Quando raggiungemmo di nuovo il retro del cinema, scoprimmo che la porta era socchiusa. Io e Sumiko ci scambiammo un'occhiata. Non ci servirono le parole per capire chi l'avesse aperta.
Io mi feci coraggio e afferrai la maniglia arrugginita, spingendola di lato. La porta, aprendosi, emise un prolungato cigolio, mentre la luce dei lampioni del vialetto si riversava nel corridoio.
Avanzai di qualche passo e afferrai la torcia che Sumiko mi stava porgendo, recuperata dal suo ampio zaino, da cui non si separava quasi mai.
La accesi e un fascio di luce più decisa di quella dei lampioni fendette lo spazio circostante. L'aria era colma di polvere, e dovetti coprirmi il viso con una manica del cappotto per non tossire. Erano diversi anni che nessuno puliva.
La moquette, che un tempo doveva essere stata rossa, tendeva al grigio per via dello strato di pulviscolo da cui era ricoperta. C'erano degli escrementi di topo per terra, vicino a piccoli buchi nelle vecchie assi sul pavimento, dove la moquette si era ritratta come pelle secca.
Avanzai lungo il corridoio e intravidi una luce soffusa.
- Dev'essere lì - sussurrai, prendendola per un polso.
Sumiko si sottrasse, con un gemito spaventato. Si rannicchiò in un angolo, abbracciando le proprie ginocchia, il viso nascosto dai capelli.
- Ehi, ehi, che succede? - chiesi, inginocchiandomi di fronte a lei, allarmato.
La sentii singhiozzare e le accarezzai il capo, pensando a quanto dovesse essere difficile per lei.
- Non avere paura - cercai di rassicurarla, scostandole una ciocca di capelli dal volto per poterla guardare negli occhi. - Ci sono io qui con te. Ti proteggerò, promesso. Adesso andrò da Wendy e sistemerò tutto, okay?
Sumiko sollevò la testa e mi sentii piuttosto disorientato dal suo sguardo colmo di rabbia. Mi posò entrambe le mani sulle guance, stringendo con forza.
- Perdonami, Gene.
*
Ero accasciato a terra su un fianco, le gambe ripiegate contro l'addome e le braccia mollemente abbandonate sulla pancia.
Con un grugnito di dolore, mi misi seduto, puntellandomi sui gomiti. Il mondo girava come una trottola, e ci volle qualche minuto prima che riuscissi a recuperare del tutto conoscenza.
Il mio primo pensiero andò a Sumiko.
Ricordavo solo che un istante fa lei era accanto a me, e un secondo dopo era scomparsa, lasciandomi solo.
Temevo che Wendy l'avesse scoperta, facendole del male, e mi aggrappai al muro per issarmi in piedi. Ancora una volta ebbi le vertigini e per poco non stramazzai al suolo, ma le mie ginocchia ressero.
Attesi di stabilizzarmi e, con cautela, mossi i primi passi verso la luce che proveniva dal fondo del corridoio.
La mia vista si sfocava a intervalli irregolari, e procedevo a zig-zag, appoggiandomi ad una parete del corridoio e poi dandomi la spinta per ripartire.
Il corridoio si rivelò essere l'uscita d'emergenza, che sbucava a sua volta su un passaggio più grande. Qui c'era l'accesso alle sale e ai bagni. Le luci erano state riaccese e avvertivo una musica strana e dissonante provenire dalle sale. Sbirciai all'interno di una di queste e vidi che stavano proiettando un film, sebbene mi sembrasse solo una sequela di immagini prive di senso.
Nauseato, mi allontanai dalla porta della sala e mi diressi verso il bagno. Aprii un rubinetto, nella speranza che ci fosse ancora un po' d'acqua, ma non ne uscì niente, a parte uno sputo di ruggine.
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Esper (da revisionare)
Science FictionUna serie di suicidi inspiegabili piaga Londra e dintorni. Attraverso atmosfere goth, le vie caotiche di Camden Town e i cieli plumbei e pesanti della città, Gene Sanders cercherà di scoprire chi è l'assassino. Dove si trova? Fuori o dentro di lui...