Capitolo 12

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Evan mi aveva chiesto se poteva rimanere dopo pranzo, voleva che lo aiutassi a studiare storia. Dissi di sì, ovviamente c'era il signor Grey in casa, però aveva annunciato che sarebbe andato a fare la spesa dopo le 17 e che sarebbe tornato per le 18 salvo imprevisti. Era decisamente iperprotettivo da quando aveva assistito al mio fidanzamento, Evan gli era simpatico, ma lo guardava in malo modo, sempre di sottecchi con gli occhi a fessura. Evan non gli dava corda e continuava a mangiare come se niente fosse, come se nessuno lo stesse osservando.

-Okay, credo che dovremmo andare a studiare- dissi alzandomi da tavola, mettendo fine alle frecciatine di Edmund verso il mio caro Evan.

-Ma io non ho finito di mangiare- si lamentò Evan. Lo guardai con gli occhi a fessura –Ripensandoci non ne ho più voglia- disse scansando il piatto, precipitandosi con troppa lentezza verso di me.

-Sarò di ritorno per le 18- disse con tono duro il Signor Grey rivolgendosi ad Evan, che deglutì al suo sguardo.

Edmund cominciava ad essere infastidito dalla presenza di Evan, ma non ne capivo il motivo, visto che era lui che mi proponeva di farlo restare a pranzo o di aiutarlo a studiare. Era ormai una settimana che Evan rimaneva a casa nostra per studiare, tutti i giorni. Non capivo se Edmund lo facesse perché era felice per me, o semplicemente per far capire ad Evan che lui persisteva nella mia vita da molto prima e che avrebbe continuato ad esserci per molto tempo ancora. Evan cominciava ad essere in imbarazzo ogni volta, e tentava di rifilarmi scuse assurde per non venire. Cominciavo a pensare che mi avrebbe lasciata da un momento all'altro, quindi era il momento di parlare faccia a faccia con il signor Grey e prendere una posizione.

Era domenica, e io stavo facendo colazione con Edmund, pensai fosse il momento perfetto per parlargli.

-Edmund, potrei parlarti? – annuì, prendendo un sorso di caffè –Evan è il mio ragazzo come ben sai, e avrai notato la sua assenza- annuì di nuovo –beh, a me non piace, vorrei che fosse qui. Ora ti faccio una domanda, tu sai perché non è qui? – scosse la testa intimorito, molto probabilmente conoscendo la risposta –Per colpa tua. Lo intimidisci, e lui è il mio ragazzo, è il mio primo ragazzo, oltre ad essere l'unica persona all'infuori di te a volermi bene.

-Io non voglio che tu soffra- disse intimidito il signor Grey.

-Io non soffrirò, lui non mi farebbe mai del male- sorrisi.

-Potrebbe lasciarti.

-Ne sono consapevole, ma questa è la vita, starò con lui il tempo che mi sarà concesso, è una delle tante esperienze concessemi dalla vita e dovrò farne tesoro- il signor Grey sorrise e quasi pianse dalla commozione, ormai ero grande e sapevo badare a me stessa, non avevo più bisogno di qualcuno che mi controllasse anche quando defecavo.

Nel pomeriggio incontrai Evan al nostro posto nel parco vicino alla biblioteca.

-Hey tu, straniero- salutai Evan.

-Hey, come va?

-Va che puoi venire nella mia umile casetta quando vuoi- sorrisi alla mia affermazione.

-Non voglio crederci, dici sul serio? – annuii e lui mi prese in braccio facendomi volare. Quando mi appoggiò a terra infilai la testa nell'incavo del suo collo, mi inebriai del suo odore. Aveva un odore diverso dal solito, odorava d'incenso e aveva delle scottature sul collo, mai viste prima.

-Dove sei stato? Intendo quando non ci siamo visti? – chiesi preoccupata.

-In un posto- sorrise falsamente.

-Dove sei stato? – chiesi severa.

-In chiesa- sbuffò lui.

-In chiesa? Non ci credo. Cosa sono quei segni sul collo?

-Io ho detto la verità. E i segni sul mio collo non ti riguardano- fece lui chinando la testa. Effettivamente aveva un odore d'incenso fortissimo.

-Perché eri in chiesa?

-Io non sono credente, ma ogni tanto mi dedico alla preghiera, per fatti personali- era un ragazzo misterioso, nascondeva qualcosa che avrei scoperto di lì a poco.

Eravamo seduti su una panchina nel parco già da un po' e non avevamo parlato di nient'altro che non fosse il mio "potere". Evan insisteva sul fatto che l'incendio era stato causato dalla mia rabbia verso la mia famiglia. Non dico di non averci pensato molte volte, ma pensando che fosse una cosa assurda accantonavo il pensiero ogni volta.

-Evan, io non ho poteri- sbuffai per l'ennesima volta –non esiste la magia o cose del genere.

-Ti dico di sì. Devi solo credere in te stessa. Prova ad arrabbiarti- fece entusiasta.

-E come dovre- non finii la frase che mi ritrovai a massaggiare il piede per il dolore –ma sei impazzito? Mi hai fatto male.

-Perché non ha funzionato? – chiese scioccamente.

-Forse perché io non ho poteri?!- affermai dolorante.

-Secondo me non ha funzionato perché ti piaccio troppo- disse dandomi un buffetto sulle guance.

-Si, è proprio come dici tu- dissi, dandogli poi un bacio sulle labbra. Durante il bacio ci investì un venticello caldo. Ci staccammo per lo stupore.

-Qui non tira mai vento caldo- disse lui alzando un sopracciglio –e di certo di questo periodo non si fanno vive le farfalle, soprattutto queste- disse indicando una farfalla di tipo esotico.

-A me piace di più così-sorrisi.

-Non lo trovi strano? – chiese lui sospettoso.

-Si, ma è bello! – esclamai facendo poggiare una farfalla sul mio dito.

-Non dico questo, cioè non trovi strano il fatto che quando mi hai baciato sono sbucate fuori queste farfalle e ha cominciato a fare caldo?

-Vuoi finirla con la storia dei poteri? – sbuffai a braccia conserte.

-No. Non capisci che sei speciale, quando ti arrabbi scateni tempeste, e quando sei felice sbucano farfalle. Come fai a non credere di essere speciale? – disse afferrandomi per le spalle.

-Perché non lo sono. Dai Evan smettila con queste sciocchezze da film di fantascienza- feci seria liberandomi dalla sua presa.

-Io direi più sciocchezze da film horror, ma anche fantascienza potrebbe andare- alzai un sopracciglio.

-Dai, ora basta, torniamocene a casa- lo presi per la mano.

-Casa? Insieme? Cos'hai intenzione di fare? – fece malizioso.

-Niente, solo che è tanto che non stiamo insieme e voglio dormire con te.

-Non credo sia una buona idea Mel, forse è meglio che vada- disse lasciandomi sola nel parco. Non capivo, non capivo, perché si comportava in modo strano? Mi rifiondai nell'abisso più profondo della mia solitudine, stavo per tornare la Melanie di una volta, quella che pensava solo alla sua sofferenza e non al mondo circostante, non al suo padre adottivo, perché in fondo era quella l'unica cosa che importava nella mia vita, il resto era solo uno schifo, il mondo odiava me e io odiavo il mondo, l'unica persona che era riuscita a farmelo apprezzare era stato Evan, che si comportava in modo strano, come se nascondesse qualcosa.

The light bringer || Lucifer #wattys2018#Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora