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L'ombra del corpo esile di Mario si rifletteva sulla facciata del palazzo. Mario osservava un se stesso dai contorni indefiniti e scuri portarsi alle labbra una sigaretta quasi finita. Rilasciò il fumo e vi guardò attraverso, immaginando delle piccole particelle che nascevano compatte e finivano per disperdersi nell'aria, smarrendosi l'un l'altra. Si ricordò della presenza di Mattia al suo fianco solo quando lo sentì sospirare. Si voltò di scatto, quasi spaventato. Come diavolo era possibile che avesse dimenticato di averlo lì, a due passi?

"Mario, puoi dirmi cos'hai", disse lui sedendosi su un muretto poco distante e lasciando che anche Mario vi prendesse posto. "Puoi dirmelo, non ti giudicherò."

La sua voce parve quasi un sussurro rilasciato a voce così bassa che sarebbe risultato incomprensibile se non fossero stati seduti così vicini.

Mario si chiese come mai avesse accettato di uscire con lui quella sera. Certo, Mattia gli piaceva. Era un bel ragazzo, una persona piacevole con cui era altrettanto piacevole trascorrere del tempo. Eppure era consapevole di non riuscire ad andare oltre quello. Era consapevole di non poter provare per l'altro nulla di più che un interesse superficiale.

Anzi, gli pareva che più si sforzasse di farselo andar bene, di farselo piacere, e più la consistenza di ciò che inizialmente gli era piaciuto del ragazzo cominciasse a sfumare e a disperdersi attraverso le sue dita. Non c'era verso di afferrare qualcosa che non c'era.

"Sto bene, sono solo un po' stanco", mentì, portandosi una mano tra i capelli e sistemandoli di lato.

"Mhh, sicuro?", chiese insistendo ancora una volta.

Per un istante Mario si chiese come sarebbe stato rivelare il motivo del proprio malessere. Si domandò se, in qualche modo, avrebbe comportato un miglioramento del proprio umore e, soprattutto, se avrebbe attenuato quel forte dolore al petto che ultimamente non lo lasciava mai in pace.

"A volte ho come la sensazione che il mondo potrebbe crollarmi addosso da un momento all'altro", gli rivelò, sorprendendo anche se stesso. Mattia spalancò gli occhi a causa dell'imprevedibilità di Mario e del suo discorso piovuto dal cielo.

"Perché?" gli chiese semplicemente, incapace di formulare una domanda più dettagliata. Forse non c'era neanche bisogno di essere giusti o minuziosi, quando si tratta di sentimenti.

"Perché non potrò mai avere ciò che voglio veramente..."

Fu un attimo. L'attimo esatto in cui Mario si rese conto che una lacrima solitaria stesse solcando il proprio volto. L'attimo esatto in cui si rese conto che non sarebbe più riuscito a tenersi dentro un'emozione così grande, un amore così grande.

Fu l'istante in cui sentì l'istinto di raccontare tutto, di spiegare il motivo del proprio malessere al primo sconosciuto, perché Alessia, Rosita, Paolo, non avrebbero dovuto saperlo. Per qualche momento gli sembrò l'unica vera alternativa a sua disposizione.

"Stai parlando d'amore, non è così?"

Mario deglutì e si voltò nuovamente, guardando dritto davanti a sé. Si sentì così spoglio, così vulnerabile. Creta, stoffa, gesso a contatto con l'acqua.

Ebbe paura di esporsi tanto.

"Io non ti piaccio, eh Mario?"

Ci sono cose a cui non puoi dare una spiegazione esauriente se non vuoi rivelare una parte importante di te. Ed è per questo che Mario non era mai riuscito a spiegare a nessuno dei ragazzi che aveva frequentato nel corso degli anni il motivo per il quale non riusciva mai a lasciarsi andare veramente.

"Non è questo Matti. Lo sai che non è così. Siamo... siamo stati bene."

Mattia sorrise stancamente. Erano settimane che rincorreva Mario, e si era stufato di stare dietro ai suoi cambiamenti d'umore, ai suoi capricci, alle sue fragilità. Aveva capito che il cuore di Mario non sarebbe mai stato suo.

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora