Rinascita- Quando tutto ebbe inizio.

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Aprile, 2000.

La bambina è lì. In piedi, davanti al laghetto di ninfee. Il paesaggio è ammantato dalla calda luce del sole autunnale, che illumina debolmente i suoi riccioli corvini, corvini come l'ebano, che le arrivano poco sopra le spalle. Una volta lui ha sentito sua madre gioire del fatto che la piccola abbia ripreso lo stesso colore dei suoi capelli, ma non gli occhi, loro no. Dice che gli occhi della figlia sono identici a quelli del marito, verdi come la giada, la pietra preziosa che nessuno ha mai regalato alla giovane donna. Lei l'ha sempre desiderata, e ora è nello sguardo della piccola che, non sa ancora, sua madre, si trova davanti al laghetto delle ninfee.

È una bambina di non più di quattro anni.
Minuscola, al confronto di quel mondo così grande per lei.
Si guarda intorno con gli occhi curiosi, la palla sporca stretta tra le braccine paffute e poi a un certo punto quella palla le scivola via. Pare sia stato il vento, forse un sospiro pesante da dietro le sue spalle. Lei non lo sa, non sa di essere osservata. Lei aspetta che la mamma torni a casa, mentre papà è in cucina che mangia uno yogurt. Ha perso di vista la figlia, quel povero papà, troppo stressato dal lavoro, troppo stressato da quel matrimonio tanto forzato.
L'altro figlio, il fratello della bambina, ha cominciato il primo anno delle scuole elementari. È intelligente, quel bambino, è brillante.

Ha una sorellina così bella che le mamme dei suoi compagni le fanno sempre i complimenti quando la vedono. A lui non li fa mai nessuno, i complimenti. Però non gli importa, perché sua sorella è abbastanza bella per entrambi.

Sua sorella segue amareggiata la palla che rotola per terra, ostacolata dai fili d'erba; pare che si fermi, a un certo punto, ma è un falso allarme. Spinta da un movimento inaspettato -il vento, forse?- la palla ricomincia a rotolare, sempre più veloce fino a finire nel laghetto. L'acqua la spinge sempre più in là e la bambina comincia a singhiozzare, perché non può vivere senza la sua palla. La nonna gliel'ha regalata per Natale, quasi un anno prima, e poi un'incidente se l'è portata via e quella palla è l'unico ricordo tangibile che abbia di lei.

La bambina scuote la testa, allunga le braccia e comincia a correre verso il laghetto; non vuole lasciar scivolare quelle brutte lacrime, sa che la nonna non vorrebbe questo. Perciò si rimbocca le maniche del vestitino a fiori e arriva in prossimità della riva, non si ferma a pensare, non si ferma a riflettere. Si tuffa nel laghetto tenendo d'occhio la palla, ma l'acqua le arriva più su del collo bianco e paffuto e a un certo punto comincia ad ansimare. Non sa nemmeno lei perché.
Lui la osserva sempre più ossessivamente. Muove con lo sguardo l'acqua limpida contro di lei, gli schizzi le inondano il visino spruzzato di una tonalità rosea sulle guance. Le coprono gli occhi e lei comincia a tossire, mentre la sua palla si allontana sempre di più.
Il fondo sembra farsi sempre più distante dai suoi piedini, e lei non capisce perché.

Perché non riesce più a toccare terra? Perché l'acqua cresce sempre più velocemente? E perché non vede più la palla?
Lui la controlla ma lei non lo sa. Come può, una bambina così piccola, capire certe cose?

La bambina comincia a gridare. O, almeno, cerca di farlo ma gli spruzzi dell'acqua le finiscono nella bocca e i suoi occhi si allargano mentre tenta disperatamente di prendere aria.

Però l'aria non c'è piu.

Lui chiude gli occhi e, quando li riapre, lei non respira più.
Il suo corpo galleggia dolcemente sul pelo dell'acqua, improvvisamente tornato al suo stato attuale.
È fatta, pensa, ci siamo.
Si avvicina lentamente, il vento freddo, adesso, accompagna ogni suo movimento.
Allunga le braccia e afferra le spalle della bambina, trascinandola indietro, sulla riva.

La guarda, quella bambina. Si rende conto di quanto la morte la renda quasi più bella, di quanto le sue labbra carnose siano una tentazione ben più grande di quanto avesse immaginato. È solo una bambina, pensa.

Ma non importa. Si china su di lei e appoggia le proprie labbra gelide sulle sue. Preme, a fondo, le immerge la lingua fin dentro la gola. E poi, lentamente, il cielo si oscura e d'un tratto arriva il freddo, non esiste più il sole.
Lui non c'è più, adesso c'è di nuovo lei.

Aspetterà degli anni per venire fuori, ma non gli importa dell'attesa.
Si beerà di quel tempo all'interno del suo corpo e, quando il momento arriverà, sarà pronto a scatenare l'inferno.

Judith ― il Marchio. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora