2.8

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Due settimane.

Due lunghe, interminabili settimane in cui non si erano più visti o sentiti. Due settimane in cui Mario si era negato quando Claudio aveva provato a telefonargli. Non sapeva cosa gli passasse per la testa, e neppure ne aveva una vaga idea. Sentiva soltanto il flusso del sangue percorrere le sue vene dall'interno. Era vivo. Sbatacchiato tra uno scoglio e l'altro, in preda alle onde del mare. Dolorante, agonizzante ma vivo.

Si rigirò nel letto senza riuscire a prendere sonno. Era così da settimane, ormai.

Sentiva la sensazione delle labbra di Mattia sulle sue. Un sapore sconosciuto che gli aveva sconvolto i sentimenti. A pensarci, non era poi così rilevante il fatto di aver baciato un uomo. Prima di Mattia c'era stato Mario, e sebbene lui non l'avesse considerato un uomo qualsiasi, perché non lo era, si trattava pur sempre di un uomo. Eppure quel momento era rimasto incastrato tra i suoi pensieri, e non riusciva a scrollarselo di dosso. Ricordava il movimento delle labbra di Mattia, sentiva la sua lingua insinuarsi in lui e procedere lenta, avvertiva un calore inesplorato prendere possesso del proprio corpo. Sentì come se uno schiaffo l'avesse investito in pieno volto.

Ma non passava un secondo, un solo attimo in cui non pensasse a Mario. Paragonava le sensazioni provate quando aveva baciato Mario a quelle sentite con Mattia, ma tutto sembrava sfumare e mescolarsi perdendo consistenza e connotazione.

Tuttavia aveva una certezza: soltanto una persona occupava il centro delle proprie giornate, pur non facendone parte.

Mario. Naturalmente Mario. Ed aveva voglia di vederlo ancora, di stringere la sua testa tra le proprie mani, di sentire il suo respiro sul suo volto, di baciarlo.

Chiuse gli occhi cercando di assaporare le sensazioni che quel solo pensiero gli stava regalando. Chiuse gli occhi cercando di trattenere i momenti che aveva vissuto con Mario, ma ne rimaneva soltanto un ricordo sfocato. Ormai le immagini di Mattia e quelle di Mario si sovrapponevano continuamente nella sua mente, in quei momenti. Sapeva di non provare nulla per Mattia, ma i brividi, la sensazione di essere vivo, una pulsione inspiegabile, quello sì, e non riusciva a dimenticarlo.

Si rigirò nuovamente nel letto cercando una posizione per dormire, e solo allora si rese conto di una presenza ingombrante tra le sue gambe.

Si lasciò cullare dai suoi pensieri e si lasciò andare a nuove sensazioni.

***

Era come una bomba ad orologeria che prima o poi sarebbe esplosa lasciando in giro tanti piccoli pezzi di sé. Era continuamente nervoso, in preda ad attacchi isterici, e cercava di limitarsi per non essere troppo aggressivo con le persone a cui voleva bene e che sicuramente non avrebbero compreso il suo comportamento. Si sentiva sempre più in difficoltà, ad esempio, nei confronti di Paolo.

Preparava i tramezzini per pranzo e sentiva gli occhi del suo amico addosso.

"E quindi?"

Era distratto e si perdeva sempre la metà dei discorsi che facevano. Non sapeva come giustificare l'atteggiamento che stava assumendo e sperava con tutte le proprie forze che Paolo non sarebbe andato troppo a fondo dalla faccenda.

"E quindi cosa?"

"Quindi perché non hai chiamato anche Mario?", chiese rubando un tramezzino al tonno e dandogli un morso. Claudio alzò il volto e lo guardò di traverso.

"Paolo, sono per pranzo, e che cazzo!"

Paolo alzò le spalle come se la cosa non lo toccasse minimamente. "E tu sei diventato una vera palla. Ma non voglio tornare su questo argomento. Se vorrai dirmi cosa ti prende sarai tu a farlo."

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora