50

221 41 269
                                    




Silenzioso indossava la solita canottiera bianca e un paio di pantaloncini che lasciavano scoperte le sue ginocchia leggermente a X, mentre era chino all'interno delle viscere di una macchina dalla forma romboidale. Quattro solidi piedi metallici, uno per lato, la sostenevano, impedendole di rovinare a terra. Sembrava una punta di freccia, ed emetteva dei sottili ronzii.

- Come procedono i lavori? - chiese Keaton, avvicinandosi a lui.

Silenzioso, o meglio, Hlovatt, si alzò in piedi, passandosi una mano ricoperta di olio dietro la nuca.

- Purtroppo su questa Terra non dispongo delle tecnologie della dimensione M e posso fare solo determinate cose. Non abbiamo i saldatori energetici e nemmeno materiali resistenti come la lega acciaio-diamante. Nonostante ciò, penso di riuscire a mettere in piedi una macchina abbastanza complessa da permetterci di raggiungere il porto interstellare sicuro più vicino. Non temere, Keaton. Ce la caveremo.

Il direttore del GOPEP trasse un profondo sospiro, mettendosi le mani in tasca. Quel giorno indossava un improbabile smoking bluette, abbinato a una cravatta color prugna.

- Dimmi, ci vorrà molto tempo per arrivare nell'altra dimensione?

- Affatto - mormorò Hlovatt, passandosi una chiave inglese da una mano all'altra come se stesse cercando di testarne il peso. - Il tempo all'interno degli intramundia si annulla. Mille anni e un secondo sono esattamente la stessa cosa. Perché me lo chiedi, John?

Keaton emise un buffo rumore, schiarendosi la gola.

- Niente, niente. Solo interesse professionale, tutto qui. Non sia mai che noi umani riusciamo a costruire qualcosa di simile e raggiungervi, un giorno...

Hlovatt rise piano, e le branchie sul suo collo si contrassero.

- Non ho nessuna intenzione di lasciare alcunché alle mie spalle. Queste conoscenze non sono adatte a voi. E' molto meglio che ci arriviate da soli, piuttosto che io ve le dia. Il vostro progresso scientifico sta già surclassando quello morale. Focalizzatevi su quello, piuttosto.

Si chinò di nuovo sulla macchina, scomparendo nelle sue viscere di metallo, i piedi squamati che sporgevano dal contenitore.

- Ma se voi ve ne andrete io sarò disoccupato. Mi butteranno in gattabuia e getteranno la chiave.

- Oh, mi dispiace.

- Silenz... Hlovatt, non capisci. Ho visto e so troppe cose, e si sa bene che un uomo che deve mantenere segreti di queste proporzioni è meglio sia morto. Non voglio fare la fine di Eleazar Moore.

Lo scienziato sospirò e l'eco del suo respiro si diffuse in tutta la macchina.

- E io cosa ci posso fare, John?

Keaton esitò per un lungo istante, poi, d'impulso, lo disse.

- Lasciami venire con te.

Un sonoro "tonk" seguì quella richiesta e Hlovatt emerse dalla macchina, massaggiandosi la testa che aveva sbattuto per la sorpresa. Guardò Keaton a occhi sgranati, poi recuperò la solita calma e ponderò la sua richiesta.

- Con me?

- Con voi, insomma.

- Non garantisco che io resterò a far parte del gruppo - mormorò Hlovatt, incrociando le braccia sul torace ampio e atletico. Le lunghe nuotate sul suo pianeta natale avevano modellato il suo corpo. - Quello che è successo è stato un duro colpo per me. E' vero che Eonia ora è tornata a casa e sta bene, ma...

- Non capisci? - lo interruppe Keaton, esasperato. - Dopo tutto quello che ho visto, questo mondo è troppo piccolo per me. Non riuscirei mai a tornare alla quotidianità, se mi lasciassero in vita. Non riesco nemmeno a figurare me stesso mentre do la caccia a qualche insulso criminale di periferia. Voglio vedere di più, Hlovatt. Voglio vedere le altre versioni della Terra, voglio vedere i mondi che voi avete scoperto, e lo stesso vale per Molly. Ti prego, portateci con voi.

Esper (da revisionare) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora