5.8

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E se lo scrivo
mi sembra l'eternità.





Vivere o morire?

Il suo turno era finito. Forse anche la sua vita era finita.

Che senso aveva continuare ad andare avanti, a respirare, a camminare, ad esistere, se da tre giorni Claudio non lo chiamava?

Quante volte aveva avuto l'istinto di far partire una chiamata, quante volte aveva sentito l'impulso di scrivergli? Ma non lo aveva fatto. Voleva rispettare la richiesta di Claudio.

Si sarebbe fatto sentire lui. Così era stato stabilito.

E probabilmente, se non lo chiamava, voleva dire che non ne aveva voglia. O, peggio, che non ne aveva sentito la necessità.

Giorni d'inferno, in cui la gola bruciava di veleno. Il veleno dell'esistenza, il veleno della vita che scorreva senza darti tregua. Aveva perso tutto.

Non riusciva più a guardarsi nel domani, a vivere pensando al futuro. Senza Claudio gli sembrava di non avere alcuna possibilità di futuro.

Afferrò lo zaino che aveva lasciato nello stanzino a disposizione dello staff, ma non appena fece per andar via fu fermato dal dottor Sacco.

"Mario, devo parlarti. Vieni nel mio ufficio?"

Mario annuì stancamente e lo seguì. Non vedeva l'ora di tornare a casa, farsi una doccia e buttarsi sul divano senza fare nulla. Non vedeva l'ora di chiudersi nel silenzio e nella solitudine delle sue inutili giornate.

"Vieni, accomodati."

Mario entrò nell'ufficio e, come di consueto, si accomodò sulla poltrona di fronte a quella di Sacco. Neanche si chiese il motivo per il quale era stato convocato, ormai apatico rispetto a tutto ed indifferente alla vita.

"Penso che immagini il motivo per cui sei qui."

"Io... no.", ammise Mario, come risvegliatosi da un lungo sogno.

"Come, Mario? La pratica di trasferimento!"

Quelle parole ebbero la capacità di svegliarlo completamente. Lo aveva dimenticato. Per mesi aveva sperato di ricevere notizie, ma negli ultimi giorni non ci aveva più pensato. "Ah, certo.", si costrinse a dire.

"Bene, devo darti una bella notizia."

Chissà come mai le belle notizie arrivano sempre nei momenti meno opportuni. Chissà come mai adesso non me ne frega un cazzo della tua bella notizia.

"Mi dica..."

"Senza troppi giri di parole, si è liberato un posto nel punto vendita di Verona. Puoi tornare a casa."

Mario sospirò, neanche un accenno di gioia nei suoi occhi. La vita è proprio bastarda, ti mette di fronte a delle prove assurde, proprio quando non hai alcuna intenzione di sottoporti ad esse.

"Quando sarebbe?", s'informò con voce atona e poco convinta.

"Dovresti cominciare lunedì. Un ragazzo è venuto meno all'ultimo momento e... ma non ti fa piacere?", gli chiese, rendendosi improvvisamente conto della sua apatia rispetto alla situazione.

"Dottor Sacco, io... sì, certo. Solo che, se possibile, vorrei chiederle del tempo per pensarci."

Il responsabile lo guardò stupito, aggrottando la fronte e puntellando le dita sulla scrivania. "Vuoi scherzare, Mario? Dov'è finita tutta quella fretta di tornare a casa?"

Mario provò a fare marcia indietro. "Io voglio tornare. È solo che... vorrei consultarmi un attimo con..."

"Senti, Mario, la richiesta di trasferimento è qui.", gli disse brandendo il foglio che aveva tra le mani. "Ho bisogno di sapere subito cosa vuoi fare. Non abbiamo tempo da perdere, potrebbero soffiarti il posto in qualsiasi momento."

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora