Capitolo 28

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SERKAN

Ero sempre più confuso.

Tessa, Andrea.
Questa situazione era psicologicamente insostenibile.

Pochi minuti dopo arrivò Tessa con il nostro ordine e si sedette proprio accanto a me.

Ma cosa stava facendo?
Perché doveva mettermi in difficoltà?
Cosa voleva davvero da me?

Non potevo far altro che restare al mio posto.

"Serkan, allora, come stai?" Mi chiese entusiasta.

Perché era felice?
Perché non mi stava aggredendo per come l'ho trattata questa mattina a scuola?
Era tutto troppo strano, c'era qualcosa di cui, io, non ero a conoscenza.

"Tutto bene Tessa, tu?"
Le chiesi per gentilezza.

Volevo sentire Andrea, volevo stare con lei ma questo, non era sicuramente il momento migliore per chiamarla.

"Bene, grazie." Rispose.

Iniziammo a parlare del più e del meno, lei raccontava alcuni aneddoti di quando eravamo piccoli e Tony non faceva altro che ridere immaginandosi me da bambino.
Era bello ripercorrere con lei alcune tappe della mia vita ma il suo obbiettivo, in questa città, non era di certo ricordarmi la mia infanzia felice.

O forse sì.

Era tutto così strano.

Dopo circa un'oretta, Tony ed io, decidemmo di andare.
Ci dirigemmo al bancone, chiedemmo il conto e pagammo.

"Ciao Serkan, ci vediamo. Salutami la tua ex ragazza" mi disse con un sorriso malizioso.

"Ciao Tessa ci ved..."

La mia cosa?
Ex ragazza?
Ma cosa stava dicendo?

Non stavo capendo più nulla ma di una cosa era sicuro, Tessa doveva tornare immediatamente a Jacksonville.

Uscii dallo Starbucks e Tony mi guardava in modo interrogativo.

"Hai sentito cosa ha detto?" Mi chiese Tony.

"Si amico, certo che ho sentito." Gli dissi ancora molto confuso.

"Non vuoi far nulla in merito?" Mi chiese

"Per lei farò di tutto" gli risposi senza esitazione

Ex?
Tessa?
Cosa era successo quando ero al bar?
Tessa aveva incontrato Andrea?
Cosa le aveva raccontato?
Ero immerso nelle domande senza risposta e detestavo stare in questa posizione.

Decisi di andare a casa di Andrea per chiarire e per sapere cosa fosse successo.

Corsi dal bar fino a casa sua e suonai il campanello ma ad aprirmi la porta fu la signora Taylor.

"Salve signora Taylor, c'è Andrea?" Chiesi quasi senza fiato.

"No figliolo, Andrea non c'è. È uscita da un po'. Mi aveva detto che passava dallo Starbucks vicino casa e poi andava a farsi un giro con Carlotta" mi rispose gentilmente.

Starbucks?
Vicino casa?
Io ero lì, perché non l'avevo incontrata?
Mi stava evitando?

La chiamai ripetutamente ma ogni volta rispondeva la segreteria.

Non capivo il motivo di questo comportamento così insolito.

Iniziai a camminare per la città, nei luoghi più comuni per vedere se riuscivo ad incontrarla ma questo non accadde.

Decisi, così, di inviarle un messaggio.

"Amore mio, non so cosa stia succedendo, ma ti stai comportando in modo strano. Possiamo parlarne?
Sappi che ti amo. Ciao"

La risposta, stranamente, non tardò ad arrivare.

"Serkan, in questo momento non ho voglia di vederti ne tanto meno di parlarti. Ciao"

Era successo qualcosa.
Ora ne ero sicuro.
Avrà scoperto la verità?
Avrà scoperto la bugia?
Avrà scoperto che io e Tessa siamo stati insieme?

"Io invece ho bisogno di vederti. Dimmi dove sei" le risposi.

"Patrick mi sta accompagnando a casa. Ci vediamo lì fra 10 minuti."

Patrick?
Chi era questo Patrick?
Cosa ci faceva con la mia ragazza?
O forse ex.
Perché la stava riportando lui?
Non avevo mai sentito questo nome in città.

Ma cosa potevo fare se non andare sotto casa di Andrea ed aspettarla?

Così feci.
Mi piazzai sul bordo del marciapiede aspettando che questo Patrick riportasse la mia ragazza a casa.

Dopo precisamente 18 minuti arrivò un'automobile che si fermò proprio davanti a me.
Mi alzai, guardai in cagnesco il ragazzo che invece mi salutò con un sorriso, e aspettai che Andrea mi venisse incontro.

"Che vuoi Serkan?" Mi chiese lei senza darmi il tempo di salutarla.

"Voglio sapere cosa è successo. Hai evitato le mie telefonate e ... "

Non mi fece finire di parlare che mi interruppe.

"Serkan, non sono il tipo che fa scenate, soprattutto per un ragazzetto immaturo ed infantile.
Quando ti ho presentato Tessa, hai cambiato espressione e questo mi ha fatto dubitare di te.
Quando sono tornata a casa e ho iniziato a cercare qualcosa.
Ho scoperto che siete stati insieme e questo, fondamentalmente, non è un problema perché quando ho deciso di stare con te già sapevo che avevi avuto un passato. Ed era normale che tu avevi avuto una ragazza e che eri stato innamorato di lei ma quello che mi ha fatto andare fuori di me è stata la bugia.
La bugia così sfacciata, vi siete presi gioco di me.
Ma con chi credi di aver a che fare?
Odio le bugie e odio chi le dice... perciò in questo momento ti odio.
Ti odio perché hai distrutto la fiducia che avevo riposto su di te, ti odio perché mi stai ferendo, mi stai spezzando il cuore. Ti odio perché hai preferito mentire anziché dirmi la verità."

E quando finì, le lacrime iniziarono a scorrerle come un fiume in piena.
Volevo abbracciarla ma sapevo che mi avrebbe respinto perciò preferii parlarle.

"Andrea, so di aver sbagliato.
Mi sono pentito immediatamente per quello che avevo fatto ma devi sapere che ogni cosa l'ho fatta per te.
Ogni bugia l'ho detta per non farti stare male.
Sapevo che, se ti avessi detto la verità, tu saresti diventata insicura e avresti dubitato del mio amore per te.
Non volevo farti soffrire, devi credermi" le confessai.

"E cosa pensi di aver fatto in questo modo? Guardami Serkan, guardami. Con te riesco solo a piangere, con te riesco solo a soffrire. Perché non riusciamo ad essere felici? Perché ogni cosa deve essere rovinata?" Mi disse in lacrime e con la voce spezzata.

"Io non voglio farti soffrire piccola, non ho mai voluto questo.
Probabilmente, senza volere, lo sto facendo ma sappi che tutto quello che provo per te, non l'ho mai provato per nessuna, neanche per lei."

Non sapeva più cosa dire.
Riusciva solo a piangere, non voleva guardarmi, sfiorarmi, toccarmi.

Non mi voleva lì con lei, l'avevo capito.
Le presi la mano ma la ritrasse subito.
Mi stava respingendo, ed era tutto più che normale da parte sua.

"Scusami piccola" le dissi.

Lei ormai non rispondeva più.
Era davanti a me, con lo sguardo perso nel vuoto.

"Scusami." Le ripetei con la voce spezzata e con le lacrime che minacciavano di uscire.

Nulla.
Nessuna reazione.
Nessun movimento.
Solo respiri a singhiozzo.

"Ti amo" le dissi.

A quel punto mi guardò e si accorse del mio stato d'animo.

YOU ARE MY SUNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora