CAPITOLO 3

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L'auto accolse comodamente le valigie di Jeffrey, riposte nel bagagliaio, mentre lui e il suo manager occuparono i sedili posteriori. Scott aveva esordito dicendo che per quel breve periodo di tempo a Los Angeles, avrebbe indiscutibilmente ospitato Jeffrey a casa sua, piuttosto che fargli prenotare un hotel. Quando quest'ultimo ne fu messo al corrente ci furono un po' di proteste, ma Scott riuscì a mostrarsi inamovibile di fronte alle lamentele dell'amico e, di conseguenza, la limousine si stava dirigendo proprio alla sua abitazione.

«Sei sicuro di non essere minimamente curioso del nostro programma di lavoro?» chiese Scott con un'aria incuriosita, notando la smorfia distratta dell'uomo seduto di fianco a lui.

«Mah, sì, ho bisogno di sapere i dettagli, ma la cosa al momento non mi interessa.» bofonchiò Jeffrey, immerso nei suoi pensieri. Gli sarebbe piaciuto sapere come fare per distrarsi da tutti quei problemi, ma semplicemente non riusciva. Non ancora. Era troppo presto.

Scott lo scrutò da sotto gli occhiali.

«Certo che sei strano. Quando arriviamo a casa faremo una bella chiacchierata, ed è inutile che fai finta di ignorarmi, signorino.» esordì, incurante del fatto che stesse parlando con un uomo molto più grande di lui, sia di età che fisicamente. Sapeva che Jeffrey aveva bisogno di un po' di insistenza, viste le sue apparenti condizioni. Dal canto suo, l'attore lo squadrò, confuso da ciò che aveva appena sentito, ma decise di lasciar perdere.

*

«Casa dolce casa. Ah. E' sempre bello tornare qui. Ecco aspetta, ti do una mano con le valigie.»

Jeffrey gli passò il bagaglio meno pesante, e i due entrarono in casa senza tante cerimonie.

«Bel posticino che ti sei trovato, Scott. Niente male. Sicuro meglio del posto dove ho passato la scorsa notte.»

«Dici, eh? Beh, mi sembra il minimo.» gli disse il manager di rimando, facendo l'occhiolino e sorridendo soddisfatto.

Una volta sistemati, Scott si propose di preparare qualcosa da bere per rinfrescare la gola del suo amico, e nel frattempo Jeffrey si fece un giro per le varie stanze e i vari piani della casa. Osservò le foto di Scott e della sua famiglia posate sui vari mobili e scaffali; una bella moglie, due figlie ormai nell'adolescenza, bellissime anche loro, e un cagnolone che a vederlo in foto sarebbe potuto sembrare della stessa altezza della ragazzina più giovane.

Felici, spensierati. Foto in vacanza, foto al mare, foto alle feste. Tutto così bello, tanto da annebbiare la mente di Jeffrey, che si ritrovò con le lacrime agli occhi pur non essendosene accorto.

«Cristo.» mormorò tra sé, asciugandosi le ciglia.

«Ehi, Jeff! Ti ho preparato una sorta di cocktail. E' fatto un po' così, non professionalmente, ma sicuramente è meglio di niente. Scendi giù.» gridò una voce dal piano di sotto.

«A.. Arrivo.» rispose lui distrattamente, posando una mano sul più bel ritratto di famiglia che vedeva in mezzo a quel mare di foto.

Scese le scale velocemente, e raggiunse Scott in cucina.

«Eccolo qua, il nostro campione. E' tempo che tu apra bene le orecchie, perché ti devo spiegare un sacco di cose. Ah, ecco da bere.» esclamò, porgendogli un bicchiere contenente un liquido tra l'arancione e il giallo acceso.

«Non sono un amante dei cocktail sopraffini. Preferisco il rum. O la tequila.»

«Oh, dai. Zitto e bevi. Non mi sembra il momento di andarci giù pesante, non credi?» insistette il manager.

Jeffrey annuì e mandò giù qualche sorso. Si sedette su una sedia di fronte a lui, in attesa della spiegazione del suo futuro lavoro – che al momento era l'ultima cosa che avrebbe voluto sentirsi dire.

You are my second chance || Jeffrey Dean MorganDove le storie prendono vita. Scoprilo ora