloccarmi.
Il cuore mi stava battendo fortissimo ma non avevo il coraggio di voltarmi.
Avevo paura, avevo paura che mi accadesse qualcosa.

"Piccola, perché stai camminando così veloce?"

Quando sentii quel nomignolo mi fermai di scatto.
Non mi voltai, rimasi lì, imbambolata.

Il mio cuore per fortuna iniziò a tranquillizzarsi, il respiro si faceva sempre più regolare e dalla mia testa iniziarono a sparire le immagini che fino a quel momento erano fisse dentro di me.

Serkan si avvicinò, Aveva capito che ero spaventata ma non sapeva cosa fare.
Non si aspettava questa mia reazione.

"Piccola, ti ho spaventata?"

"Serkan, cosa ne pensi? Ti sembra normale andare in giro con una macchina che ha i finestrini oscurati? Ti sembra normale suonare sotto casa mia? Ti sembra normale non farmi sapere che saresti venuto a prendermi?
Perciò si, mi sono spaventata. Avevo il cuore a mille e una paura alquanto comprensibile. Non farlo ma.."

Non mi fece finire di parlare che le sue braccia avvolsero il mio corpo.
Mi tenne stretta per un po'.
Non voleva lasciarmi andare.

"Serkan basta"

"piccola, ti chiedo scusa. Volevo farti una sorpresa e alla fine è andato tutto male. Non volevo spaventarti né tantomeno che tu ti arrabbiassi"

Rimasi in silenzio e lui continuava ad abbracciarmi.

"Puoi lasciarmi?" Gli domandai con un tono alquanto duro

"No." Mi rispose con lo stesso tono.

"Non mi fai respirare così"

"Ti lascio solo se mi dici che mi perdoni e che vieni a scuola con me"

Rimasi in silenzio, ancora una volta.

"Nulla? Non vuoi dire proprio nulla? Non vuoi venire con me? Non vuoi perdonarmi?" Iniziò a domandarmi senza prendere un respiro.

"Lasciami Serkan." Quasi urlai.

Serkan si staccò immediatamente da me e mi guardò come se l'avessi ferito.

Mi pentii immediatamente per il tono che avevo appena usato, il suo viso mi trasmise dolore e questo fu in grado di farmi sentire in colpa.

Lui si voltò e andò verso l'automobile.

"Scusa" sussurrai.

Lui non mi sentii, l'avevo detto davvero a bassa voce.

"Scusa" dissi alzando un po' di più la voce.

Ma lui continuava a camminare.

Mi sentiva o faceva finta di non sentirmi?

Buttai lo zaino a terra e iniziai a correre, mi misi davanti a lui e senza dire una parola, lo abbracciai.
Lo abbracciai forte ma lui non sembrava ricambiare.
Ancora appoggiata al suo petto, gli presi le braccia e gliele misi intorno a me.
Non sembrava opporsi, non sembrava dispiaciuto per questo gesto ma non potevo saperlo perché non riuscivo a guardarlo negli occhi.

Presi coraggio e alzai il viso.

"Scusami, non volevo trattarti così." Gli dissi sinceramente

Rimase in silenzio.

"Davvero Serkan, credimi. Mi hai davvero spaventata. Mi ero già immaginata in brutte condizioni, avevo paura che qualcuno potesse farmi del male"

Prese un respiro profondo e disse:

"Fin quando starai con me, niente e nessuno potrà mai, e dico mai, farti del male."

E ora? Ecco che entrai nel panico. Cosa potevo dirgli?

"Peccato che io non possa dire la stessa cosa" dissi con un tono dispiaciuto.

"Io non avrò mai bisogno del tuo aiuto, avrò solo bisogno di te per l'intera vita"

Lo guardai negli occhi e una lacrima mi percorse il viso.
Era l'emozione che si faceva viva.

"Piccola, che succede?"

"Nessuno mi aveva mai detto queste cose"

"Perché non ancora incontravi quello giusto. Ora ci sono io con te. Questa è una promessa"

Lo guardai ancora dritto negli occhi, lo presi per mano, intrecciai le mie dita alle sue e iniziammo a camminare verso la macchina.
Proprio come una vera coppia.

YOU ARE MY SUNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora