20.1

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Sangue.
Tanto.
Dappertutto.
Adoro il sangue.
Un bambino, sull'asfalto, era adagiato in una pozza del colore di un ciclo mestruale, acceso, vivido.
Judith era inginocchiata accanto a lui e tastava terrorizzata il suo corpo, in cerca della ferita da cui bloccare l’emorragia. Il petto del piccolo non si muoveva già più, ma lei non se ne era ancora accorta. Le sue mani sprofondarono nel sangue, lasciando che la viscosità avviluppasse ogni anfratto della sua pelle e nella gola le nacque un grido, che però rimase intrappolato nelle sue corde vocali.

Intorno a lei, alcune persone in camice bianco la osservavano con occhi tristi e amareggiati. Judith non le aveva viste; la sua attenzione era rivolta al bambino morto, i cui occhi aperti e vacui adesso la fissavano senza vederla davvero. La sua camicia si aprì all'improvviso, sul davanti, mettendo in mostra uno squarcio nel tessuto: Judith notò un foro impregnato di sangue scuro.

Un colpo di pistola.
Inferto a tradimento, alle spalle. Qualcuno aveva sparato, lo ricordava, ma non sapeva chi fosse stato.
Tutto ciò che di chiaro rimanesse nella sua memoria era il sorriso del piccolo e la luce nel suo sguardo limpido, del colore di un prato di primavera. Non gli aveva chiesto il nome, era rimasta solo a guardarlo sorridere e indicare il cielo, e poi era giunto quel colpo e il bambino le si era accasciato tra le braccia. Judith aveva sorretto il suo corpo, adagiandolo poi sulla strada, con il terrore dipinto sul volto.
Gli aveva stretto la mano piccola e ossuta, incapace di parlare o di emettere qualunque altro suono che non fosse un gemito strozzato e il sangue aveva cominciato a sgorgare sempre più violentemente, fino a creare un tappeto sotto i loro corpi. Minuscoli, al confronto del resto del mondo.

“Che cosa sta succedendo?” aveva pensato tra i singhiozzi, ma nessuno era arrivato a darle una risposta. Gli occhi del bambino avevano tremato appena e il tempo era cambiato, nella frazione di un istante: da placido e soleggiato era diventato scuro, tetro, come se anche il clima fosse stato colpito dal tragico evento.
Poi, sopra di loro, aveva iniziato a piovere e la pioggia continuava a cadere anche adesso, abbattendosi sulla strada e sulla schiena di Judith come tante, affilate lame di coltello.

Un dolore inconsueto l'avvolse, costringendola a piegarsi in avanti contro il petto del piccolo.
Affondò il viso nel sangue, senza curarsi di niente se non del dolore e del senso di nausea che rischiò di farla rimettere qualunque cosa ci fosse nel suo stomaco. Poi, mentre stringeva la camicia strappata, inzuppata di sangue, cominciò a sprofondare in una dimensione d'irrealtà.
Cominciò ad abitare l’aria e il vuoto intorno a lei si riempì di un odore stantio, cosparso di morte e putrefazione.
Una forza sconosciuta artigliò la sua nuca, costringendola a sollevare lo sguardo.
Vide una donna, con un in camice bianco, dai capelli biondi e corti che la fissava con tristezza. Judith assottigliò lo sguardo, mentre l’odore del sangue proveniente dal piccolo le inondava le narici, facendole venire i conati. Sul petto della donna, lentamente, si aprì uno squarcio trasversale da cui iniziò a scendere una cascata di sangue.
E Judith riconobbe il volto di Jenna Wilson, nell'attimo in cui la morte l’aveva colpita. Il dolore si intensificò, tagliandole lo stomaco come avrebbe fatto un'accetta, in un colpo secco, e facendola rimettere tutto. Poi, sollevandosi appena, spostò lo sguardo a destra.

Ciò che vide, nell’orrore del presente, la sconvolse. 
Il dipanarsi di una trasformazione sul volto del bambino; le rughe, intorno agli occhi, si ramificarono, assumendo la fisionomia di una ragnatela, la bocca si allargò in un sorriso sadico, celante una richiesta di soccorso.

La voce di Dave squarciò la parete di sangue, chiamandola per nome. E gli occhi di Judith si spalancarono, mentre un grido animalesco accompagnava il suo risveglio.

Judith ― il Marchio. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora