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«Ne vuoi?»
Jenna Wilson porse la tazza di tè a sua figlia per la seconda volta e, per la seconda volta, lei rifiutò. Con aria scocciata e preoccupata appoggiò la tazza sulla superficie del tavolo e sospirò.
  «Judith» la chiamò dolcemente, sfiorandole una mano.
«Capisco che tu sia addolorata, ma...  »
«No, mamma... Tu non capisci» fu la risposta troppo secca di sua figlia. Riportò lo sguardo sulla finestra, verso il giardino. I ricordi tornarono, più vividi di quanto potesse sopportare.

Dopo che Dave e Christopher l'avevano riaccompagnata a casa, tre giorni prima, aveva pianto, e tanto. Poi era salita in camera sua, si era immersa nel buio e aveva lasciato che il sonno portasse con sé tutti i brutti pensieri. Li aveva notati dopo, la mattina seguente, i suoi dipinti. Strappati, completamente, squarciati. Il dolore si era propagato in lei come una macchia di benzina che si estenda su una macchina, pronta a prendere fuoco. Quelli erano i suoi quadri, i suoi fratelli, in cui aveva riposto tutta la sua anima e le sue ambizioni. La luce del sole aveva illuminato i colori distrutti, e poi, grazie ad essa, Judith aveva notato anche qualcos'altro: una scritta sul muro, che le aveva gelato il sangue nelle vene.

"È il primo avvertimento. Se non ti allontani da Dave ce ne saranno degli altri, e ben più gravi." Eppure, lei non si era allontanata da Jason. Nonostante le minacce di qualcuno che non aveva idea di chi fosse, nonostante fosse terrorizzata, il suo unico punto d'appiglio rimaneva lui. Judith non riusciva a staccarsi. Avevano passato insieme, nel panico e il terrore più assoluto, i due giorni precedenti senza arrivare a nessuna, maledetta soluzione.

"La polizia" aveva proposto lei, ancora, "dobbiamo chiamare la polizia. Qualcuno si è intrufolato in casa mia e ha distrutto i miei disegni, lasciandomi scritta una minaccia." Dave, però, aveva scosso la testa, ripetendo che la polizia doveva essere lasciata fuori da tutto quello. "La polizia non servirebbe a niente. C'è dell'altro, Judith, sotto questa facciata superficiale di minaccia. Il mio quaderno, quella pagina, l'incontro che Christopher ha avuto con quel vecchio. E ora i tuoi dipinti, uniti a quella scritta sul muro."
"Proprio per questo, Dave!" aveva ribattuto lei e la sua voce era arrivata a gridarle, quelle ultime parole. Dave l'aveva guardata con compassione, abbassando lo sguardo. La ragazza sapeva che in realtà anche lui pensava che un aiuto dalla polizia sarebbe stato utile, ma c'era qualcosa che lo turbava, facendogli credere che, sotto, ci fosse qualcosa di più oscuro.
"Vogliono che ci allontaniamo. Ma non riesco a comprenderne il motivo. Voglio dire, noi due ci conosciamo appena, perché qualcuno dovrebbe volerci vedere separati?"

Poi nessuno dei due aveva detto più niente. Lei aveva appoggiato la testa sulla sua spalla ed erano rimasti così, sulla stessa panchina che avevano condiviso al loro primo appuntamento, ognuno immersi nei propri pensieri.

«Judith, per favore» insistette Jenna, mettendole due dita sotto al mento e facendola voltare verso di lei.

«Fallo per me, ti prego, bevi questo tè.» Judith sospirò, abbassando la testa. Poi afferrò la tazza e bevve un paio di sorsi, mandandoli giù a fatica.

Per quei pochi giorni, si rese conto disprezzando se stessa, aveva lasciato la condizione di sua madre in secondo piano rispetto a quello che era capitato. Non era giusto, non avrebbe dovuto; Jenna era sempre stata la sua priorità, e negli ultimi tempi il senso di protezione nei suoi confronti si era intensificato.

«Mi dispiace... »
Il groppo che le chiudeva la gola parve diventare ancora più stretto, impedendole di pronunciare parole che avessero un senso.
«Sono un'idiota, mamma. Dovrei smetterla di essere così egoista... »
Sua madre scosse la testa, coprendole la mano con la propria e fissandola con amore.
«Sei la persona meno egoista che conosca, piccola mia.»

La cosa scoppiò a ridere, malvagia, cinica, aggiugendo un turbamento in più a quelli sordidi che occupavano la mente di Judith.

Judith si lasciò andare a un sorriso sconsolato, gettandosi poi tra le sue braccia. Chiuse gli occhi ma, nel momento in cui lo fece, l'immagine dei suoi dipinti distrutti apparve sul retro delle sue palpebre.
Li riaprì, non riuscendo a trattenere un gemito strozzato.
La carezza di Jenna sui suoi capelli, però, fu sufficiente a placare l'inquietudine.
Anche se, purtroppo, solo in minima parte.

Judith ― il Marchio. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora