2.4

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Claudio stava osservando Alessia da un po'. Sistemava nervosamente i maglioni nelle buste che avrebbe riposto nell'armadio grande, in cantina. A casa De Santis si faceva così ogni anno, quando cambiava la stagione. I loro armadi non erano particolarmente capienti da contenere vestiti invernali ed estivi, e quindi erano costretti a portare giù tutta la roba inutile quando non sarebbe servita per un po' di tempo.

Alessia sbuffò lasciando che una ciocca di capelli danzasse davanti ad i suoi occhi, mossa dal suo fiato caldo. "Che palle!", esclamò quando non riuscì a chiudere una busta particolarmente piena. "Mi sono rotta."

Claudio la osservava impotente, senza sapere come comportarsi. Era da tempo che la sintonia tra i due si era spezzata. A pensarci, non ricordava neanche da quanto non erano più vicini, o se lo fossero mai stati per davvero. Sapeva di provare per lei un grande affetto, una tenerezza immensa. Un amore. Un amore profondo ed incontrastato. Alessia occupava un angolo importante del suo cuore. Ma si rendeva conto anche che quello non fosse l'amore che aveva sempre creduto di provare per lei. Non era un amore fisico, carnale. Non c'era passione nei loro gesti. Non c'era senso di possesso, di gelosia.

Provare gelosia nei confronti di Mario lo aveva posto di fronte ad una domanda: perché per Alessia non sentiva mai quella sensazione strana allo stomaco, neppure quando un ragazzo la guardava in un modo più interessato ed insistente?

Alessia non mi dà mai modo di essere geloso. Alessia è una ragazza assennata. Alessia non mi tradirebbe mai.

Certo, era vero, ma non bastava più. La gelosia è un sentimento irrazionale, che esiste anche quando non ve n'è ragione, e Claudio ne era perfettamente consapevole. Si era reso conto, ad esempio, che da quando c'era Alberto, sapere Mario all'Urban quando lui non era lì lo logorava dentro, nel profondo. E come era possibile, se Mario non era legato a lui da un rapporto amoroso? Com'era possibile se si trattava di un uomo?
Forse era così perché la gelosia non ha alcuna ragione d'essere, e non ci sarebbe stato mai nessun motivo valido per il quale provarla. L'avrebbe sentito e basta.

"Ale..." provò a dire, senza sapere come continuare. Sapeva che avrebbe dovuto chiarire la situazione che c'era tra di loro. Sentiva la distanza crescere giorno dopo giorno, e ciò che era accaduto con Mario non aiutava. L'aveva tradita fisicamente e nei sentimenti. "Ale, qualcosa non va?"

Alessia si voltò verso di lui e lo fissò duramente, come se avesse qualcosa da dire. Quello sguardo giudicante gli arrivò dritto nel petto come una lama tagliente e crudele. Lo fece a pezzi. Per qualche secondo temette il momento il cui lei avrebbe parlato. Poteva significare tutto o niente. Ma in qualche modo avrebbe segnato un punto di rottura, nel bene o nel male.

Ma Alessia non parlò. Lo guardò soltanto, con quell'espressione dura e sprezzante, e il resto del mondo si fermò per qualche attimo. Claudio si sentì un mostro.

"Ti aiuto?", fece per alzarsi e le prese la busta dalle mani, chiudendola accuratamente. Lei lo lasciò fare, inerme, accettando ogni sua volontà. Le restituì il pacco enorme e l'osservò mentre a fatica lo riponeva insieme agli altri.

Lesse su alcune delle buste il nome di Mario. Evidentemente aveva già compiuto quell'operazione. Trasalì al solo leggere quelle lettere che davano vita al suo nome, e si sentì nuovamente smarrito, come l'ultima volta che si erano visti.

Era andato a casa loro solo perché consapevole che a quell'ora non lo avrebbe trovato, essendo impegnato con il lavoro.

"Ti aiuto a portarli giù.", disse caricandosi di due sacchi e percorrendo la strada che conosceva a memoria. Alessia non lo seguì. Continuò a sistemare gli abiti all'interno delle buste lasciando che lui portasse tutto al piano di sotto, in cantina.

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora