18.

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Le prime luci dell'alba si riversavano lungo i marciapiedi che costeggiavano le ville a schiera, espandendosi al reticolo intricato delle staccionate e dei prati, tutti perfettamente curati.
Nelle vicinanze, da qualche zona indefinita, il sussurro mattutino del vento.

Ciò che un ingenuo spettatore avrebbe notato, osservando la scena dall'esterno, si sarebbe ridotto ad una semplice e normale prima mattina: le sfumature gialle e rosa dell'aurora, i suoni degli animali nascosti nella vegetazione, le tranquille facciate delle case, con le finestre ancora chiuse, un'atmosfera di pace, insomma. Sarebbe apparsa una mattina come molte altre.
Ma non era vero.
Non per loro, almeno.
Lui, Dave, non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse trascorso da quando aveva trascinato il corpo di Judith, inerme, fuori da quella casa. Forse ore. Ma sarebbero anche potuti essere giorni. Aveva perso qualsiasi cognizione di tempo, spazio e realtà. Esisteva un presente, sì, ma non sarebbe stato in grado di dargli una consistenza.
Guardava lei, distesa sulla panchina, con la guancia premuta sulle sue ginocchia, mentre Christopher riversava il turbamento nella nicotina, accasciato sul marciapiede, a terra. Nessuno aveva detto una parola, nessuno si era aspettato che gli altri dicessero qualcosa.

Avrebbero dovuto, dopotutto? Ciò che era accaduto non aveva bisogno di spiegazioni. Chi ― era il pensiero che assillava insistentemente la mente di Dave ― chi poteva esser stato capace di un simile abominio? Qualcuno che non si faceva alcuno scrupolo, un essere senza cuore, di sicuro, un mostro.

Dave non aveva mai distolto lo sguardo dal viso di Judith; anche se avesse voluto, comunque, non lo avrebbe fatto. Era inevitabile perdersi a guardarla. Vedeva il bianco cereo delle guance, che ora sembravano di colpo molto più magre, il profilo del naso, gli occhi infossati, chiusi.
I capelli le ricadevano da un lato, celando buona parte del collo, e finivano sui jeans del ragazzo. Jason avrebbe dato qualunque cosa per cancellare quanto era accaduto, così che lei non soffrisse. Non la meritava, quella maledetta sofferenza.
Non meritava niente di tutto quello che le era capitato. Gli erano bastati quei pochi giorni per capire tutto, per addentrarsi nei meandri dell'anima di Judith e unirsi a lei, indissolubilmente, e per sempre.
Gli era bastato poco tempo per rendersi conto di quanto la amasse. Profondamente e sinceramente. Un sentimento che andava ben oltre il semplice interesse fisico ed intellettuale; era invece qualcosa che affondava le radici nel passato, e che era germogliato nel corso degli anni, nonostante la distanza e le vicissitudini.

Si era abbandonata contro le sue ginocchia, senza chiedere il permesso, e lui glielo aveva lasciato fare. Non serviva un permesso, non serviva niente. Sentiva l'urgenza di un contatto con lei più di quanto sentisse la necessità di respirare.
Non aveva accennato nessun movimento durante le ore d'incoscienza, solo il suo respiro aveva dato prova che fosse ancora viva.

Dave le accarezzò delicatamente la guancia scoperta, dimenticandosi di tutto il resto. Poi, all'improvviso, la voce rauca di Christopher lo distolse dai suoi pensieri.

«Dobbiamo portarla via.»
Dave sapeva che era la cosa migliore. L'eventualità di rivolgersi alla polizia non avrebbe fatto altro che alimentare l'ira di chiunque avesse commesso l'omicidio dei Wilson. Era Judith, a cui lei o lui mirava. Era Judith l'obiettivo principale; aver ucciso i suoi genitori era stato solo un avvertimento. Se fosse rimasta lì, scoperta e alla luce del sole, proprio dove era avvenuto l'omicidio, l'assassino si sarebbe rifatto vivo prima del previsto.
Annuì. Non se la sentiva di parlare. Non sapeva nemmeno se le parole sarebbero uscite dalla sua bocca, tanto era rimasto in silenzio. La morte di Jenna, principalmente, aveva creato una crepa nel suo cuore. Forse perché appena l'aveva conosciuta li aveva accolti in casa propria o forse perché gli aveva ricordato sua madre, nei gesti e i modi di fare, Dave non avrebbe saputo dirlo. Ma Jenna Wilson si era fidata di lui, di loro, e nessun altro lo avrebbe fatto.

«Chi pensi sia stato?» domandò Christopher in un sussurro, tenendo lo sguardo fisso lungo la strada silenziosa. Dave meditò a lungo, come aveva fatto tutta la notte, senza arrivare a nessuna soluzione. Chiunque fosse l'artefice di tutto quello, doveva avere dei conti in sospeso con i Wilson; antichi rancori, magari, una vendetta personale. Ma in quel caso, come si spiegava il legame con la famiglia Mulligan? Dave si sentiva inevitabilmente implicato nella faccenda. Judith avrebbe pagato le conseguenze più gravi, aveva detto quel vecchio.
Ed era successo. Sperò in quel momento che non accadesse dell'altro, ma sapeva con certezza che la decisione migliore che potesse prendere fosse allontanare Judith da lì il prima possibile.
«Dove hai lasciato la macchina? » chiese al fratello, infine, scoprendo con sgomento che la sua voce era diventata roca.
«All'hotel.»
Dave annuì, poi si schiarì la gola più volte, e il rumore, unito al movimento del suo petto, fu sufficiente a svegliare Judith. La ragazza fece leva sulle braccia per sollevarsi, lentamente; ci mise un po' a tornare alla realtà. Si passò una mano sugli occhi e inspirò a fondo, per riprendere il controllo di se stessa. Poi voltò la testa verso Dave, incontrando i suoi occhi stanchi, quanto i propri. Sembrava confusa, notò lui con amarezza, persa, come se avesse dimenticato cos'era accaduto. Ma Judith non aveva dimenticato. I ricordi, il dolore, si annidavano in lei, pronti ad esplodere al momento opportuno. Gli occhi della ragazza, per un momento, si allargarono; Dave pensò che stesse ricordando.

Tuttavia, non disse niente. Solo un tremito in corrispondenza delle labbra la tradì, e fu facilmente intuibile che stava per cedere al pianto. Prima che lo facesse, però, Dave la circondò con le braccia, assorbendo parte della sua sofferenza. Sentì il respiro bollente di Judith contro il petto, il profumo di morte e sangue dei suoi capelli espandersi nell'aria e arrivargli alle narici. Poi le sue braccia si chiusero dietro la schiena di lui e così rimasero per quelle che al mondo intero sarebbero apparse come ore.

Christopher si alzò in piedi, schiacciando con foga la sigaretta ormai spenta sotto la scarpa, poi fece un cenno al fratello e si allontanò, diretto all'hotel.
Dave sapeva che sarebbe tornato con la macchina. Poi avrebbero portato Judith lontano da tutto quell'orrore, dalla morte, dal ricordo della sua famiglia massacrata. Non era sicuro che sarebbe riuscito a proteggerla come lei meritava, ma ci avrebbe messo tutto se stesso. Fu una tacita promessa che le fece pur senza parlare, solo guardandola negli occhi.
E lei capì.
Dave seppe con certezza che comprese quella promessa quando le dita di Judith, ancora tremanti, si intrecciarono alle sue e si chiusero lungo il dorso. Non c'erano lacrime nei suoi occhi, solo tanto dolore, un dolore che lui arrivò a condividere insieme a lei. Forse, sottraendone un po', il peso da trascinarsi dietro sarebbe stato minore per Judith.

Dave sarebbe stato disposto ad assorbirlo tutto e a portarlo con sé per il resto della vita, se fosse stato possibile. Seppe, quando Judith annuì quasi impercettibilmente, che lei aveva capito anche quel pensiero.
E, in un impeto dettato dal cuore, chiuse gli occhi, lasciando che un velo di lacrime gli scivolasse lungo le guance, prima di chinarsi e di sfiorare le labbra di Judith con le proprie. Fu un bacio puro, delicato, con il quale Dave infuse nel suo esile corpo il coraggio, la forza di cui Judith aveva bisogno per sopravvivere.

Sapeva che ci sarebbe riuscita. Sarebbe sopravvissuta a tutto il dolore, alle ingiustizie, alla malvagità. Avrebbe vinto quella guerra.
Ne era consapevole, tanto quanto lo era del fatto che la amasse con tutto il cuore.
E tutta l'anima.

Judith ― il Marchio. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora