‹‹Cosa? Non puoi. Non te lo permetterò!›› Jeffrey urlò contro la sua ormai ex moglie, in preda ad una crisi di nervi. Cominciò a versare lacrime senza nemmeno accorgersene. La sua voce era strozzata da un pianto disperato.
‹‹Oh certo che posso invece. Ti sei messo contro di me, Jeffrey.›› Hilarie gli puntò il dito contro e gli colpì il petto più volte. Portava in braccio suo figlio, urlante e impaurito.
L'uomo, ormai entrato totalmente nel panico, iniziò a passarsi in maniera convulsiva le mani tra i capelli, sul viso, strinse i pugni talmente tanto forte che le nocche gli divennero bianche. La moglie gli stava per portare via tutto quanto.
‹‹Puoi anche sbattermi in mezzo ad una strada, prosciugare il mio conto in banca...›› i suoi occhi gonfi e rossi, questa volta sprigionavano odio nei confronti della donna. ‹‹...ma non puoi permetterti di portar via mio figlio. Non puoi farlo.›› la fronteggiò e, per un istante, temette di picchiarla. L'avrebbe fatto se non fosse stato così pieno di autocontrollo, nonostante la situazione fosse ormai degenerata.
‹‹Tu...tu non puoi.›› quella frase fu un sibilo, un sussurro appena percepito. Era talmente distrutto da non aver più nemmeno la forza di parlare. Hilarie, incurante delle condizioni di Jeffrey, riuscì a calmare suo figlio, accarezzandogli dolcemente la testa. L'uomo era a terra, in ginocchio con il viso tra le mani. Com'era possibile che, un uomo così apparentemente forte, potesse ridursi così? L'amore per il proprio figlio, riuscirebbe a mandare KO anche il più forte dei campioni.
‹‹Devi firmare le carte, Jeffrey o sarò costretta a provvedere diversamente e ti assicuro...sarebbe meglio se non accadesse. Firma quelle dannate carte e basta.›› sibilò la moglie a denti stretti, indicando le pratiche del divorzio sul tavolo del salone.
Gli tremavano le gambe e temette che, se si fosse alzato, sarebbe crollato nuovamente. Prese un grosso respiro e facendosi leva con le mani, provò ad alzarsi. Barcollò e poggiando una mano sul tavolo di legno, riuscì a rimettersi in piedi. Trascinò le pratiche davanti a sé. Non aveva nemmeno il coraggio di leggerle. Afferrò la penna che la moglie aveva accuratamente poggiato accanto alle carte. Le mani gli tremavano. Non riusciva a firmare.
‹‹Ti prego, Hilarie. Non togliermi la sua custodia. Non ce la faccio, senza di lui.›› non alzò lo sguardo. Gli occhi erano fissi sul tavolo.
‹‹Jeffrey...non farmelo ripetere una seconda volta. Firmale, maledizione.››
Ormai sconfitto, Jeffrey tirò un sospiro straziato. Le lacrime sgorgavano copiose sulle sue guance. Firmò. Non appena lo fece, Hilarie quasi gliele strappò dalle mani.
‹‹Ti voglio fuori casa entro un'ora.››
*
‹‹Una stanza, per favore.››
Jeffrey attese che la donna del motel gli desse le chiavi della sua stanza. Era il numero 113.
‹‹Per quanto tempo si fermerà?››
L'uomo non rispose. Prese il portafogli e ne uscì due banconote da cento dollari.
‹‹Queste per quanto bastano?››
La donna sgranò gli occhi. Disse che tutti quei soldi bastavano per alloggiare una settimana.
‹‹Vuole che l'aiuti con...››
‹‹No›› la interruppe bruscamente Jeffrey. Il suo tono parve quasi minaccioso. ‹‹Non ho bisogno di una mano. Grazie.›› e senza aggiungere altro, trasportò le sue valigie fino alla stanza numero 113.
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You are my second chance || Jeffrey Dean Morgan
FanfictionJeffrey è un attore in piena crisi lavorativa causata da problematiche relative alla sua famiglia. Non trovandosi più sotto i riflettori, pensa che ormai abbia toccato il fondo. Nel momento peggiore della sua vita, riceve una telefonata inaspettata...