3.2

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Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai partito.
Il mio viaggiare
è stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.





Quella mattina Mario si svegliò con le ossa a pezzi. Aveva dormito in una brandina, in salotto, perché Davide non aveva una stanza per gli ospiti. Allungò i muscoli cercando di rilassarli mentre una tensione invasiva si concentrava particolarmente sul suo collo.

Daniele era già andato via da molto, Mario l'aveva sentito uscire. Era sveglio da un po', ma era rimasto nel letto ad occhi chiusi, tardando il più possibile il momento in cui si sarebbe alzato, per rimandare l'istante in cui avrebbe dovuto affrontare la giornata e con essa tutte le responsabilità che aveva deciso di prendersi.

Era a Roma. Non si trattava di uno scherzo, di una breve fuga, di qualcosa di non meditato. Era a Roma per cominciare una nuova vita. Ci aveva pensato e ripensato, si era arrovellato su quel punto per settimane, mentre vedeva Alessia stare male, mentre la osservava alzarsi dal letto a fatica, mentre la vedeva perdersi senza riuscire a studiare o a continuare la sua vita come aveva sempre fatto. Lui stesso si trascinava al negozio senza speranza e con il cuore sempre più pesante. Continuava le sue giornate senza gioia. Nel cuore la sensazione asfissiante di fare del male alle persone a cui voleva bene.

Si alzò dal letto cercando di scacciare dalla mente i pensieri negativi e si diresse in cucina. Sul piano cottura c'era una moka ancora piena di caffè, e Mario se ne versò una tazza per poi sorseggiarlo poggiato all'estremità del lavello. Sospirò e ripose la tazzina nella lavastoviglie, e poi decise che sarebbe stato tempo di riaccendere il cellulare. Non voleva che la sua famiglia si preoccupasse eccessivamente e senza motivo. Lo recuperò dal fondo dello zaino, in cui l'aveva gettato la sera prima per non avere la tentazione di accenderlo e far partire una chiamata. Nella sua mente, in quell'attimo, si susseguirono ancora quelle immagini che lo stavano tormentando.

Credo di non aver mai fatto l'amore prima di stanotte.

Quando lo accese, il cellulare cominciò a lampeggiare più volte. Aveva ricevuto, com'era prevedibile, moltissimi messaggi e tante chiamate.

Aprì la chat e il suo sguardo cadde immediatamente su quel nome, come attirato da una forte calamita che non avrebbe mai smesso di sortire un'influenza su di lui. Si rese conto che stava tremando.

Mario, dove sei?

Non fare cazzate e torna a casa.

Sei uno stronzo, non mi hai detto nulla.

Mario vaffanculo.

Mario sentì un dolore al petto. La consapevolezza di aver abbandonato Claudio in un momento difficile. La voglia di sentire la sua voce, la voglia di sapere come stesse. Tirò un respiro e continuò a leggere.

Ho fatto qualcosa di male?

Mario, risolveremo tutto ma non lasciarmi.

Una lacrima solcò il suo volto mentre quello che rimaneva di lui si frantumava in mille pezzi. Non lasciarmi.

Non potrei mai, Clà. Non potrei mai lasciarti per davvero. Sarai sempre con me.

Smise di trattenere il respiro e scoppiò in un pianto disperato.

Si accovacciò sulle proprie gambe e continuò a piangere a lungo, mentre pensava agli occhi di Claudio accesi da una nuova fiamma che ardeva solo per lui.

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora