Capitolo 28

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Mi svegliai di soprassalto quando il rumore di un fischietto si fece spazio nelle mie orecchie.

L'angelo davanti a me, indossava una tuta bianca aderente sui polpacci e una felpa rosa confetto, i lunghi capelli castani erano raccolti in una coda alta.

-Buon giorno anche a te, Vehuiah- dissi sfregando le mani sugli occhi.

-È ora di alzarsi.

-Ma sono le cinque del mattino, fuori è ancora buio- dissi assonnata.

-Dobbiamo fare la corsa mattutina- disse lei rovistando nel mio armadio.

-Corsa mattutina? Ma io non corro- dissi ributtandomi sotto le coperte.

-Dovrai cominciare a farlo- disse buttando sul letto una tuta grigia.

-Io non metto tute.

-Da oggi imparerai a mettere anche le tute, alzati- disse suonando di nuovo il fischietto. Quando riuscii ad alzarmi dal letto, un Edmund in pigiama e leggermente allarmato entrò in stanza.

-Cos'è successo? Come mai già sveglie? – chiese preoccupato.

-La signorina ha deciso che dobbiamo andare a correre- sbuffai, mostrando la tuta ad Edmund.

-Bene, finalmente comincerai a fare un po' di sport, sono fiero di te- disse Edmund con un sorriso stampato sulla faccia.

-Non ti ci mettere anche tu, Edmund, sai che odio le tute, e odio lo sport.

-Si, lo so- disse ridendo –almeno provaci- disse facendomi l'occhiolino, per poi tornare in camera.

Appena Edmund uscì dalla stanza, indossai la tuta grigia e andai alla ricerca di una felpa da mettere sopra. Di felpe ne avevo molte, ma scelsi la mia preferita, quella bordeaux con il cappuccio. Avevo solo un paio di scarpe da ginnastica, quindi dovetti prendere quello. Usavo spesso le converse, ma non era la stessa cosa.

-Sei pronta? – chiese l'angioletto vicino a me.

-Si, mi lego i capelli e possiamo partire.

Vehuiah, aveva scelto il percorso, da casa mia fino alla chiesa, per poi fermarci al bar al ritorno per fare colazione, e tornare a casa.

Arrivate davanti alla chiesa, decisi di sedermi sulle scalette per riprendere fiato, anche se avevamo percorso due chilometri ero stanchissima, Vehuiah non mi aveva fatto fermare neanche cinque secondi per riprendere fiato, era molto rigida.

-Ti senti più legata al tuo corpo vero? – chiese lei respirando con regolarità.

-In realtà mi sento che sta per partirmi un polmone- dissi mettendo una mano sul petto per cercare di regolarizzare il respiro.

Quando mi alzai per ricominciare a correre notai qualcuno uscire dalla chiesa. Aguzzai di più la vista per vedere chi fosse, e scoprii un Evan preoccupato.

-Evan- lo chiamai. Lui mi notò, e s'immobilizzò alla mia vista, poi si diresse verso di me.

-Hey piccola, cosa ci fai qui? – chiese più rilassato, posandomi un bacio sulle labbra.

-Vehuiah mi ha costretto ad alzarmi dal letto, per venire a correre- dissi sbuffando.

-Ah, c'è anche lei- sbuffò anche lui.

-Smettila, non ti ha fatto nulla, è gentile e simpatica, non capisco perché tu ce l'abbia tanto con lei, e non può essere solo perché è amica con Michele.

-Invece si, e ora dovrei proprio andare. Ci vediamo dopo a scuola- disse scontroso. Poggiai una mano sulla sua spalla.

-Evan- girò la testa di novanta gradi –non ti agitare, okay? – annuì debolmente ed andò via.

-Non devi difendermi, tranquilla, io ci sono abituata, lui ce l'ha sempre avuta con me.

-Sempre? – chiesi confusa.

-Si, sempre. Da quando ci siamo conosciuti- disse senza troppi dettagli, che io volevo assolutamente, volevo capirci di più in quella storia, e se nessuno dei due voleva dirmi nulla avrei chiesto ad Azrael, che sicuramente in cambio di qualche favore mi avrebbe detto tutto.

Arrivate a casa, feci una doccia veloce e strizzai i capelli. Dall'armadio presi una maglia color panna di cotone con scollatura a "v" e una salopette di jeans non troppo larga, per completare l'outfite, misi le Superga bianche.

I capelli nel frattempo si erano asciugati. Prima di uscire di casa presi dall'appendiabiti uno spolverino di lana, sempre color panna.

Nella strada per andare a scuola incontrai Azrael, vestito tutto di nero, come sempre d'altronde, e quei capelli messi a spazzola.

-Ciao- dissi affiancandomi a lui.

-Hey- disse lui sorridendomi –come va con Vehuiah? È molto severa vero?

-Si, troppo- dissi sospirando –a volte, però, sembra gentile.

-È la sua faccia d'angioletto che te lo fa credere, non è gentile, anzi è molto stronza- disse ridendo.

-Stronza? Vehuiah? Ma se è l'angelo più carino e dolce che esista- dissi, ma non credetti ad una sola parola di ciò che dissi, non è che conoscessi molti angeli.

-Non è così, diciamo che è una delle più stronzette, con te si comporta bene solo perché gliel'ho fatto promettere. Sembra gentile, ma non fidarti troppo, te lo dico come amico.

-Quindi mi hai lasciato nelle mani di un despota? – feci ironica.

-Praticamente, si.

-Grazie mille, neanche la volevo una guida, hai fatto tutto tu, potevi almeno sceglierne una che fosse veramente gentile- dissi sbuffando, pensando che forse era il momento giusto per chiederglielo, tirai fuori l'argomento Evan/Vehuiah –Azrael, posso farti una domanda?

-Tutto quello che vuoi.

-Che tipo di problemi ci sono fra Evan e Vehuiah? Mi sembra che ci sia un po' di attrito, no? – lui mi guardò con il tipico sguardo di qualcuno che sapeva dove sarei andata a parare.

-Tanto non te lo dico- disse, confermando ogni mio dubbio.

-E dai, Azrael, se me lo dici faccio qualsiasi cosa, per favore? – lo supplicai.

-Devo pensarci Mel, non potrei dirtelo, è un segreto, anche se lo sa mezzo paradiso.

-Allora è un segreto per chi?

-Per te- disse, e si tappò subito la bocca.

-Per me? Azrael, dimmi subito che succede fra quei due? Perché non dovrei saperlo? – alla mia ultima domanda si accesero un paio di neuroni vaganti nel mio cervello –Sono stati insieme- dissi con gli occhi sbarrati ed una mano davanti la bocca.

The light bringer || Lucifer #wattys2018#Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora