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- Okay, è una pessima idea - rantolai, guardando fuori dal finestrino. Avevo il palmo delle mani ricoperto da uno sgradevole strato di sudore, e me le ripulii sui pantaloni della tuta del GOPEP.

- Sei stato tu a insistere a venire qui - sospirò Etienne, alzando gli occhi al cielo.

Keaton, al volante, spense il motore della macchina e si voltò verso di me, un sopracciglio alzato. I suoi freddi occhi azzurri mi guardavano con sarcastico divertimento.

- Senti, a me va benissimo averti portato fin qui. Finalmente ho avuto una scusa per usare la Porsche che avevo in dotazione esclusivamente per spostamenti collegati al GOPEP.

- Beh, sarebbe stato più divertente usare le montagne russe - brontolò Etienne, tastandosi il berretto che faceva parte del suo travestimento.

"Travestimento". Non avrebbe ingannato nessuno, conciato com'era. Indossava un giubbotto enorme sopra la solita camicia da notte, e, al posto delle ciabatte a forma di coniglio aveva deciso di mettersi dei sandali da donna. Il berretto che aveva in testa recitava "Thug Life" e aveva una foglia di marjiuana sopra la scritta. Portava un paio di occhiali a specchio che lo facevano sembrare un rapper della domenica, e non la smetteva di contemplare il proprio riflesso nello specchietto retrovisore. Si riteneva molto affascinante.

- Dato che partirai con noi, sarebbe un peccato che non facessi un giro su quell'affare - continuò, mentre sorrideva allo specchietto.

- E va bene, farà un giro, basta che la smetti di pavoneggiarti - sbottò Keaton, fulminandolo con lo sguardo.

- Io non mi pavoneggio! - gridò Etienne, mettendosi entrambe le mani sui fianchi con fare civettuolo.

Io incrociai le braccia sul petto e sospirai.

I due si scambiarono un'occhiata, quindi il direttore rimise in moto.

- Senti, per me non c'è problema. Ci fermiamo a prendere una birra irlandese in un pub e poi ce ne torniamo a casa.

- Così conoscerò un po' di umani in più, yo - disse Etienne, assumendo una posa che reputava "cool". Doveva avergliela insegnata Otello.

Io mi passai una mano sul viso, e scoccai l'ennesima occhiata al Black Cat.

Le luci dell'insegna del locale erano state accese da poco e brillavano a intermittenza nell'oscurità dell'imbrunire.

BLACK

CAT

BLACK

CAT

Cosa dovevo fare?

BLACK

CAT

BLACK

CAT

Non potevo andarmene senza aver detto loro addio. In realtà non era nemmeno del tutto stabilito che io sarei partito con gli Esper, quanto stavo facendo era provvisorio. Nel dubbio, preferivo salutare Larry e, soprattutto, Lucy. Poi, sarei passato da Cornelio e, infine, da Trevor.

Keaton si era mostrato insolitamente gentile, accompagnandomi in quel tour, mentre Etienne aveva insistito per venire perché aveva paura che mi venisse una "crisi emotiva", come l'aveva chiamata lui.

- Ah, fanculo - gemetti, poi aprii la porta d'impulso e uscii, tirandomi su il cappuccio del giubbotto.

Assicurandomi che gli occhiali da sole mi coprissero bene gli occhi e la sciarpa che celava il mio volto fosse ben sistemata, oltrepassai l'ingresso del Black Cat.

Esper (da revisionare) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora