Capitolo 35

27 5 1
                                    

-No! – dissi decisa alla ragazza davanti a me.

-Devi tirargli solo uno stupido sasso- gridò lei severa.

-Non tirerò un sassolino ad un povero uccello. Non se ne parla.

-Ma è solo un piccione. Non sono neanche considerati uccelli, avanti- disse lei più insistente.

-Come scusa? Solo un piccione? Non dovresti essere un angelo? Gli angeli teoricamente non dovrebbero essere buoni? – gli feci notare.

-È anche malaticcio, non se ne accorgerà neanche.

-Ma me ne accorgerò io!

-Se continui così non sarai mai pronta- sbuffò lei.

-Non voglio essere pronta.

-Come? Credo di non aver capito- disse lei sorpresa.

-Invece hai capito bene. Non voglio essere pronta. Deve esserci un altro modo per scacciare il demone. Non voglio ucciderlo, non ci riuscirò mai, okay?

-Spero tu stia scherzando. Se Michele verrà sulla terra sarà la fine per tutti noi chiaro? Quindi cerca di farcela, devi togliere di mezzo quel maledetto demone.

-Perché? Perché dovrei rimediare ad uno sbaglio che tu hai fatto? Io non voglio accoltellare l'unica persona che sia riuscita a capirmi, non me la sento, preferirei mille volte farmi uccidere da Michele.

-Non sai quello che dici ragazzina. Michele non è un angelo qualunque, lui può letteralmente farti a pezzi, e nessuno riuscirà a ricomporti, neanche Dio in persona. Ammesso che esista- disse alzando gli occhi al cielo.

-Non credi in Dio? Ma sei un angelo.

-Se esistesse non ci lascerebbe girare liberamente sulla terra, ci avrebbe già ripudiati e mandati all'inferno.

-Allora come c'è finito Evan all'inferno? – chiesi perplessa.

-Credo ci sia finito per redimersi. Si è creato un posticino tutto per lui, perché ormai tutti lo odiavano in paradiso- fece spallucce. Annuii e mi incamminai verso casa.

-Dove vai ragazzina?

-A casa. Non ho voglia di uccidere degli animaletti innocenti. Magari domani portami un serpente velenoso, forse lo ucciderò- feci spallucce e continuai per la mia strada, con Vehuiah che m'imprecava dietro.

Rientrata in casa andai velocemente a farmi una doccia, e mettermi qualcosa di semplice. Diedi un'asciugata veloce ai capelli ed uscii di casa per andare a scuola.

Uscita di casa sentii una goccia scivolarmi sul viso, alzai la testa per capire se stava effettivamente piovendo o era solo frutto della mia immaginazione. Stava realmente piovendo. Rientrai in casa per cercare un ombrello, che con la mia fortuna non trovai, quindi mi chiusi dietro la porta di casa, e con lo zaino in testa mi diressi verso la scuola. Il tempo del Maine era spesso e volentieri orribile, ma ormai c'avevo fatto l'abitudine. Nel tragitto incrociai un ragazzo che non avevo mai visto, non che dessi molta importanza alle persone, loro non ne davano a me d'altro canto, ma mi sarei ricordata di uno come lui. Alto, ben piazzato, capelli castani leggermente lunghi, occhi verdi e labbra a cuoricino. Sembrava avere più di vent'anni. Feci finta di nulla e proseguii, passandogli accanto, e attirando la sua attenzione cadendo a terra, sbattendo la faccia. "Imbecille" gridai dentro di me. Il ragazzo si avvicinò e mi porse la mano, sorridendo.

-Ti sei fatta male? – disse con un'espressione corrucciata, che tra l'altro gli evitò un'occhiataccia da parte mia per la stupida domanda appena postami.

-Direi proprio di sì.

-Che stupido! Ovvio che ti sei fatta male, sei caduta a terra- disse grattandosi la nuca.

-Tranquillo. Grazie per l'interessamento. Altri avrebbero cominciato a ridere e avrebbero proseguito per la loro strada- dissi prendendo la sua mano per alzarmi in piedi.

-Comunque io sono Dean.

-E io sono Melanie- al mio nome Dean fece un mezzo sorrisetto.

-Abiti qua Melanie? – curiosò lui.

-Si. Perché vuoi saperlo? – feci sospettosa.

-Così, tanto per fare conversazione. Ci vediamo in giro, Mel- mi fece l'occhiolino e sparì dalla mia vista in pochi secondi, come per magia. Scossi la testa per l'assurdità appena pensata e proseguii lungo il tragitto verso scuola.

Arrivata in quel covo di arpie, misi giù lo zaino ormai fradicio e lo sgrullai. Entrata in classe notai un Azrael cupo con la testa tra le mani. Feci il giro del tavolo, misi lo zaino a terra e mi sedetti accanto a lui.

-Azrael. Tutto bene? – chiesi poggiandogli una mano sulla spalla. Non rispose, emise solo un sospiro.

-Perché sei così...triste? – come risposta, stavolta, ebbi uno sguardo agghiacciante fisso nei miei occhi. Continuò a fissarmi a lungo, il che mi fece preoccupare, e anche un po' spaventare. Era abbastanza inquietante. Al suono della campanella Azrael si ricompose e guardò avanti, fisso sulla lavagna. Io rimasi perplessa a guardarlo e dopo un po' una vocina nella mia testa mi disse "Non farci caso". Mi guardai intorno per accertarmi che nessuno avesse parlato, ed era così, nessuno l'aveva fatto. Era Lilith. Ne ero certa, poteva essere solo che lei. O forse stavo andando in paranoia e la voce l'avevo soltanto immaginata, d'altronde ero molto stressata ed era normale capitasse una cosa del genere. Ma il fatto che dopo cinque secondi il mio corpo cadde a terra senza sensi diede molto da pensare.

The light bringer || Lucifer #wattys2018#Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora