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Keaton non riusciva a togliersi la sensazione che Yates, nonostante si fosse pronunciato in suo favore, non stesse affatto collaborando. Sembrava che lo pagassero per essere una seccatura su due gambe. John era sicuro, più che sicuro, che Gregor stesse aiutando il mostro numero 2, Gene Sanders, e che questi fosse vicinissimo ad incontrare il mostro numero 1, il killer di Esper.

Non che fosse una brutta cosa ammazzare quelle creature, ce n'erano già troppe per i suoi gusti, all'interno del GOPEP.

Keaton aveva mentito a Gene, quando gli aveva lasciato credere di essere l'unico Esper in suo possesso, con lo scopo di spingerlo a collaborare con più facilità.

Il GOPEP era attivo ormai da 15 anni, ed era stato proprio John a scegliere di unirsi a quella squadra, nonostante la disapprovazione di Yates, che l'avrebbe voluto nella sua, e quella dei colleghi, che lo deridevano, additandolo come visionario.

Ora non ridono più tanto, pensò Keaton, con un sorriso beffardo, mentre estraeva il badge e lo faceva scorrere all'interno della struttura apposita, che emise un sonoro "ding". Le porte dell'ascensore privato, utilizzato da pochi agenti scelti da lui in persona, scivolarono di lato senza emettere il minimo suono.

John salì a bordo e premette l'unico pulsante presente, che portava nelle viscere del GOPEP, nel seminterrato.

Sanders aveva creduto di trovarsi al livello più recondito della struttura, quando era stato confinato in quella cella, ma in realtà aveva a malapena visto la punta dell'iceberg. Non aveva la minima idea di quanto fosse grande il GOPEP, che si diramava sottoterra come le radici di un albero. E, proprio come un albero, era in continua crescita ed evoluzione. Alcune ali erano talmente vecchie da essere cadute in disuso, sostituite subito dopo da altre, più solide ed efficienti, con funzioni sempre più adatte a contenere gli strani esseri in cui a Keaton era capitato di imbattersi durante la sua rocambolesca ricerca nel campo dell'inspiegabile.

L'ascensore emise un suono d'avviso, quando giunse a destinazione, e John uscì, incrociando le braccia sul petto, mentre contemplava lo spettacolo cui ormai si era abituato.

Davanti a lui c'era un corridoio dalle lucide pareti in acciaio, sul cui soffitto correva un reticolo di tubi, i quali si intervallavano con delle lampade al neon. Sulle pareti si aprivano diversi oblò sulle camere del GOPEP, la maggior parte delle quali erano vuote. Ora si trovava nell'ala ovest, quella addetta al personale. Keaton, in genere, dormiva lì, in una suite superlusso che si era fatto costruire appositamente. Se doveva condurre una vita di clausura, tanto valeva farlo con stile.

I membri del personale erano davvero pochi: le persone di cui John si fidava a sufficienza da condividere con loro il segreto degli Esper già catturati si potevano contare su una mano.

Una era Molly, una donna piuttosto giovane, che, nonostante l'età, si era dimostrata degna di fiducia. Era piccola e mingherlina, e aveva una cascata di capelli rossi e ricci che le sbucavano dalla testa come dei fili di ferro attorcigliati. Indossava sempre dei vestiti assurdamente colorati, abbinandoli come se fosse del tutto ignorante in fatto di moda. In effetti, doveva essere proprio così, dato che aveva concentrato tutte le sue forze in quello che le interessava davvero: la struttura del GOPEP. Era lei la mente dietro quell'articolato edificio, colei che lo restringeva o ampliava a seconda delle necessità.

Poi, dopo lei, c'era Etienne, un tizio piuttosto strano di cui persino Keaton non sapeva nulla. Lo chiamavano tutti "il francese" per via del modo in cui amava ostentare le sue origini e il fatto che, ogni volta in cui perdeva a carte, si abbandonava a degli impronunciabili improperi nella sua lingua, che, invece di spaventare gli avversari, li facevano scoppiare a ridere. A volte Etienne diceva di essere stato un agente segreto, altre di aver girato il mondo in meno di due settimane, altre ancora di assurde e drammatiche storie d'amore che si era lasciato alle spalle per mettersi al servizio del GOPEP. L'unica conclusione certa cui Keaton fosse approdato sul suo conto era che Etienne era un bugiardo cronico della peggior specie e, allo stesso tempo, l'uomo più furbo che avesse conosciuto. Lui era il medico del GOPEP, e, per un oscuro motivo, sapeva sempre come curare qualsiasi ferita, a chiunque appartenesse, persino agli Esper più bizzarri e alieni. Keaton si chiedeva se anche lui non fosse uno di loro, ma, se il governo gli permetteva di fare quello che voleva e uscire dal GOPEP a piacimento, doveva esserci un motivo.

Infine, ultimo ma non per importanza, c'era Max, colui che aveva l'ingrato compito di occuparsi degli Esper. Era la persona più paziente del mondo e non si lasciava scomporre da niente. Il massimo dell'emozione che Keaton gli avesse mai visto dimostrare era stato tossire leggermente per dimostrare il suo disappunto, dopo una delle battute di pessimo gusto di Etienne.

Ed eccoli, i veri membri del GOPEP, oltre le guardie e le controguardie. Loro e Keaton erano i quattro pazzoidi che gestivano il tutto, facendo del loro meglio per controllare gli Esper e, allo stesso tempo, impedire al governo di sottrargliene la giurisdizione.

Da un lato erano i loro carcerieri, dall'altro i loro protettori. Loro e, soprattutto, Molly, li esaminavano senza far loro del male, nonostante Keaton li detestasse con tutto il cuore, dato che lo facevano diventare pazzo con le loro stramberie.

Dubitava che il governo sarebbe stato altrettanto gentile con quelle creature, se vi avesse mai messo le mani sopra, quindi era meglio per tutti loro se le cose fossero continuate in quel modo.

- Oh, John. Buonasera. - disse Max, non appena lo vide.

Keaton ricambiò il saluto con un cenno della mano e cominciò ad esaminare le carte che il collega gli stava porgendo.

- Vedo che Otello fa ancora i capricci.

- Sai com'è fatto - sospirò Max, incrociando le braccia dietro la schiena, com'era sua abitudine. I suoi miti occhi castani non presentavano la minima traccia di agitazione, solo una vaga stanchezza. - Mi ha impedito di chiudere occhio per tutta la notte. E' stato estenuante. Non ha smesso di cantare per un solo istante.

- Cantare? Ora si è fissato con la musica?

- Oh, sì. Dice di aver letto tutti i libri mai scritti, o meglio "quelli più interessanti" e si annoiava. Allora mi ha chiesto di portargli qualche altro frutto della nostra civiltà. Gli ho portato un giradischi. Non l'avessi mai fatto. Quando sono uscito dalle sue stanze stava ancora cantando.

Keaton trasse un profondo sospiro, trattenendosi a stento dall'alzare gli occhi al cielo. Dei tre simpaticoni che tenevano lì sotto, Otello era il peggiore. Il fatto che non dormisse era un'ulteriore difficoltà. Era iperattivo, parlava alla velocità della luce e non aveva idea di cosa fossero il tatto o qualsivoglia limite nei confronti altrui.

- Di Keira e Silenzioso, invece, che mi dici?

- Tutto nella norma. Keira si è di nuovo finta una donna nel tentativo di sedurmi e spingermi a farla uscire dalla sua cella, mentre Silenzioso è stato... beh, silenzioso, come al solito. Ha fissato il muro della sua stanza per tutta la notte, continuando a grattarci sopra con un indice. Non ho idea di perché faccia così, sembra quasi che stia cercando qualcosa.

John annuì, sovrappensiero. Silenzioso era stato l'unico a non aver dato cenno di voler collaborare o comunicare con loro, da quando, quindici anni fa, avevano catturato lui e i suoi due compagni. Lui sì che era un mistero, a differenza di Otello, di cui ormai sapevano vita, morte e miracoli, dato che non stava mai zitto cinque minuti.

- Va bene. Riposati un po', Max. Io, nel frattempo, andrò a dare un'occhiata ai nostri amichetti - disse, dandogli una pacca sulla spalla.

Max, che mal sopportava il contatto fisico, strinse i denti ma non disse niente, per poi dirigersi verso la sua stanza.

Esper (da revisionare) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora