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Yates era seduto nella vecchia poltrona girevole del suo misero ufficio, dietro alla scrivania perennemente stipata di file. Un tempo a Scotland Yard godeva di buona reputazione, mentre adesso era tanto se si ricordavano di bussare alla sua porta, prima di entrare. Molti lo ritenevano pazzo per il modo in cui si era fissato sulla morte di quella bambina, Seiko, avvenuta quattro anni addietro. Avevano riso alle sue spalle e, nei momenti peggiori, senza nemmeno darsi la pena di non essere sentiti.

Ora, invece, la situazione si era capovolta.

Non era più possibile ignorare tutte quelle morti e, siccome nessuno sapeva dove sbattere la testa, avevano implorato Yates di riprendere fra le mani il caso. Se l'avesse risolto era assai probabile che il suo nome sarebbe poi scivolato nell'ombra, surclassato da quello di un poliziotto più apprezzato dai superiori; se invece avesse fallito, avrebbero fatto in modo che fosse chiaro quella fosse solo opera di Gregor Yates e nessun altro, in modo da lasciare Scotland Yard immacolata e far sì che fosse lui ad accollarsi tutte le calunnie e il disprezzo della gente.

Yates trasse un profondo sospiro, passandosi una mano sul viso. Più quell'indagine proseguiva, meno senso aveva. Ormai la sua unica speranza di uscirne salvando la faccia era Gene. Il ragazzo gli era sembrato sicuro di sé, per quanto riguardava il killer e, senza il fiato di Keaton sul collo, sarebbe stato in grado di proseguire le indagini al meglio. Doveva essere già entrato in contatto con Sumiko o così sperava Yates. Assieme avevano più possibilità di farcela che tutti gli uomini di Scotland Yard, se si fossero messi a lavorare all'unisono su quel caso... cosa che, fra l'altro, non era molto lontana dalla verità.

Yates fece per sorbire un sorso di caffè, dal quale, negli ultimi anni e, specialmente, le ultime settimane, era diventato letteralmente dipendente, quando la porta della stanza si spalancò, strappandogli un singulto spaventato.

- Yates... - sibilò una voce rude e fredda che conosceva fin troppo bene. - Sei stato tu, non è vero?

- Oh, buongiorno, Keaton. Che visita inaspettata. - mormorò Yates, senza fare una piega, rivolgendogli un sorriso cordiale. - A cosa devo il piacere?

- Smettila di fare il finto tonto, vecchio. So che sei stato tu. Chi altri avrebbe potuto conoscere i punti deboli del sistema di sicurezza del GOPEP e aiutare quel mostro di Sanders a scappare?

- Sanders non è un mostro, Keaton. - sbottò Yates, cessando di mescolare il caffè per un istante. - E' umano, almeno quanto ... beh, stavo per dire te, ma non sembri molto sano di mente, in questo momento. Da quant'è che non ti lavi? Una settimana?

Keaton, che dell'eleganza aveva fatto un'arte, indossava uno smoking stropicciato e ricco di macchie di dubbia origine, fra cui Yates riconobbe vino, caffè e sudore. Il direttore del GOPEP aveva gli occhi stralunati, segnati da delle spesse occhiaie nerastre, e lo sguardo folle. Un leggero tic alla palpebra sinistra gli conferiva ancor di più l'aria di un pazzo, e continuava a tormentarsi i bottoni della giacca con le lunghe dita nervose.

- Non sono qui per giocare Yates. - ringhiò, sedendosi di fronte a lui, le mani premute sulle pile di scartoffie. - Io so che tu sai. Andiamo, ammettilo. Sapevi che Sanders è fuggito, non sei stato affatto sorpreso dalla notizia. Dunque, ora, dimmi dov'è o giuro che passerai il resto dei tuoi giorni a dirigere il traffico.

- Sarebbe una mansione più che onorevole. - sospirò Yates. - E sarebbe un sollievo non doversi occupare di tutte queste cartacce...

Si interruppe nel vedere la faccia di Keaton, che pareva fosse sul punto di esplodere da un momento all'altro, e capì che le sue minacce erano serie.

- E va bene, Keaton. Sì, ho aiutato Sanders a fuggire. Ero stufo di vederlo intrappolato come un animale e credo lui abbia più possibilità di risolvere il caso da solo. Però ti giuro che non ho idea di dove si trovi adesso, né di cosa stia facendo.

Esper (da revisionare) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora