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I minuti erano diventati ore. Poco a poco il tempo era passato. Aveva gravato sul cuore di Claudio come se fosse trascorso un anno. Lentamente, senza tregua. Claudio lo sentiva nelle ossa, mentre scorreva. Gli sembrava perfino che andasse all'indietro, per quanto piano avanzava. Eppure le ore, alla fine, erano passate, ma di Mario non vi era alcuna traccia.

Né fisicamente, lì con lui, né astrattamente attraverso un telefono.

Claudio gli aveva dato il suo tempo, senza mettergli pressione. Aveva deciso che sarebbe stato necessario che lui decidesse da solo quando contattarlo, o quando tornare. Non voleva sembrare asfissiante, non voleva spingerlo in qualcosa di cui non era convinto fino in fondo.

Perché Claudio lo sentiva, Mario non era pronto per parlare con Alessia. Lo aveva capito subito dal suo modo di reagire quando ne avevano discusso. Se n'era reso conto, ma aveva paura di accettarlo.

E più le ore trascorrevano, più prendeva coscienza di quella verità.

Osservava il proprio cellulare sfinito dal sonno ma senza la possibilità di addormentarsi, perché non avrebbe mai chiuso occhio.

Aspettava il momento in cui Mario avrebbe varcato quella porta e lo avrebbe salutato con un bacio, rimandando la questione all'indomani. E forse Claudio avrebbe dovuto infondergli un po' del proprio coraggio.

Eppure le ore passavano e di Mario non c'era traccia.

Claudio mandò a quel paese i buoni propositi e digitò un messaggio per Mario.

Allora? Ancora impegnato?

Non voleva opprimerlo, ma sentiva la necessità di scrivergli. Erano ormai ore che non si faceva vivo.

Dopo avergli mandato quel messaggio, però, la situazione divenne molto più difficile da sostenere. Ogni secondo in più in cui Mario non rispondeva diventava un'ora. Ogni piccolo rumore era un sussulto del suo cuore. Ma Mario non gli scriveva, e non arrivava. Erano le tre di notte, ormai. Quanto ancora poteva protrarsi quella chiacchierata? Prese il cellulare e digitò un altro messaggio.

Mario, che fine hai fatto?

Ancora nessuna risposta. Attese qualche minuto ma poi, incapace di aspettare oltre, Claudio prese il cellulare e lo chiamò. Ma mentre la sua mente fabbricava le frasi da rivolgergli si rese conto che il telefono squillava a vuoto. Da quanto non si sentiva così dipendente da una telefonata? Forse non era mai accaduto prima.

Era come se la sua vita dipendesse completamente da quell'istante. Un istante eterno e fugace. La vita che scorre e non lascia scampo.

Claudio era distrutto fisicamente e l'attesa lo stava annientando. Probabilmente Mario non aveva il cellulare con sé, altrimenti gli avrebbe risposto subito.

Erano le quattro di notte quando finalmente arrivò la sua telefonata.

Claudio non diede il tempo al cellulare di squillare, che già aveva risposto.

"Pronto!", disse senza rendersi conto di aver urlato.

"Ehi, Clà. Scusa, non avevo sentito il cellulare. Mi sono intrattenuto con Alessia in giardino e s'è fatto tardi..."

"Ah..."

Claudio si sentiva senza forze, ma finalmente sollevato. Non sapeva il perché, ma il solo sentire la voce di Mario lo rassicurava come mai gli era capitato in tutta la vita.

"Ma non vieni?", gli chiese speranzoso. "Ti stavo aspettando."

Sentì Mario sospirare dall'altra parte del telefono. Lo sentì rilasciare del fumo.

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora