Capitolo 23 - Una notte da brivido.

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«Non allontanatevi mai da sole, non è un bel posto questo», ci raccomandò Paul in tono parecchio severo.

Un po' come quando alle medie, durante la gita di fine anno, i genitori riempivano la testa ai propri figli con mille raccomandazioni: non allontanarti dalla professoressa, non andare mai in bagno da sola, non vagare per le strade di sera, non accettare nulla dagli sconosciuti, non dare confidenza agli estranei, e chi più ne ha più ne metta.

E sì, sembrava proprio essere preoccupato... eppure era stato lui a portarci lì.

Sharon gli disse di non preoccuparsi, dopodiché lui le afferrò la mano e cominciò ad incamminarsi verso una folla di persone che si trovavano radunate in un angolo di quella strada larga e isolata, illuminata soltanto da alcuni miseri lampioni a tratti funzionanti.

Potevo giurare che la mia migliore amica fosse arrossita come un peperone, a causa di quel gesto apparentemente innocuo.

Io e Margaret camminavamo dietro di loro, mentre al nostro fianco si trovavano i ragazzi, come a volerci proteggere.

Peccato che non sapessero che in posti come quelli io ci fossi cresciuta e con me anche i miei amici che costringevo, in un modo o nell'altro, ad assistere alle mie gare e non solo.

Era nel mio DNA, in fondo.

«Cosa sai di queste gare? Le organizzano ogni giovedì?», domandai a Margaret, con la speranza che potesse darmi qualche informazione.

Lei scrollò le spalle. «Non ne so molto, a dire il vero. I miei fratelli non volevano portarmi quasi mai qui. So che siamo nella periferia di Orlando, più o meno, e so che chiamano questo posto Royal Died», spiegò.

Mi sentii delusa, ancora una volta, ma prima che potessi chiedere qualcosa a Brian o Alex, che ero sicura ne sapessero qualcosa in più, sentii la voce di Kyle che attirò la mia totale attenzione.

«Che cazzo ci fate qui?» ringhiò lui, dopo averci visti, o meglio... avermi vista.

Sapevo che se io non ci fossi stata non avrebbe dato di matto, sapevo che il problema principale del suo cattivo umore fossi io e la cosa mi infastidii e non poco.

Feci finta di non aver sentito e distolsi lo sguardo da lui, facendolo vagare altrove.

Notai l'abbigliamento di tutte le persone che erano lì: giacche di pelle, jeans strappati e maglie larghe - a parte le ragazze che sembravano essere delle spogliarelliste - ed ero sicura che mi sarei sentita parecchio fuoriluogo se non avessi avuto la compagnia delle mie amiche, che erano sulla mia stessa barca.

Non avevo avuto tempo di cambiarmi, o meglio... avevo proposto l'idea di passare per il campus ma era stata respinta immediatamente dai ragazzi.

Altrimenti sarei probabilmente arrivata lì in sella alla mia moto.

«Mantieni la calma, amico. Non vedo quale sia il problema», ribatté Paul.

Non sentii la risposta, poiché non c'era stata e lo capii soltanto quando, da un momento ad un altro, vidi Kyle venire verso di me con passo deciso e poi mi sentii afferrare per un braccio e trascinata via tra la folla.

Piantai i piedi a terra e tentai di divincolarmi, ma la sua presa era ben ferma e solida. Mi teneva stretta, senza però farmi male.

«Ma che vuoi?» sbottai.

I suoi occhi si puntarono dentro ai miei e per un momento vacillai.

Si avvicinò pericolosamente a me e al mio viso: provai a fare qualche passo indietro, per allontanarmi almeno un po', ma non me lo permise.

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