Capitolo 49 - Il suo ricordo ovunque.

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Avevo appena finito di prepararmi per uscire, dovevo vedermi con Steve da lì a poco, poiché gli avevo promesso che ci saremmo presi un caffè insieme, il prima possibile.

Ed io mantenevo sempre le promesse che facevo, dal momento in cui le facevo.

Lui, d'altro canto, non aveva perso tempo e al mattino mi aveva chiamata subito, chiedendo conferma.

Non avevo motivo di rifiutare, comunque, seppur non mi fossi svegliata esattamente di buon umore.

Ciò che era accaduto la sera prima mi aveva destabilizzata parecchio, non mi aspettavo una sorpresa del genere.

Ritrovarmi la sua collana tra le mani mi provocò un mix di emozioni contrastanti dentro che non sapevo come gestire.

Ripensai a lui, ai suoi occhi, al suo sorriso, al suo modo di infastidirmi, al suo carattere strano, al suo essere lunatico ma anche estremamente dolce, se si impegnava.

Ripensai ad ogni cosa, situazioni belle e situazioni brutte, e ciò mi confuse.

Tanto che, al pensiero di com'era andata a finire, mi addormentai sul letto, ancora vestita, con la sua collana stretta tra le mani e le lacrime agli occhi.

E anche in quel momento, mentre mi osservavo allo specchio, provai le stesse identiche cose.

Accarezzai il ciondolo della collana che indossavo ormai al collo e sorrisi tristemente.

Dura da ammettere, ma mi mancava. Ed erano passati meno di due giorni.

Come poteva, una persona, riuscire ad entrare dentro di te nel giro di così poco tempo? Come poteva, una persona prima sconosciuta, diventare tanto importante? Come poteva, lui, che adorava infastidirmi, riuscire a capirmi con un solo sguardo? E, come poteva, sempre e solo lui, avere il potere di ferirmi con una misera parola?

Ma, la cosa che più mi infastidiva, era non riuscire a trovare risposte a tutte le mie domande.

Specialmente, una.

Come potevo essermi innamorata di lui?

Sospirai e scossi la testa, tentando di accantonare il suo ricordo in un angolo remoto della mente.

Anche se sapevo benissimo che non se ne sarebbe andato tanto facilmente.
Il trillo del mio cellulare mi riportò alla realtà.

Era un messaggio da parte di Steve.

"Da Starbucks tra cinque minuti?".

Risposi di sì, per poi posare il cellulare dentro la tasca posteriore dei miei skinny jeans neri, strappati alle ginocchia.

Avevo optato per qualcosa di casual, per niente elegante. Jeans e T-shirt.

Insomma, era un caffè tra amici di vecchia data, da Starbucks poi, quindi andavo più che bene direi.

Mi precipitai in bagno e diedi una spazzolata ai miei capelli, che sembravano un nido di rondini.

Mi passai uno strato di correttore per coprire le occhiaie scure attorno ai miei occhi e mi reputai pronta per uscire.

Non avevo per niente voglia di truccarmi.

Non mi andava di far nulla, in realtà.

Scesi al piano inferiore, dove trovai mia madre intenta a prepararsi qualcosa di veloce per il pranzo, dato che doveva andare a lavoro.

«Buongiorno», la salutai.

Lei si voltò verso di me e mi regalò un dolce sorriso.

«Buongiorno dormigliona. Ti ho lasciata dormire solo perché vedo che non stai bene, ma non prenderti l'abitudine», esclamò.

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