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Era il 3 marzo, ma, per quanto ne sapevo io, avrebbe potuto essere un qualunque altro giorno dell'anno. Il tempo, all'interno della parte sotterranea del GOPEP, scorreva in modo diverso. Tutto ciò che sapevo del mondo esterno mi perveniva attraverso orologi, computer o altri apparecchi facilmente manipolabili, dunque nulla era certo.

L'unica sicurezza erano le persone che mi circondavano, per quanto potessero essere bizzarre.

Nei giorni della mia convalescenza, un periodo grigio in cui ero spaventato dai miei sogni, depresso per la mancanza di Trevor e Lucy, e ignoravo quale futuro Keaton avesse in serbo per me, furono gli altri Esper a tirarmi su di morale.

Sumiko non aveva voluto discutere dell'accaduto. Era come se avesse deciso di mettere una pietra sopra ogni cosa, ed evitava sempre di restare sola con me per paura che io tirassi fuori l'argomento. L'essersi trovata di fronte alla pazzia di Wendy aveva sedato la sua sete di vendetta, come se avesse avuto compassione di lei o avesse compreso che la vendetta avrebbe portato solo altro dolore nella sua vita, perché travolgeva tutto ciò che incontrava, me compreso. Sembrava solo desiderosa di dimenticare, nonostante la vedessi spesso accendere degli incensi in onore di un piccolo altare buddhista che aveva creato al di fuori della sua camera, in onore di Seiko.

Si trovava bene in compagnia delle creature aliene che ci circondavano, e la loro presenza la stava aiutando ad andare avanti. Di certo, era più a suo agio di quanto fossi io, che faticavo ad abituarmi al cambiamento, rinchiuso com'ero nelle mie piccole abitudini, già stravolte a sufficienza da tutti gli eventi recenti. Sumiko non si guardava nemmeno indietro. Non voleva saperne dei suoi genitori, era come se li avesse rimossi dalla propria memoria. Si era gettata a capofitto nel mondo del GOPEP e non voleva pensare ad altro. Le stavano persino permettendo di studiare per aiutare Molly, la tecnica della struttura, nella progettazione di nuovi sistemi di difesa informatica. Non avrebbe potuto essere più a suo agio, mentre io mi trovavo in una situazione opposta.

Se non altro, Otello mi aveva procurato una copia di Delitto e Castigo, mentre Keira mi aveva regalato un'orchidea dalle sfumature rosso intenso e il pistillo giallo - sai che è il fiore che incarna il desiderio sessuale, Gene?

Questi erano i loro tentativi di farmi a sentire a casa e gliene ero grato, sebbene non riuscissi a esprimerlo a parole. Avrei voluto essere flessibile come Sumiko, ma, con l'età, si diventa inevitabilmente più rigidi, persino in vite più rosee della mia. Un po' alla volta, stavo cercando di adattarmi, facevo del mio meglio, e speravo di trovare un modo per tornare in contatto con Lucy e Trevor, un giorno.

Nonostante tutto, gli Esper mi capivano profondamente, e questa era una cura più potente di qualunque libro o pianta avrebbero potuto regalarmi. Quando ero con loro, non mi sentivo mai né disprezzato né preso in giro, ma... normale.

Normale... che parola strana, indefinibile.

Eppure, era bellissimo potersi dissolvere in una piccola comunità, senza che ci fosse alcuna tensione o sospetto.

*

Quella sera, Etienne mi incitò a unirmi a una partita di carte con gli altri. Era lui quello che si prendeva più cura di me e si era fatto carico del mio benessere fisico e psichico.

- Penso tu sia abbastanza in forze per una partitina - aveva detto, portandomi dei vestiti puliti.

Una tuta nera col simbolo del GOPEP, che consisteva in una G sullo sfondo di un globo terrestre stilizzato. Fantastico.

- So che è brutta - aveva sospirato Etienne. - Sembra quella di un carcerato, ma Keaton ci passa solo vestiti dell'associazione.

- E come mai voi non li avete, allora?

Esper (da revisionare) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora