Capitolo 29

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ANDREA

Dopo aver ricevuto il messaggio di Serkan, chiesi a Patrick di accompagnarmi a casa.

Ormai era buio e non me la sentivo di tornare a casa da sola.
Avevo paura.

Patrick si dimostrò molto disponibile e molto gentile nei miei confronti.
Lo conoscevo da quando ero piccola, ma guardandolo, era come se non lo avessi mai conosciuto davvero.
I suoi atteggiamenti erano diversi.
Era diverso il modo in cui mi guardava, in cui mi parlava, in cui mi sfiorava la mano dopo aver cambiato la marcia.

Quando arrivammo sotto casa mia, Serkan era già li, seduto sul marciapiede con un viso sconvolto.
Patrick non si preoccupò di Serkan e mi salutò con un bacio sulla guancia, e il contatto con sue labbra mi fece immediatamente arrossire.

"Ciao piccolina, ci vediamo presto" mi disse con un tono dolce.

"Ciao Patrick, grazie mille per il passaggio." Gli risposi, scendendo dalla macchina.

Patrick partì, e mi trovai davanti a quel che doveva, teoricamente,  essere il mio ragazzo.

"Serkan cosa vuoi?" Gli chiesi senza un minimo di emozione.

"Voglio sapere cos'è successo ..."

Lo bloccai immediatamente.
Non volevo sentire altro.
Gli dissi tutto, tutto quello che avevo scoperto, tutto quello che provato.
Gli dissi delle mie ricerche, di Tessa, del loro amore, del loro squallido comportamento nei miei confronti e gli dissi persino che lo odiavo.

Non era vero, lo amavo più di me stessa ma quando qualcuno mi ferisce, dico cose buttate lì, senza pensare alle conseguenze.
Questo era un difetto che mi portavo da quando ero piccola ma ero fatta così, il mio essere impulsiva, a volte, mi fregava molto bene.

Quando gli dissi "ti odio" il suo sguardo cambiò.
L'avevo ferito.
Avrei fatto di tutto per rimangiarmi quelle parole, per poter tornare indietro ma non era possibile.

Si scusava, si scusava ad ogni frase, ad ogni sguardo era come se mi urlasse di perdonarlo.
Testa e cuore erano due poli opposti, come il nord e il sud, come l'est e l'Ovest. Non riuscivano ad andare d'accordo soprattutto quando la persona in questione era Serkan.

"Ti amo" mi disse.
Tendevo a tenere lo sguardo altrove, ma questa volta non potei fare a meno di guardarlo.
Alzai gli occhi e a quel punto vidi una lacrima.
Stava piangendo.
Era lì, davanti a me, con le lacrime che gli graffiavano il volto e con un cuore a pezzi, proprio come il mio.

Non sapevo cosa fare.
Lui mi aveva ferita, mi aveva mentito, aveva preferito tenermi nascosto la storia con Tessa.
Potevo fidarmi di una persona così?
La fiducia pian piano stava mancando, i dubbi mi stavano mangiando viva.

Non riuscivo più a vederlo così, ma davvero non sapevo più cosa fare.
Non mi guardava, si stava vergognando delle sue lacrime, aveva voglia di sparire, sicuramente quello non era il luogo in cui voleva stare in quelle condizioni.

Gli presi la mano, per farlo tornare nella realtà.
Era come se fosse partito con la testa e fosse lì solo fisicamente.

Al mio tocco alzò immediatamente il viso, mi guardò intensamente come se volesse capire, dal mio semplice sguardo, se l'avessi perdonato.

Si avvicinò per baciarmi ma io mi scostai.
Non riuscivo a baciarlo e non volevo fraintendesse le mie intenzioni che erano ben lontane dal perdono.

Al rifiuto, mi baciò sulla guancia e se ne andó.

Mi sentii in colpa, ma questa volta dovevo pensare a me, dovevo pensare ai miei sentimenti e al dolore che mi aveva causato.

Appena scomparse in lontananza entrai a casa.
Non avevo la forza per far nulla, non avevo neppure voglia di mangiare così andai immediatamente in camera mia, mi coricai a letto e mi addormentai.

Dormire mi aiutava, mi aiutava a non pensare e a staccare la spina dalla vita reale, dalle situazioni che mi circondavano.
Avevo bisogno di tutto questo, avevo bisogno di andare in un mondo parallelo per un po', in un mondo dove i miei problemi erano solo frutto della mia immaginazione, dove le persone non erano reali, e dove il dolore era del tutto relativo.

YOU ARE MY SUNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora