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Tu che sei parte di me
e lasci fuochi, piccole tracce
per riportarmi a casa.
Tu che sei parte di me
ultima luce,
ultima insegna accesa.

Quattro anni dopo

Mario accarezzò distrattamente il tessuto del porta abiti nero. La consistenza liscia gli richiamò alla mente la morbidezza della pelle.

Infilò le mani nelle tasche dei suoi pantaloni e tastò il pacchettino che vi aveva infilato quella mattina, quando era uscito di casa. Era felice. Per la prima volta dopo tanti anni poteva dirsi completamente felice.

L'indomani sarebbe stata una giornata importante, e lui si sentiva completamente soggiogato da quelle emozioni. Non sapeva come gestirle, non riusciva a trattenere quelle sensazioni così vivide. Gli sembrava di esplodere di gioia. Se fosse stato un fuoco d'artificio avrebbe riempito il cielo di mille colori diversi.

Attraversò la cucina e sentì su di sé gli occhi familiari più simili ai propri che avesse mai incontrato.

"Bo, come ti senti?"

Alessia gli sorrise, ma era completamente fuori controllo.

"Agitata."

Le sedette di fronte, senza attraversare quel limite invalicabile che in quei giorni Alessia aveva tirato su.

"Dai, Ale... stai esagerando. In fondo è solo un..."

"Matrimonio.", lo interruppe lei senza riuscire a nascondere il proprio malessere. "Il mio, per altro."

Mario si schiuse in un sorriso. Vederla così gli aveva sempre provocato un moto di tenerezza nelle viscere. "Sì, ma non è una prova. Non è un esame all'università. Perché sei agitata?"

Notò il volto di Alessia trasformarsi, assumere un'espressione preoccupata, sintomo di un pensiero indicibile.

"Starò facendo la cosa giusta?", chiese alla fine.

Trovarsi di fronte ad una scelta del genere non era semplice. Alessia lo aveva fatto consapevolmente, ma di tanto in tanto tornavano le incertezze. Mario notò che stava tremando, così si alzò dalla sedia che occupava e le si avvicinò, valicando il confine che avevano deciso di tracciare.

"No, Mario, non avvicinarti, lo sai che poi comincio a piangere.", lo implorò lei mentre Mario le cingeva i fianchi. Come se quella richiesta non fosse mai stata mossa strinse più forte, per sentirla parte di sé, dentro di sé. Il corpo di Alessia fu scosso da un singhiozzo.

"Allora sfogati."

Non se lo lasciò dire più di una volta, e si liberò in un pianto sconnesso e senza pudore. "Scu... scusa. Sono patetica, lo so.", disse asciugandosi il volto.

"Qual è il problema, Bo?"

Alessia scosse la testa sciogliendo l'abbraccio. "Nessuno. Ho solo paura. È la persona giusta?"

Mario la carezzò una gota asciugando una lacrima solitaria, rimasta all'angolo dell'occhio. "Credo di sì", le confessò.

"Come fai a dirlo?"

E lui sapeva come risponderle per riuscire a calmarla, per darle la sicurezza di cui necessitava in quel momento.

"Perché non ho mai visto un amore così."

Alessia tirò su col naso. Sembrava una bambina, in quella vestaglia, con i bigodini, una cuffia a ricoprire i capelli che stavano assumendo la piega necessaria.

"Non copiarmi le battute!", si lamentò.

"Però questa era bella..."

Alessia rise. "Sì, lo so. L'ho detta io."

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora