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Percepivo delle voci lontane, che giungevano fino a me attraverso un solido muro di nebbia.

- Si sveglierà presto.

- Dai, dai, prendi le trombette.

- Ma non gli verrà un colpo?

- Ma no... e poi, in caso, ci sono io qui, pronto a riportarlo in vita.

Divenni più consapevole del mio corpo, abbandonato su un ampio letto d'ospedale. Era piuttosto scomodo e mi doleva il fondoschiena, a causa del prolungato contatto con esso.

Mi sentivo debole e i miei pensieri scorrevano lenti e pigri, come pesci gatto sul fondo di un acquario sabbioso.

Il mormorio attorno a me crebbe in intensità, mentre mi avvicinavo al mondo reale.

Trassi un paio di respiri più profondi dei precedenti e aprii gli occhi, deglutendo. Avevo la bocca secca, e le labbra screpolate, incollate.

Le umettai con la lingua, guardandomi attorno.

Mi trovavo in un'ampia stanza bianca, con quattro letti molto simili al mio. Attorno a me ronzavano varie apparecchiature, e avevo una flebo collegata al polso sinistro.

Sulla destra c'erano due mobili contenenti diversi medicinali, e un cestino pieno per metà di rifiuti sanitari, come aghi e contenitori di plastica.

Alcuni paraventi erano accostati alla parete di fronte a me.

Non c'erano finestre, il che rendeva l'atmosfera opprimente. L'unica luce proveniva da dei freddi neon sul soffitto.

All'improvviso, i paraventi vennero spostati, strappandomi un singulto di spavento, e quattro figure saltellanti mi attorniarono, soffiando allegramente dentro a delle trombette di compleanno, che emisero dei sonori "peeeeeee".

Una di loro era Sumiko, mentre gli altri non li conoscevo. Avevano tutti un aspetto talmente bizzarro che ci misi un po' per rendermi conto che non stavo avendo delle allucinazioni.

- Gene! - esclamò lei, balzando sul mio letto e abbracciandomi forte. - Etienne ha detto che stavi per svegliarti, così abbiamo deciso di farti una sorpresa.

Avevo la netta sensazione che il mio cuore avesse smesso di battere per lo spavento, quindi gli era riuscita molto bene.

- Ah-hah... - farfugliai, con voce flebile. - Che bello...

Sumiko sorrise e mi infilò un cappellino a cono in testa, mettendomi una bandierina colorata nella mano destra.

- Siamo venuti a farti gli auguri di pronta guarigione e anche di buon compleanno - esclamò uno di loro, che mi fissava con tre - tre?! - occhi. Ne aveva due al posto giusto, proprio come chiunque altro, più uno assolutamente indipendente, di un vivido giallo, al centro della fronte. Quell'occhio, in particolare, mi stava osservando con interesse.

Lo sconosciuto mi afferrò la mano con la bandierina e la scosse generosamente.

- Io sono Otello! - esclamò. - In realtà il mio nome è impossibile da pronunciare nella vostra lingua - e qui si interruppe, emettendo un verso incomprensibile. - Quindi me ne sono scelto uno nuovo. Sono tanto felice di conoscerti, credevo che fossi già morto, trapassato, andato, avessi tirato le cuoia, e invece eccoti qui a festeggiare con noi il tuo compleanno! Guarda, ti ho anche fatto un regalo con le mie mani! Ti piace?

Mi ficcò nella mano libera un foglio di carta su cui aveva fatto tre strisce con della colla brillantinata.

- Beh...

Esper (da revisionare) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora