25- Seconda parte.

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Terra Santa, III secolo.

***

La strada gli era parsa interminabile. Quattrocentocinquanta chilometri di sabbia quasi cinerea, granelli incuneati tra le dita dei piedi, un fastidioso formicolio che lui si era ripromesso d'ignorare.
Non era quel piccolo e insignificante dettaglio a tormentarlo, ma ben altro; la bimba, nata da appena un paio di giorni, che gli si era addormentata tra le braccia nude e scarne. La bimba che portava il nome di sua madre, Yehudite.
Quel nome custodiva una maledizione, ma la cosa era ignota ai più. Solo lui, l'altro lui e pochi altri erano a conoscenza del terribile segreto, del pericolo.
Yehudite.
Giuditta, nello stato che si trovava al di sopra della linea dell'equatore; Judith, negli stati a nord-est, quelli che lui poteva sperare di raggiungere soltanto tramite l'immaginazione.

Per fortuna erano poche, le bambine a cui veniva attribuito quel nome. Come se la gente sapesse, nel profondo inespugnabile del cuore, che la morte che quel nome si trascinava dietro da centinaia e centinaia di anni sarebbe sopraggiunta entro il ventesimo anno compiuto del soggetto.
La neonata che cullava erroneamente tra le braccia avrebbe vissuto quasi un quarto di secolo in parziale armonia, e poi sarebbe spirata. Per cause naturali, per incidenti, omicidi premeditati, suicidi.
Era il corso naturale delle cose, deciso tanti anni addietro da qualcuno che nessuno aveva mai avuto occasione di vedere.

L'uomo aveva percorso a piedi nudi centinaia di chilometri, fermandosi raramente solo per rifocillarsi e sorseggiare dell'acqua.
Le mani e il viso erano del colore della terra bruciata, in netto e preciso contrasto con il colorito sbiadito della sabbia. Gli occhi, dalle insolite iridi verde chiaro, per quelli della sua razza, erano il dettaglio che più attirava antipatie e pregiudizi da parte della gente del suo popolo.
All'uomo, però, non importava.
Era abituato agli sguardi di coloro che lo additavano come uno stregone; la storia andava avanti da ben cinquant'anni, quasi tutta la sua vita. Ormai possedeva una corazza solida contro insulti e scherni.

Aveva superato il deserto.
Entrando nella Cittadella, lo accolse il brusio concitato del villaggio.
Era giorno di mercato.

«Bruciala!» gli sibilò una voce accanto.
Apparteneva a una donna, dalla gobba prominente e i bulbi oculari troppo grandi per esser degnamente contenuti dalle cavità oculari.
Doveva essere a conoscenza.
Si diceva che le bambine scelte portassero il nome marchiato sulla fronte, invisibile alla maggioranza, segno innegabile a chi sapeva.
Lui, però, ne aveva visto solo un accenno.

«Bruciala, bruciala!» ribadì tentando di avvinghiare la piccola.
«Levati di mezzo, donna.»
L'uomo la sottrasse alla sua vigile attenzione, scacciando con un gesto indifferente della mano le mosche ammassate a grappoli sopra le carcasse appese al banco del macellaio alla sua sinistra.
«Non vorrai tenerla in vita!»
La donna sputò a un palmo dai suoi piedi.
«Non puoi sfidare l'inferno.»
Lui sogghignò.
«Non ho intenzione di farlo. Ma non brucerò questa creatura. Morirà lo stesso, entro venti anni, cosa vuoi che sia, donna, un breve lasso di tempo come questo? »
Lei esitò appena, contraendo le labbra violacee.
«Ti brucerai, se manterrai il contatto con la sua pelle ancora per un po'. Potresti perdere tutto; le cose, soprattutto, che ancora non sai di possedere.»
«Non sono affar tuoi, donna. So come tenerla a bada» tagliò corto lui, sorpassandola.
Si lasciò dietro lo sguardo ostile della donna, senza fermarsi per prestare attenzione alle parole sibilate tra i denti di quella.

L'odore della carne macellata, presto, si affievolì e al suo posto intervenne quello del pane appena sfornato.
L'uomo attraversò la via affollata di gente, cercando riparo da occhi indiscreti.
Quando lo ebbe trovato, si accovacciò sul sentiero pietroso e depose la bimba supina.
Non si era ancora svegliata.

È giunto il momento, disse la voce dell'altro lui, dentro la sua testa.
L'uomo annuì, con un sospiro determinato.
Quando chinò il busto in avanti una cascata di sudore scivolò dai suoi capelli neri come la pece.
Diede un ultimo sguardo intorno, e, dopo essersi sincerato che nessuno stesse spiando, premette le labbra sopra quelle della piccola, solleticandole la lingua di bambagia con la punta della propria.

Pochi istanti dopo, la bimba spalancò gli occhi. Erano neri, completamente, perfino il bianco della sclera si era incupito.
L'uomo sorrise soddisfatto, poi la sollevò nuovamente mettendosela tra le braccia e si avviò verso la propria abitazione, dove annotò nel diario sgualcito la sua nascita e tutto ciò che avrebbe costituito la sua crescita.

Sei il suo creatore, recitava la voce come una filastrocca troppo macabra per essere raccontata ai bambini.
Con un bacio, tu puoi distruggerla e modificarla. Lei è la tua creatura.

L'uomo aveva pensato, vent'anni dopo, quando la piccola era ormai morta e lui era diventato un vecchio rachitico e scheletrico, che il ciclo non sarebbe continuato per molto tempo.

Non sapeva, però, che la voce che lui aveva sentito per tutta la vita sarebbe tornata e avrebbe mietuto nuove vittime.
Non sapeva e non aveva mai saputo di esser stato istruito dal demonio, o come si volesse definirlo.
Eseguiva ordini per una buona causa, era tutto ciò che avrebbe sempre saputo. Non si era mai chiesto la ragione, lo aveva fatto e basta.
E aveva determinato la rovina di tutte le Yehudite, Giuditta, Judith che sarebbero nate nel secolo dopo, e in tutti quelli a seguire, senza mai conoscere la verità.

Judith ― il Marchio. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora