Capitolo 17 - Tutto alla normalità.

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I raggi di sole che penetrarono dalla finestra della mia camera mi infastidirono e mi costrinsero ad aprire gli occhi.

Tentai di cercare il cuscino a tastoni, ma l'unica cosa che la mia mano incontrò fu un petto tonico e scolpito alla perfezione.

Sobbalzai e ritirai immediatamente la mano: «Ma che cazzo», borbottai, notando in che posizione mi trovassi.

Sentivo il suo braccio stringermi la vita, la presa salda e ferrea.

Come ci eravamo finiti in questa situazione?

Tentai di divincolarmi ma sembrava impossibile.

«Angelo, sta' ferma, sto cercando di dormire», lo sentii mormorare, mentre sul suo viso cominciava ad intravedersi l'ombra di un sorriso.

Lo guardai male. «Da quanto sei sveglio?» chiesi.

«Da un po'», rispose, stringendomi ancora di più in modo che mi ritrovassi completamente stesa su di lui.

Ad un tratto sentii qualcosa sfiorarmi la coscia e arrossii violentemente quando capii di cosa si trattasse.

Gli era venuta un erezione, santo cielo!

Lo colpii con uno schiaffo e lo sentii ridacchiare.

«Scusami, angelo, ma sono pur sempre un uomo ed è mattina», quasi si giustificò, ma l'unica cosa che ottenne fu quella di farmi arrossire ancora di più.

Finalmente mollò la presa sul mio corpo e scattai in piedi.

Non sapevo il motivo specifico ma vederlo la mattina, steso sul letto, con le lenzuola aggrovigliate attorno, i capelli scompigliati e gli occhi ancora un po' assonnati mi provocava uno strano effetto, quasi come se tutto dentro di me si fosse attorcigliato.

«Che ore sono?» chiesi.

«Quasi mezzogiorno», rispose ed io spalancai gli occhi.

«Cazzo», esclamai e afferrai immediatamente il mio cellulare dove, come previsto, trovai delle chiamate perse da parte di mia madre.

Avremmo dovuto vederci a quell'ora, pranzare insieme per poi salutarci.

La richiamai immediatamente e rispose al secondo squillo.

«Mamma! Perdonami, mi sono addormentata... dove sei? Dammi cinque minuti e arrivo», parlai velocemente, dimenticandomi quasi anche di respirare.

Lei rispose che non c'era alcun problema, che sarebbe partita alle due del pomeriggio e che stava per arrivare davanti al mio dormitorio.

Quando chiusi la telefonata afferrai in fretta e furia tutte le cose che mi servivano, dopodiché mi fiondai in bagno per prepararmi.

Dopo alcuni minuti uscii dalla doccia e avvolsi il mio corpo in un telo bianco.

Improvvisamente la porta si spalancò ed io cacciai un urlo.

«Kyle esci immediatamente!», gridai.

Lui rise, mentre il suo sguardo vagava su tutto il mio corpo, soffermandosi poi più a lungo sulle mie gambe.

«Niente male, angelo», commentò con un sorriso sfacciato dipinto in viso.

Gli lanciai contro una saponetta e rise ancora più forte.

«Sei un idiota! E se fossi stata completamente nuda?» gridai ancora, fulminandolo con lo sguardo.

«Era quello che speravo», rispose ed io gli lanciai contro un asciugamano che afferrò al volo.

«Quanto ti odio», esclamai, alzando gli occhi al cielo.

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