Sumiko annuì, cercando di apparire calma e controllata. L'idea che io e il mostro che aveva ucciso sua sorella potessimo avere qualcosa in comune la turbava profondamente. "Non sei la sola", avrei voluto dirle, ma era meglio tenere per me quel pensiero. Dovevo sembrarle già abbastanza confuso e spaventato, e lei restava una ragazzina, dopotutto. Avere una figura adulta accanto, qualcuno che avesse un barlume di consapevolezza riguardo ciò che stava facendo, le avrebbe offerto un po' di conforto. Così speravo, sebbene a volte sembrasse più adulta di me.
- Come hai fatto a trovarmi? E' stato Yates a comunicarti l'ubicazione del GOPEP?
- Sì. Non è stato molto difficile, in realtà. Ho studiato la mappa fognaria della zona e mi è bastato proseguire nel sottosuolo. Sono piccola e veloce, e so mimetizzarmi molto bene. Nessuno mi ha vista, finché non è stato troppo tardi per fermarmi. - rispose Sumiko, bevendo a sua volta il the. Come se fosse stata colta da un pensiero divertente, emise una breve risatina, scuotendo la testa. - Piuttosto, non so come diavolo abbia fatto a trovarmi Gregor.
- Gregor? - chiesi, perplesso.
- Yates!
Avendolo conosciuto solo col suo cognome, mi sembrava strano che l'ispettore avesse un altro appellativo. Sarebbe rimasto sempre Yates, per quanto mi riguardava.
- Ogni tanto devo uscire per fare rifornimento di gas e cibo, e, in più, non posso sempre stare rinchiusa qui. Finirei per impazzire, se fossi costretta fra queste quattro mura ventiquattr'ore al giorno. Così capita che io vada a farmi qualche giretto sui tetti degli appartamenti, di notte, per respirare un po' d'aria fresca.
- Un po' di smog, vorrai dire.
Sumiko sorrise.
- Sì, anche quello. Comunque, una notte, ho realizzato di non essere sola. Qualcuno mi stava pedinando. - mormorò - Credevo di averli seminati, ma mi sono trovata circondata. Conoscevo già Yates, era stato lui a interrogarmi, quando ero ancora una bambina, poco dopo la morte di mia sorella. Sapeva che ero una Esper e mi ha detto che eri stato catturato da un certo John Keaton, capo di una branca del governo che indaga sul paranormale.
- Mi dispiace averti messa in questa brutta posizione. - sospirai, mentre poggiavo la tazza ormai vuota sul vassoio. - Avrei voluto ci fosse un altro modo, ma credo che, se abbiamo una possibilità di catturare questo killer, sarà solo assieme. Non sai quanto io mi odi per averti coinvolta, ma...
- Sono già coinvolta, Gene, e sono stata io a farti finire nelle mani di Keaton. - mi interruppe Sumiko, con una smorfia. - Mi dispiace. Il minimo che io possa fare è aiutarti, adesso.
- Non è stata colpa tua, Sumiko. Mi avrebbe comunque scoperto, prima o poi, vista l'ossessione dell'assassino nei miei confronti. - la rassicurai, cercando una delle sue mani, per poi stringerla con delicatezza. - Comunque, io e Yates speravamo che tu avessi scoperto qualcosa sul killer, per questo avevamo deciso di contattarti.
Sumiko abbassò lo sguardo, scuotendo il capo. No, non aveva scoperto niente di nuovo da sola, a parte il fatto che era giunta alla definitiva conclusione che il serial killer perseguitasse gli Esper.
- L'ultima persona che ha ucciso, quella Samantha... sono riuscita a infilarmi in casa sua e a toccare alcuni dei suoi mobili, e vari oggetti in suo possesso. Non era una Esper, l'ho sentito. Inoltre, come sempre, ho trovato traccia di mia sorella.
- Cosa intendi dire? - domandai. Ricordavo fin troppo bene le due apparizioni di Seiko, prima al Seven Eleven, e poi poco prima dell'incidente.
- Tu stesso hai detto che il killer nutre un'ossessione verso gli altri Esper, come se cercasse un compagno o, forse, qualcuno che lo possa capire. Mia sorella è stata la sua prima vittima e...
Sumiko si interruppe, schiarendosi la gola. Aveva gli occhi lucidi e sembrava faticasse a parlare. Dovette deglutire un paio di volte, prima di riuscire a proseguire.
- ... credo che questa Agatha si sia affezionata a lei in particolar modo. Credo usi una proiezione mentale di Seiko per uccidere gli altri Esper.
A quel punto, fu troppo anche per Sumiko, che nascose il volto fra le mani, mentre singhiozzava. Io non sapevo che cosa fare, temevo che, se l'avessi avvicinata, mi avrebbe respinto. Però non potevo nemmeno lasciarla in lacrime, quando era evidente che aveva bisogno di essere consolata. Le misi una mano su una spalla, nel tentativo di calmarla.
- Quella non era tua sorella. Ho visto Seiko, mi è parsa una bambina tanto dolce, persino in fotografia. Non avrebbe mai ucciso nessuno.
Sumiko alzò di scatto il capo, fissandomi a bocca aperta.
- Come fai ad averla vista?
Mi resi conto di aver detto una stupidaggine, ma ormai non potevo più tornare indietro. Preferii essere sincero, per evitare ulteriori danni.
- Dopo che te ne sei andata, ho compiuto qualche ricerca sul tuo conto.
- Tu cosa?
- Ti prego, non ti arrabbiare. Eri piombata in casa mia, mi avevi lasciato sanguinante sul pavimento dell'appartamento, senza darmi l'opportunità di aiutarti. Credimi, non l'ho fatto per impicciarmi. Ormai ero coinvolto e tanto valeva che andassi fino in fondo.
Sumiko valutò le mie parole per un lungo, tremendo istante. Alla fine, con mio grande sollievo, la sua rabbia si sgonfiò, lasciando posto a un'espressione colma di dispiacere.
- Scusami se ti ho fatto del male. Ero talmente arrabbiata, non sapevo neanche quello che stavo facendo. Quando sono agitata, riesce molto difficile controllare la mia forza.
- Lo capisco. Non temere, non ce l'ho con te, per questo.
Lei mi rivolse un sorriso colmo di gratitudine, e poggiò la testa sul bordo del divano. Chiuse gli occhi, come se non volesse altro che riposare.
- Sai, quando Yates ha detto di credermi, ho accettato il suo aiuto, nonostante tutte le cose che ho passato a causa della polizia. Mi ha detto che tu gli avevi fatto notare quanto fosse inutile accapigliarci fra noi, mentre questo mostro continua ad ammazzare.
Sumiko sollevò le palpebre e mi guardò con aria decisa.
- Hai ragione, Gene. Odio quello che il killer ha fatto a mia sorella più di quanto detesti Yates e i suoi uomini. Ora abbiamo la possibilità di catturare questa Agatha, e non me lascerò sfuggire solo perché non sono in grado di collaborare con gli altri. Ecco perché sono venuta a salvarti dal GOPEP, a rischio di venire scoperta, nonostante tu avessi sperato di tenermi fuori dal mirino di Keaton.
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Esper (da revisionare)
Science FictionUna serie di suicidi inspiegabili piaga Londra e dintorni. Attraverso atmosfere goth, le vie caotiche di Camden Town e i cieli plumbei e pesanti della città, Gene Sanders cercherà di scoprire chi è l'assassino. Dove si trova? Fuori o dentro di lui...