Capitolo 16

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ANDREA.

Salimmo in macchina ed io non sapevo cosa fare.
Appena partimmo tolse ogni piccola distanza che c'era tra di noi prendendomi istintivamente la mano.

Le nostre dita si incrociarono come se quello fosse il loro posto perfetto.
Come se quello spazio fra le dita fosse fatto apposta.

Guardavo le nostre mani e poi guardavo lui.
C'eravamo noi, tutto il resto del mondo era scomparso.

Partì alla radio improvvisamente una canzone.

Count on Me di Bruno Mars.

Ho sempre amato Bruno Mars e questa canzone è un qualcosa di troppo speciale. Ho sempre sperato di riuscire a trovare una persona al quale dire quelle parole.

"you can count on me like 1,2,3 i'll be there and i know when i need it i can count on you like 4,3,2 you'll be there"

Sono sempre state le parole che volevo dedicare, che volevo cantare, ma non ad una persona qualunque, ad una persona speciale che ora aveva un nome: Serkan.

"Te la dedico piccola" interruppe ogni mio tipo di pensiero.

"Cosa?" Risposi sorpresa.

Non potevo crederci, mi stava dedicando la canzone, la mia canzone.

"Si piccola, hai sentito bene."

Mi guardò dritta negli occhi e con un sorrisetto continuò a guardare la strada.

"Serkan, questa è la mia canzone preferita, è il mio cantante preferito. Amo questa canzone da quando è uscita e sono già passati più o meno 3 anni. Ho sempre voluto un giorno dedicarla a qualcuno che per me fosse speciale..." Ammisi, con il cuore in gola.

"Allora da oggi in poi non sarà più la tua canzone, bensì la nostra canzone" disse lui emozionato.

"Oh Serkan non sai quanto ti a..." E mi bloccai immediatamente.

Gli stavo dichiarando il mio amore?
Davvero mi stavo spingendo così tanto oltre?

Andrea fermati, ma cosa stai facendo. Mi urlò il mio subconscio.

Ormai aveva capito cosa volessi dire.
Non potevo fare più niente.

"Scusa?" Mi chiese confuso.

Diventai paonazza.
E ora cosa gli rispondo?

Inizio a tossire per far finta di nulla o mi butto giù dalla macchina in movimento?
Ecco i pensieri che avevo in testa in quel preciso momento.

Iniziai a tossire.

"Ti senti bene piccola?" Chiese preoccupato.

"Sì certo, sto bene"

"Allora cosa mi stavi per dire?" Insistette.

"Niente Serkan, che ti a...doro. Si ecco, ti adoro, davvero! " mi inventai.

Fu un'ottima idea, per fortuna ero riuscita a scamparmela da quel momento di imbarazzo assoluto.

Appena pronunciai quelle parole il suo viso cambiò.
Diventò cupo, senza più una piccola luce, il suo sguardo si perse nel vuoto e la sua mano non era più incrociata alla mia.
Mi sono sentita così stupida.
Così stupida a dire una cosa del genere.
Non dovevo farmi scappare niente.
Certamente non era mia intenzione dirgli in questo modo che lo amo, ma ormai cosa potevo fare?

Non volevo sbilanciarmi troppo, dopo tutto era la prima volta che provavo tutte queste emozioni e volevo esserne davvero sicura prima di dire una cosa così importante.

Il suo sguardo non cambiava.

Pochi minuti dopo arrivammo a scuola, scendemmo dalla macchina ma lui non mi degnò di uno sguardo.

Scese velocemente e si diresse verso i suoi amici.

Perché mi stava trattando in questo modo?
Cosa pensava?
Che gli avrei detto "ti amo" dopo una settimana?
Probabilmente ha incontrato solo quel tipo di ragazze ma io non sono così. Ho i miei tempi e pretendo che vengano rispettati.

Bene, ora ero su di giri anche io.

Chiusi forte la portiera della macchina e andai verso Carlotta.

"Cosa è successo amica? Ti vedo arrabbiata." Mi chiese lei appena mi vide.

"Nulla, ti racconterò tutto più tardi." Tagliai corto.

Annuì ed entrammo subito a scuola.
Era come se avesse capito che di mezzo c'era Serkan.

Non ricordavo neppure se avevo riferito a Carlotta tutto quello che era successo negli ultimi giorni con Serkan.
Le racconterò tutto nell'ora di pranzo.

Iniziarono le lezioni e io ero molto distratta.
Non mi capitava mai... Ma da quando ho incontrato Serkan era abbastanza ricorrente.
È stato capace di stravolgere tutta la mia vita in pochi giorni.

Ogni campanella, che segnava la fine della lezione, mi sembrava una tortura. Non volevo incontrare Serkan per i corridoi, non volevo guardarlo, vederlo parlare con le ragazze, vederlo sorridere con altre persone e sapere che, al tempo stesso, era arrabbiato con me.

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