Capitolo 5

111 14 7
                                    


La mattina seguente mi svegliai di buon umore, stranamente. Forse era perché potevo finalmente confidarmi con qualcuno che mi capisse, qualcuno che non mi aveva scansata perché ero inquietante o non avevo i genitori, qualcuno che anche se aveva problemi più grandi dei miei mi ascoltava.

Io non conoscevo ancora bene Evan ma già sapevo che mi avrebbe cambiato la vita.

Quella mattina indossai un vestitino beige con la gonna a giro, converse bianche e spolverino ricamato color beige. Stavo migliorando dal punto di vista estetico, non amavo i vestiti, ma volevo cambiare.

Arrivata a scuola filai dritta in classe. Era l'ora di letteratura, la mia materia preferita, anche se avrei preso la facoltà di psicologia e medicina all'università, la letteratura rimaneva pur sempre una delle mie tante competenze. Ed è bene avere molte competenze, così se una non soddisfa abbastanza ce ne sempre un'altra.

A ricreazione non avevo visto Evan, e neanche all'uscita di scuola. Forse aveva deciso di non venire più per non vedermi. No, non era il tipo. Era un ragazzo problematico come me, non poteva avere paura del mio passato, di me.

Quel giorno non pranzai, ricordo che il signor Grey si arrabbiò molto, lui voleva solo il mio bene, e non gli piaceva quando ero depressa, aveva paura che tornassi a tagliarmi, ma non avrei mai ricominciato, so quanto sangue ho perso, e so che mi hanno ricoverato per quasi due settimane, in più ho dovuto fare un anno di terapia dal Dr. Crown, il quale non mi era del tutto simpatico.

Dopo un pisolino durato due ore decisi di andare in biblioteca per finire di leggere il libro che avevo preso il giorno prima.

Mentre ero lì che leggevo pensai a ciò che avevo fatto all'età di 4 anni, forse era la mia immaginazione che me lo faceva pensare in quel modo, forse non ero stata io a dare fuoco alla casa, non poteva essere possibile, dovevo avere poteri sovrannaturali o cose del genere, ma non esistevano, o almeno io non li avevo, altrimenti si sarebbero manifestati in altri episodi della mia vita, e invece solo in quella occasione. Ma non poteva essere del tutto casuale il fatto che io nel momento in cui la casa prese fuoco ero fuori in giardino a sperare che la mia famiglia morisse.

-Ma tu stai sempre a leggere- disse un voce familiare.

-È l'unico modo che conosco che mi aiuta a distrarmi- mi voltai, e vidi il viso di Evan davanti al mio.

-Ma ti sei distratta lo stesso, a cosa pensavi?

-Che fine hai fatto oggi? Non c'eri a scuola.

-Ho avuto un imprevisto. Hai notato la mia assenza- disse lui facendo un sorriso malizioso. Un sorriso mai visto prima di allora.

-Si, beh, tu esci sempre fuori all'improvviso. Ogni volta che mi giro tu ci sei sempre, e oggi non ti ho visto fare lo stalker e mi sono preoccupata- rise. Risi di rimando.

-Giusto. Mi dispiace non aver fatto lo stalker oggi. Mi farò perdonare ora- mi prese la mano e mi portò fuori da quell'edificio che tanto amavo.

-Credo che non riuscirò mai più a leggere per colpa tua- misi il broncio.

-Ogni tanto devi dare uno sguardo anche alla vita reale, ti accorgerai che ci sono persone che vorrebbero passare del tempo con te, che vorrebbero la tua attenzione, e vorrebbero che tu vivessi la tua vita al meglio- Evan aveva ragione, cioè l'unica persona che voleva che io vivessi la mia vita al meglio era il signor Grey, ma era comunque qualcuno.

-Anche il signor Grey me lo dice spesso.

-E chi è il signor Grey? – chiese lui accigliato.

-Ehm...il mio padre adottivo.

-E perché lo chiami signor Grey?

-Perché si.

-Melanie- chiese insistente.

-È complicato.

-Dai.

-Vedi, è che il mio vero padre era un bastardo, e ogni volta che facevo il suo nome era per pregarlo di non stuprarmi, e ogni volta che dico la parola "papà" mi vengono in mente quegli orribili momenti, e preferisco chiamarlo signor Grey.

-E lui non ti dice nulla? Non lo trova...strano?

-Si. Si arrabbia sempre, lui vuole che lo chiami con quella parola.

-Dovresti chiamarlo papà- mi guardò in un modo che nessuno aveva mai fatto. Non l'avevo mai notato, ma aveva dei bellissimi occhi color nocciola, delle leggerissime lentiggini sul naso e delle labbra finissime. Delle labbra finissime e rosa. Non potevo concentrarmi sulle sue labbra, era del tutto impensabile. Non era da me.

Mi alzai in piedi e mi incamminai verso casa.

-Melanie dove stai andando? – chiese lui urlando. Non risposi.

-Melanie vieni qua.

-No- dissi decisa.

-Dai torna qua.

-Ho detto di no- dissi urlando, non un banale urlo, quando pronunciai quelle parole piene di ira si alzò una specie di tornado che svanì solo dopo la mia reazione accigliata. Guardai Evan spaventata.

-E questo cos'era?

-Credo che tu abbia scatenato un tornado Melanie- disse lui ridendo.

-Non ci trovo nulla di divertente. Hai visto cos'è appena successo? Non posso averlo fatto io. Sono una persona normale.

-No, tu non sei una ragazza normale Melanie, tu sei speciale, e meriti di esserlo- mi diede un abbraccio, che mi calmò. Un abbraccio stupendo, uno di quelli che si vedono nei film e si leggono nei libri, un abbraccio caloroso mai ricevuto prima, un abbraccio che avevo cercato tanto ma che non avevo mai ricevuto. Era di quello che avevo bisogno, era ciò che mi serviva per sentirmi bene con il mondo.

The light bringer || Lucifer #wattys2018#Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora