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Uno, come il numero che gli portava fortuna.

Due, come le ore trascorse dall'ultimo messaggio che Claudio gli aveva inviato.

Tre, come i giorni che si erano susseguiti da quando era tornato da Verona.

Quattro, le volte in cui in quel periodo si era sentito sopraffatto ed insicuro.

Cinque, i minuti mancanti alla chiusura del proprio turno.

Mario contava le magliette impilandole una sull'altra, a gruppi di cinque per taglia, e le posizionava sugli scaffali come gli era stato indicato. La mattinata era stata abbastanza pesante, specialmente perché non aveva avuto il tempo di assimilare tutte le informazioni nuove che il dipendente che si occupava del suo inserimento gli aveva snocciolato tutte insieme. Aveva la testa da un'altra parte, decisamente. E non poteva in alcun modo rimediare a quel disastro, visto che non riusciva a pensare ad altro che a Claudio.

Claudio, le labbra turgide e carnose, il volto contratto dal piacere, il suo sorriso e la sua voce assonnata. Claudio, quell'essere incredibilmente puro eppure decisamente terreno che amava da sempre.

E che finalmente era suo.

Da non crederci. Mario non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe potuto dirlo. Claudio lo amava, lo amava dello stesso amore che muoveva lui, che aveva sempre mosso lui. Lo amava con l'intensità di un uragano, con il tormento di una tempesta. Lo amava senza conoscere un come, un quando. Lo amava da sempre ed in maniera incontrastata. Ed lo stesso valeva per Claudio.

Si erano amati sempre, forse in modo diverso, probabilmente con diverse aspettative. Mario aveva sempre creduto di non poterlo avere, Claudio aveva sempre rifiutato l'idea di volerlo avere.

Eppure erano arrivati ad un punto in cui era stato impossibile resistersi. Mario stesso, che si era ripromesso di non cominciare con lui alcuna relazione prima di chiare la situazione con Alessia, non era riuscito a tener fede alle proprie intenzioni. Vedere Claudio, sentire la sua sofferenza, avvertire che anche lui sentiva la sua mancanza in un modo che non riusciva a contrastare lo aveva fatto stare malissimo. Perché, certo, per Alessia avrebbe accettato la propria sofferenza. Avrebbe vissuto al limite del possibile. Ma non avrebbe inflitto del dolore anche a Claudio. Non si sarebbe mai perdonato di sapere che stesse male per una questione che riguardava la propria lontananza. Mario lo amava, non poteva deludere il proprio sentimento. Il suo amore brillava incontrastato al centro del suo petto.

Piegò l'ultimo capo della giornata e poi, stanco morto, si rivolse al responsabile.

"Ho finito..."

"Va bene Mario, puoi andare."

Mario sospirò distrutto, ma soddisfatto. Recuperò i suoi effetti personali, infilò lo zaino in spalla e finalmente si diresse fuori dal negozio. Il primo pensiero fu quello di estrarre il cellulare per telefonare a Claudio. Non si sarebbe mai abituato a quella distanza. A volte si chiedeva come sarebbe stato se fosse tornato a Verona. Avrebbero potuto vivere la relazione con maggiore tranquillità, ma era convinto che non avessero bisogno di quella per fare in modo che il loro rapporto funzionasse. Lui e Claudio erano così complementari, così emotivamente vicini, così destinati, appartenenti, che nessuno avrebbe mai potuto allontanarli. Neppure la distanza stessa. Il loro rapporto avrebbe funzionato comunque, in ogni modo, in ogni circostanza. A qualunque condizione.

"Hey...", rispose Claudio dopo appena qualche squillo.

"Ho appena staccato.", lo informò Mario, a cui sembrava di aver appena ricominciato a respirare. Anche solo sentirlo gli rinvigoriva l'umore, gli migliorava la giornata. Anche solo sentire il rumore del suo respiro. Avrebbe potuto vivere di quella voce.

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora